Di Lorenzo Berto e Edoardo Lombardo.
Dopo l’ultima tragedia avvenuta a largo delle coste italiana nella notte tra sabato e domenica, l’opinione pubblica è tornata concentrarsi sull’immigrazione; parte del dibattito verte sull’individuazione di un responsabile a livello politico.
Per districarsi in mezzo alle accuse reciproche, è utile conoscere la più importante legislazione in materia e il quadro istituzionale entro cui è stata adottata: questo percorso aiuterà il lettore a indirizzare meglio le proprie riflessioni sull’argomento. Segnatamente, verrà analizzata la legislazi
Il principio di attribuzione
Il principio di attribuzione sta alla base dell’intero impianto istituzionale dell’Unione: in breve, L’UE ha competenza solamente riguardo le materie che gli Stati, al momento della firma dei Trattati, hanno deciso di delegare a Bruxelles.
A complicare il quadro c’è la distinzione tra differenti tipologie di competenza: le più importanti sono la competenza esclusiva e quella concorrente. Nel primo caso, l’Unione Europea in quanto tale regola la materia, senza bisogno dell’intervento degli Stati membri; nel secondo, gli Stati conservano la propria discrezionalità politica, e l’UE si limita a coordinare le varie scelte, così da non aver eccessiva discrepanza.
L’immigrazione, che ricade sotto “spazio di libertà, giustizia e sicurezza”, è un esempio di competenza concorrente, ai sensi dell’art. 4 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Dublino I e II
Con le espressione Dublino I e II ci si riferisce alla più significativa regolamentazione europea in tema di immigrazione. Dublino I è il nome che si dà, nel dibattito pubblico, alla Convenzione di Dublino: un trattato di diritto internazionale siglato a Dublino nel 1990 tra alcuni Paesi europei (tra cui l’Italia) che avevano espresso la volontà politica di avere regole comuni per l’immigrazione. Ai fini di questo articolo è importante sottolineare come questo accordo sia un normale trattato firmato dai Governi nazionali, al di fuori del quadro dell’Unione.
Successivamente venne emanato Dublino II, nome informale per indicare il regolamento 2003/343/CE.
Il regolamento è sì un atto dell’Unione, che vincola direttamente tutti i cittadini europei: quanto di più simile a una legge si abbia finora in Europa.
Complichiamo ancora: mentre nei nostri ordinamenti nazionali siamo abituati ad avere un particolare tipo di atto giuridico legato ad una particolare istituzione (es. legge=Parlamento), in UE non è così semplice. Infatti, uno stesso tipo di atto può esser adottato da differenti istituzioni, a seconda della materia. In questo caso, il regolamento è stato emanato dal Consiglio dell’Unione Europea.
E chi è il Consiglio?
Il Consiglio è un’istituzione dell’Unione composta dai ministri degli Stati membri. La sua composizione, si dice, è individuata per rango e non per persona: in termini chiari, il requisito è essere ministro nel proprio Paese. Al cambiare della materia trattata, cambierà il ministro che deve far parte della seduta: se si tratterà di agricoltura, ci saranno ventotto ministri dell’agricoltura; se si discuterà di immigrazione, voleranno a Bruxelles i ventotto ministri degli Interni.
La scelta presa dai redattori dei Trattati fondanti l’Ue (gli Stati membri) su quale istituzione dovesse occuparsi di cosa non è neutra, ma politica. Cosa significa che una materia come l’immigrazione venga regolata dal solo Consiglio (senza intervento dal Parlamento), in un regime di competenza concorrente? Che gli Stati desiderano disciplinare la materia quanto più possibile nelle proprie capitali, spostandosi a Bruxelles solo per coordinarsi. Sulla gestione dei confini, tradizionalmente, si gioca buona parte della sovranità nazionale.
Per quanto qualcosa si sia mosso con l’ultimo Trattato, quello di Lisbona, che inizia a chiamare in causa il Parlamento e la Commissione come portatori dell’interesse dell’Unione in quanto tale, il focus è ancora posto sul Consiglio: al lettore che volesse approfondire apparirà chiaro guardando quale istituzione ha approvato la legislazione in materia che abbiamo finora, oltre a Dublino.
Frontex
Frontex è l’agenzia per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea. È stata fondata nel 2004, ha sede a Varsavia e il suo obiettivo principale è «aiutare le autorità di frontiera dei diversi Paesi europei a lavorare insieme». Scopo che certamente tange l’immigrazione, anche se significativamente non menzionata nel mandato principale. Il linguaggio riportato tra virgolette, appunto, allude a una collaborazione più che a una gestione europea del fenomeno, ancora una volta.
Mare Nostrum e Triton
Mare Nostrum era la missione militare e umanitaria voluta a ottobre 2013 dall’allora Premier Letta per fronteggiare il problema dell’immigrazione. La spinta politica venne da uno tentativo di sbarco finito in tragedia, in maniera analoga a quanto avvenuta nella notte tra sabato e domenica ultimi scorsi.
L’operazione prevedeva cooperazione tra militari, carabinieri, guardia costiera, ed ebbe una buona efficacia anche se venne spesso attaccata da alcune forze politiche poiché molto onerosa.
In quel periodo, il sentimento comune (comune anche a formazioni politiche più moderate e ben disposte verso il fenomeno immigrazione in quanto tale) era che l’Unione Europea si facesse carico di parte dei costi e della gestione dell’operazione, sulla base dell’idea secondo cui gli sbarchi riguardano l’Italia per ragioni geografiche, ma politicamente concernono l’Europa tutta.
Triton è in questo senso il compromesso europeo raggiunto: ha sostituito nell’agosto del 2014 Mare Nostrum, è finanziata dall’Unione Europea con 2,9 milioni di euro al mese ed è portata avanti da Frontex.
Punti critici
Per gli esperti, Triton non rappresentava una risposta adeguata già dal momento del suo inizio, prima che rivelasse i suoi limiti due giorni fa. Infatti, la cifra stanziata è di circa due terzi inferiore rispetto a quella sostenuta dall’Italia per Mare Nostrum: inadeguata, per un problema di queste dimensioni. Sul senso della missione, poi, c’è stata confusione politica: mentre il Presidente del Consiglio Renzi affermava: «L’ha spiegato molto bene il ministro Alfano che l’operazione Mare Nostrum viene sostituita da un intervento complessivo dell’Unione Europea», Gil Arias Fernandez, direttore esecutivo di Frontex, chiariva che Triton non doveva esser intensa come sostitutiva di Mare Nostrum, poiché incentrata sul controllo delle frontiere, mentre l’operazione italiana ambiva a soccorrere le persone in mare.
Conclusione
L’excursus istituzionale-legislativo e le precisazioni fattuali sono state pensate per fornire al lettore adeguati strumenti per interpretare il dibattito attuale, senza cadere in confusione davanti allo “scaricabarile” politico. Dato il quadro attuale all’UE, è evidente come nessuno Stato membro abbia acconsentito in maniera convincente a spostare la competenza su questa materia a livello europeo: i risultati sono una regolazione frammentata, un’agenzia senza risorse, la persistenza del problema. La protesta e l’indignazione dovrebbero conseguentemente muoversi in due direzioni: o si accetta la gelosia nazionale sull’argomento, e quindi si rimprovera la propria capitale per le inefficienze, o si cede davvero sovranità, e a quel punto si eserciterà controllo politico su Bruxelles per i suoi, eventuali, errori.
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