Immolation + broken hope, 13/2/2014

Creato il 20 febbraio 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Roma, Traffic.

Dopo esser venuti coi Marduk un anno e mezzo fa, tornano a Roma gli Immolation, un nome più che fondamentale per il death metal. Questa volta, però, al posto dei blacksters svedesi in tour con loro ci sono i Broken Hope, colossi del brutal americano, riformati da poco nonostante la recente scomparsa del cantante Joe Ptacek, avvenuta nel 2010. Ad aprire le danze i francesi Sweetest Devilry e i bulgari Eufobia.

Quando entro al Traffic, i Broken Hope hanno appena iniziato a suonare. Anni fa li gradivo abbastanza, ma non avrei mai pensato di poterli vedere dal vivo (possibilità che sembrava ancora più remota dopo quella grave perdita). Sono perciò molto contento di trovarli in forma eccellente questa sera, con un ottimo Jeremy Wagner alla voce (chitarrista dei Lupara, band sempre di Chicago, che guarda caso ha preso il nome da “Il Padrino”). La scaletta propone molti brani dall’ultimo Omen Of Disease, ma anche diversi vecchi cavalli di battaglia, come “Swamped In Gore” o la conclusiva “Incinerated”. Erano veramente tanti anni che non assistevo a un concerto brutal degno di questo nome, e sono molto contento di aver sfruttato l’occasione di vedere un gruppo di così alto livello proprio nella mia città.

La vera “sorpresa” della serata sono comunque proprio gli headliners Immolation. Il loro nome è sempre stato rispettato e stimato da tutti, ma non credevo di trovarli in forma smagliante, viste le ultime uscite abbastanza deludenti. Ross Dolan e soci (Robert Vigna, scatenato, muove la chitarra in maniera simile a quella di Abbath degli Immortal) dimostrano invece di saper tenere un ottimo concerto senza che si sentano grandi differenze tra il nuovo materiale e quello vecchio. Il locale è pieno zeppo, non c’è ombra di pogo né di stage dive, ma sono quasi tutti presi da un headbanging compulsivo (più che comprensibile, visto il sound della band). La setlist questa sera è più concentrata sulle ultime uscite, Kingdom Of Conspiracy, Majesty And Decay e l’ep Providence, ma per fortuna c’è spazio anche per molti vecchi cavalli di battaglia, come “Despondent Souls” e la conclusiva “Those Left Behind”, entrambe da Dawn Of Possession (a mio avviso, il loro disco migliore). In diversi mi avevano detto che loro dal vivo gli Immolation rendono molto più che in studio, ma non credevo che potessero raggiungere dei livelli così alti, sia come impatto sia come precisione tecnica, grazie anche al talentuoso batterista Steve Shalaty. Dopo questa sera, un po’ mi pento di non essere andato due anni fa quando erano con i Marduk. Spero di poterli rincontrare il prima possibile.

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