Impara a dire NO
Continua dalla quinta parte
Il libro da cui è tratto questo articolo offre soluzioni concrete a tutte quelle persone, e sono tantissime, che si ritrovano troppo spesso a fare cose che non vogliono fare solo per l’incapacità di dire di NO. In tutti i campi: coppia, famiglia, lavoro, amicizie… L’autrice, Silvia Minguzzi, grazie ai tantissimi seminari che tiene proprio su questo argomento, analizza a fondo il problema, fa chiarezza e ti offre risposte concrete, efficaci e sperimentate.
Leggerlo può davvero cambiarti la vita.
Silvia Minguzzi è da anni un punto di riferimento in Italia e nel mondo nel campo della formazione e dello sviluppo personale, è coach, ha co-fondato dell’Accademia dell’Intelligenza Emotiva, èMaster Trainer AIE, docente e molto molto altro.
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Liberi e buoni
“Troviamo conforto grazie a coloro che sono d’accordo con noi e cresciamo grazie a coloro che non lo sono“ Clark
Dire di no è anche permettersi di esercitare la propria libertà di parola, di ascolto di sé e di scelta della possibilità migliore per tutti, per poter essere davvero disponibili nel tempo.
La volontà, liberata dai condizionamenti interiori ed esteriori, è necessaria per fare scelte congruenti con ciò che desideriamo nel cuore.
È importante riflettere sulle motivazioni che ci inducono a determinati comportamenti; ciò giova senz’altro alla costruzione di una personalità capace di auto-determinarsi, senza subire pressioni dall’esterno.
Saper dire no permette sia di assumere le proprie decisioni, invece di lasciarsi guidare dagli eventi, sia di poter dire sì con maggior consapevolezza, piacere e convinzione.
D. : “Se c’è da dire di no, lo dico, sempre con molta gentilezza, non mi piace rispondere male. Infondo anche persone come i venditori insistenti e i mendicanti interpretano un ruolo.
Non esiste una regola, dipende dalla persona che ho davanti. Se mi sembra che una persona abbia davvero bisogno, decido di farle l’elemosina. Se dico di no è perché in quel momento sento che sia la cosa migliore, non ho nessun tipo di rimorso”
P. : “Mi è capitato di incontrare persone che vogliono vendere qualcosa di cui non ho bisogno e che sono particolarmente insistenti, al telefono. Spiego la motivazione per cui dico di no. Loro hanno un atteggiamento molto generalizzante, ti dicono che devi comprare il loro prodotto/servizio perchè lo comprano tutti, è utile a tutti, è vantaggioso per tutti …
Io gli dico che non sono tutti, che quel prodotto/servizio non mi interessa, do’ le mie motivazioni per cui dico di no. Immagino che dall’altra parte ci sia una persona che certe domande te le deve fare per lavoro. Io in quel momento sono una cliente qualunque e la persona al telefono sta facendo il suo lavoro come meglio può”.
G. : “Io non li faccio parlare per molto tempo. Appena si presentano, quando capisco che sono quel tipo di chiamate nelle quali ti devono vendere qualcosa, dico semplicemente di no, in modo educato ma deciso.
-Salve potrei rubarle cinque minuti?- No.
A meno che non abbia voglia di ascoltare tutta la serie di domande. So che dall’altra parte c’e’ una persona che e’ pagata per farti queste domande , ma io non sono pagata per doverle ascoltare”.
F. : “Io avevo difficoltà quando qualcuno mi voleva proporre qualcosa che ha una parvenza di solidarietà nei confronti, ad esempio, di un disagio.
Sono stato educato ad essere sensibile verso i problemi del mio prossimo. Mi sono reso conto che questi schemi di pensiero mi rendevano incapace di fare una valutazione obiettiva rispetto a ciò che mi veniva chiesto.
Se un venditore mi voleva vendere una penna di plastica e mi faceva una domanda tipo -hai qualcosa contro gli ex tossici?- faceva leva sul mio bisogno di sentirmi una brava persona.
La prima volta ho comprato la penna e l’ho pagata venti euro.
Mi rendevo conto che quello che dicevano era un ricatto morale, ma alla fine la compravo.
Adesso ho cambiato atteggiamento.
Ho sempre avuto il problema di avere l’apparenza del ragazzo dolce e buono o forse un po’ “coglione”. In certe situazioni ho cominciato a cambiare espressione. Per esempio con il tossico della stazione, che dice di non avere i soldi per il biglietto del treno, quasi non parlo. Con lo sguardo dico -lo so che tu pensi che sia un babbeo ma in realtà sono di ferro, quindi stammi lontano- loro avvertono questa cosa. Interpreto un personaggio.
Penso intensamente: -guarda, non ce n’è proprio-. lo penso, non lo dico. Lo faccio nei confronti di persone che considero “senza speranza”, non lo farei mai con un amico.
Dire di no con questo tipo di persone e rimanere neutrali è più che sufficiente, non ho bisogno di rimanere in ottimi rapporti con loro. Non li offendo e non sono sgarbato, faccio solo capire che da me non avranno nulla”.
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