Uno dei miei sogni nel cassetto è quello di avere un giorno abbastanza soldi da poter assoldare centinaia, migliaia di ninja addestrati a colpire, fare male e sparire immediatamente dopo -che siano dislocare in tutti i bar, circoli, luoghi di ritrovo e che percuotano all’istante chiunque dica delle palesi minchiate. In breve tempo, si giungerebbe a una sorta di terrore diffuso e il tasso di imbecillità manifesta crollerebbe di colpo.
Ma in attesa di quel momento, continuo a credere ai superiori diritti del raziocinio sull’imbecillità; che la logica e il buonsenso possano, pur nella dismisura del numero, prevalere sulla stupidità in ragione della loro forza intrinseca, della maggiore verità. Per esempio, ho intenzione di mettere presto alla prova un’idea che mi è appena venuta.
Avete presente tutti quelli che chiamano B. “nano“, e che per di più sembrano credere di essere particolarmente spiritosi e/o di non aver paura di dire le cose come stanno? O, peggio ancora, “psiconano” (made in Grillo), dimostrando così di avere la cultura di un perito elettrotecnico di Gavirate? Ora, i dati statistici provano come sia solo nelle ultime due generazioni che il miglioramento degli stili di vita, i vaccini e un’alimentazione variata hanno alzato la statura media degli italiani, popolo latino e agricolo; e non è che tuttora siamo un popolo rinomato per l’altezza.
Quindi, se in una discussione sulla politica interna sento ancora chiamare B. “nano” da qualcuno di altezza uguale o inferiore a 172 cm, dall’alto del mio metro e ottantatré sarà messo di fronte alla seguente scelta: andare in giro tutto il giorno coi trampoli, da quando mette piede fuori dal letto fino a quando non ci ritorna; oppure rinunciare per sempre al proprio nome, sostituito -all’anagrafe- dall’aggettivo “Nano/a” -”ehi, Nano, mi puoi fare un favore?” “ciao Nana, da quanto tempo! come va?” “Nano, mi ricordi una cosa?”. Mi sembra insieme giusto e razionale. Invito ognuno di voi a fare lo stesso.