Antefatto.
“Si ciao mi darest…”
“…il solito?”
“uh?”
“si… ti do una guinness?”
Questo è il punto in cui di solito ti accorgi che il sorriso del barman mentre ti prende lo scontrino dalle mani è un misto di vari pensieri che gli balenano sul volto. Stupore, divertimento, simpatia, compatimento.
Sia perché a ogni pinta, per prima cosa, brindi alzando il bicchiere verso di lui in segno di ringraziamento (nonostante tu la birra l’abbia pagata), sia perché, cosa forse un attimo più importante, è la quinta nel giro di un ora che gli chiedi.
Chi beve guinness sa poi che, senza pretese di spillatura eccezionale di cui tanto non si capisce perfettamente l’utilità, ci sono barman che te la versano con cura e altri che la considerano, stolti, una birra come tutte le altre. Di conseguenza una volta individuato chi te la sa spillare, diventa il tuo miglior, di più brevissima durata, amico per sempre.
Allora guardi l’orologio.
Pfff.
Le 22.30 di un sabato sera.
Avresti dovuto essere in montagna, in un rifugio a festeggiare un amico.
Ma la vita, come sempre, riserva sempre nuove e allegre sorprese.
Allora ti ritrovi con una birra che, a causa della ressa davanti al bancone, ti cola l’agognata densa schiuma color cappuccino sulla mano mentre cerchi di uscirà all’aperto.
“¡#@!¬ÍÆ..uttana!”
Vorresti essere da un’altra parte. Non che la birra non ti piaccia, anzi. Compatisci i poveri allergici o intolleranti che non possono berla senza gonfiarsi o rischiare la morte o cominciare a soffiarsi il naso come a dicembre pieno.
Ma la verità è che col bel tempo vorresti essere da un’altra parte.
All’aperto magari.
Cavolo… il rifugio, una mangiata, dormire in montagna al fresco con un gruppo di amici dementi a cui hai visto fare spesso e volentieri cose senza senso. Come vorresti star facendo cose senza senso con loro.
L’unica cosa che ti distrae dall’ennesima “sigaretta” all’aperto con chi è rimasto in città è uno strano suono, che nel tuo caso si identifica con la suoneria del telefono di Chev Celios nel film Crank. Ed è pure la suoneria del tuo malmesso melaphonino.
“Occacchio un anonimo!”
Detta così chi ti è vicino potrebbe pensare a un numero sconosciuto o un numero privato.
Invece dall’altro capo ti risponde un Anonimo Cucchiaino.
Come dei veri compagni, nei momenti meno allegri (la mancata presenza al rifugio non conta) della vita, stranamente ricevi sempre una loro chiamata. Se lo facciano apposta o no, non è dato saperlo, ma ogni volta sai che poi li ringrazi.
“Domani, tutto il giorno, andiamo a pescare sul Sesia.”
“Uh…fico”
“Passo a prenderti….mh…..diciamo…….mh…….potremmo fare……..”
“Mi sento come un concorrente di un quiz a premi. Questa suspance mi ammazza. Lo sai, l’hai capito che sono già alticcio, quindi ho paura dell’orario che stai per dirmi”
“……mh………..allora presto ma non prestissimo…..mhhhh…….si potrebbe….AMORE COSA NE PENSI SE IO MI ALZO VERSO LE 6,30?”
Qui potresti aver perso il filo per le più svariate ragioni:
“amore? …..ma stai dicendo a me?
hai alzato la voce perché hai capito che sono ubriaco?
se lo hai capito….. perché clacson mi vuoi ammazzare proponendomi orari tecnicamente infattibili?”
“ah no, dicevo a Marta…. domani sul Sesia viene lei e vi faccio un po’ di scuola di pesca….”
Prendi accordi con l’Anonimo, istintivamente memore che per una ragione che ignori, qualche settimana prima sei persino andato a fare la licenza di pesca (“paghi questo bollettino e torni con due fototessere. Vuole anche quello FIPSAS?” e ricordi la tua scrollata di spalle e lo sguardo ebete all’impiegato perché al momento FIPSAS ti è suonato come FDISPASRT, sigla di cui ignoravi esistenza e significato)
Pensi che la suddetta licenza e la canna+esche che hai comprato poco tempo prima possano bastare. Stolto tu, adesso, peggio dei barman che non sanno/vogliono spillare le guinness correttamente.
“No tranquillo, ti porto tutto io, ho anche dei regalini per te, ho già fatto la scatoletta. Che numero di piede porti?”
“il trentordici eunquarto”
“perfetto…. a domani Vitta. Io vado a letto adesso, ma posso dirti per esperienza diretta che andare a pesca senza aver dormito e andare a pesca senza aver dormito e ubriachi fa la differenza”
Riflettendo sulle profonde parole confuciane dell’Anonimo, ordinando un panino in piazzale prendi una menabrea da 33 invece che la più classica delle Moretti da 66.
Ti senti gli occhi di tutti addosso ma dura poco, prima di mezzanotte sei a letto.
Report.
Ore 8.00
Messaggio:”sono al bar scendi”.
Saluti, cappuccio veloce, macchina, vuoto in città e via verso la Valsesia.
Scopro con stupore che quello che mi aspetta non è andare a cazzaggiare con un amico a cui piace pescare.
Scopro che il suo intento è quello di “insegnarmi” davvero a pescare. A me e alla sua ragazza.
Mi sovviene il dubbio, spendo che lei qualche volta con lui pesca, e che io non sono più vergine, che forse la stia usando come scusa per variegare le sue calate sulle acque sesiane. Col beneficio del dubbio vesto comunque mentalmente i panni di un volenteroso scolaretto. Lo ascolto in macchina raccontarmi della Valsesia e di quello che viene fatto per proteggerne le acque. Quello che, scopro affascinato, lui fa in prima persona. Non essendo questo il luogo in cui accrescere l’ego già smisurato dell’Anonimo in questione, ma solo di scrivere sciocchezze, lascio ad altri più competenti il piacere di affrontare certi discorsi.
Ci presentiamo al bar dove già per l’uscita dei laghetti avevamo preso i permessi.
Permessi al bar della stazione di Varallo
Unica pecca rendersi conto di non sapere dove sono finiti tutti i soldi che ero convinto avere nel portafoglio la sera prima. Guinness?
Cominciamo il tour della zona; tutto contento ci porta al primo spot.
La mattinata è splendida, il sole alto e il cielo limpido. O un virus ha decimato la popolazione mondiale lasciando solo noi 3 in giro o difficilmente non troveremo altri pescatori.
Avvicinandoci allo spot, infatti vediamo salire per la strada un pescatore a mosca mentre altri due cominciano a scendere per arrivare vicino alla diga.
Niente, il primo lancio dovrà aspettare.
Ci dirigiamo verso un altro posto. La preparazione è meticolosa e completa. L’Anonimo mi riempie di esche, mi da dei waders, un giubbotto porta tutto, cappellino e occhiali. Sono riuscito a sentirmi davvero impreparato. Vuoi vedere che veramente sono a scuola?
Marta al contrario credo che abbia già passato questa fase, ha i suoi pantaloni e tutto. Sono indubbiamente l’ultimo della classe; lezione di come fare un nodo.
Sul fiume mi spiega come lanciare, dove e perché. Ho creduto di dovermi sentire offeso. Certo non sono un esperto ma non è neanche la prima volta. O comunque almeno so che l’esca devo lanciarla sul fiume e non sulla riva o per strada. La mia spocchia comincia a vacillare quando Marta, indubbiamente più esperta, con alcune sue indicazioni prende la prima trota. La vedo alzare da lontano il braccio in segno di vittoria. Cazzo! Che smacco. Forse ma forse, mi conviene mettere da parte quel poco che so e ricominciare da capo. Anche solo perché nella prima mezz’ora sono riuscito a perdere più esche di quante possa essere possibile.
“Vitta non lanciare così, poi certo che spezzi il filo… fai lavorare la canna non i muscoli”
Vecchia volpe, ho indubbiamente a che fare con una persona che ci tiene e che come un maestro di tennis mi spiega come impugnare la racchetta per un buon rovescio.
Li sorpasso scendendo il fiume per provare in una zona ancora non battuta, voglio la mia prima preda. I lanci migliorano ma ancora nulla. Mi giro a guardare indietro, sia mai che il Maestro abbia qualcosa da dirmi. Ma!? Ma cosa sta succede….
Il mio racconto qui sfortunatamente deve se non interrompersi lasciare un breve vuoto. I più maliziosi di voi penseranno; bella giornata, con la tua ragazza, sulla riva di un fiume, nessuno in giro, Vitta è molto avanti… Sciocchini!?!?!?!
Vedo Marta raggiungermi con la canna spezzata in due. (L’ha rotta il “maestro”… no comment. N.d.R.)
Io e lei ci palleggiamo la mia canna, o meglio ne approfitto per un sorso di uischi, una sigaretta e un po di sole.
A parte la presa di Marta, il primo spot ci regala poco. Presa una canna nuova per Marta risaliamo quindi leggermente fino a trovarci sotto una piccola diga. Una zona che dovrebbe regalare prese, ma per i primi momenti non da grosse soddisfazione, se non quella di inghiottire un’altra buona dose di mie esche. Ma cribbio!
“Cosa facciamo, andiamo a mangiare o risaliamo prima della diga e vediamo se qualcosa abbocca?”
“Risaliamo”
Tipregotipregotipregotipregotiprego, lo so che tu, madre natura, hai le tue regole. Ma se mi fai cappottare pure oggi mi metto a piangere e batto i piedi a terra. Niente. Mentre ci dirigiamo verso la macchina faccio l’ultimo lancio e finalmente vedo una cosa argentea arruvugliarsi sulla mia esca poco prima della diga.
Ah, la magia dell’ultimo lancio.
Ah, il piacere di scappottare.
La mia prima trota.
Recupero, foto, release.
Ora posso alzare pure io il mio braccio della vittoria.
YEAH.
Trattoria; ravioli speck e zola, brasato e patatine e per Marta anche un dolce. Io sarò grasso per tante ragioni (guinness?) ma se loro ingurgitano tutta quella roba e sono come sono… beh li odio.
Uscito dalla trattoria il tempo si è rannuvolato e comincia a fare freddo. Una situazione perfetta per favorire la digestione. Ci dirigiamo sotto un ponte, dove vediamo due pescatori a mosca. Discendiamo il fiume nel momento stesso in cui comincia a tuonare. E comincia a piovere. Molto. E a grandinare. Molto poco, ma grandinare. Vedo i due a mosca scappare veloci nella boscaglia e battere evidentemente in ritirata. Non so perché non mi passa neanche lontanamente per la testa di imitarli e con piacere scopro che sia l’Anonimo che Marta la pensano allo stesso modo.
Vedo Marta prenderne un’altra mentre comincio a scendere ancora di più per il fiume.
Dandomi un’altra esca, il mio Prof dice.
“Questa vedi di non perderla. Cioè se la perdi non è un problema, ma sarebbe meglio di no”
Odio deluderlo sempre in maniera così eclatante. Dritta per dritta al secondo lancio l’esca è nel fiume, come una catapulta.
Tornati sotto il ponte, il Sommo Sacerdote si incanta davanti a un gregge di capre poco prima di risalire alla macchina. Distratto pure io, mentre recupero sento tirare e….maggggggia. Ormai spavaldo sento di aver già preso un’altra bella trota. Ma alle spalle sento;
“No non così, vai verso di lui, non forzarlo controcorrente…”
“eh?”
… e così ho imparato che un pesce si può liberare anche mentre lo recupero.
Ci facciamo coraggio e passiamo in mezzo al gregge di capre bicolore (ma come caz….??????????) dirigendoci alla macchina.
Nel punto successivo il fiume è ampio.
La corrente è veloce ma il mio sensei mi indica precisamente dove posizionarmi e dove lanciare.
“Lancia verso monte, radente alla destra di quel sasso, fai affondare un attimo l’esca e recuperi alla velocità della corrente, lento, ma devi sentire la paletta girare…”
E al solito c’azzecca.
Una bella, a suo dire, ibrido fario-marmorata.
Recupero, foto, release.
Scendiamo ancora lungo il fiume. La corrente in mezzo è forte ed il letto è profondo. Stiamo a lato, sulla sponda. Qui dice di lanciare a valle dei grossi sassi vicino a riva, dove la corrente rallenta e recuperare o trattenere l’esca in corrente.
E di nuovo Nostradamus la fa da padrone. Recupero questa volta andando verso la trota e non la perdo. YEAH! Mi dice anche “bravo” o forse me lo immagino nel fragore dell’acqua che scorre.
Marta resta indietro, la corrente è comunque forte ed il Sommo preferisce risalire il fiume e tornare alla macchina con lei, mentre io scendo ancora un po’ per risalire più avanti.
Peccato non sia stato con me a testimoniare l’enorme tonno pinna gialla che ho tirato su in un’ansa. Peccato davvero. Ma mi ha insegnato che i pesci vanno rilasciati e non me la sono sentita di steccarlo e portarmelo dietro.
Altro spot, altra ansa del fiume. Nessuno prende nulla o quasi.
Ultimo giro, torniamo nel primo posto dove non eravamo scesi a causa della presenza di altri pescatori. Il Profeta della pesca ci chiede gentilmente di lasciargli campo libero a valle di alcuni massi, zona dove sotto le rocce, a Suo dire, si dovrebbe trovare il dio delle trote. Io ho praticamente finito le esche e le girelle. Quindi lego direttamente un ondulante che chiaramente lanciato a monte in acqua veloce non serve a molto.
Marta mi guarda e ride della mia goffaggine. Mentre ride le si incaglia la sua esca. Grazie dio del Sesia.
Il tempo che Zeus delle Esche si renda conto che non c’è trippa per gatti e ci lascia raggiungerlo. Non prendiamo nulla.
Risaliamo, finalmente ci cambiamo con vestiti asciutti (“vitta mi raccomando portati un cambio…” ricordo di aver pensato che stesse esagerando quando me lo aveva consigliato) e andiamo a mangiare in compagnia del Savio, che già avevo incontrato la volta dei laghetti. Cena splendida, scambi di battute, insulti amorevoli, foto di pesci, cibo abbondante per tutti (ma come clacson fanno a mangiare così tanto, no davvero…) e si torna stancamente a Milano.
Nel mio letto, dopo la doccia fumo praticamente la mia seconda sigaretta della giornata.
Convinto che il giubbotto datomi in dotazione fosse abbastanza impermeabile ci avevo messo le sigarette. Pessima idea, sigarette da buttare, devo ricordarmi di lamentarmi con l’organizzazione della “scuola dell’anonima”.
La cosa buffa è che ci avevo messo pure il mio già malconcio melaphonino.
Nonostante conosca molto bene la tecnologia, voglio affidarmi fino in fondo ai consigli dell’anonimo Tesla e metto l’aggeggio in una bacinella con del riso ad asciugare.
iphone nel riso… si asciugherà un giorno?
Ad oggi, ancora non si accende.
Ad oggi non sono più rintracciabile e la cosa, a dirla tutta, non mi spiace neanche tanto.
p.s.= Con ogni probabilità ho confuso gli spot, non ricordo bene bene bene l’ordine delle catture e la tipologia… ho sorvolato del tutto su tutte le trote che l’anonimo ha preso e in parte su quelle che ha preso Marta. Ho ancora dei problemi a tenere conto di tutto. Spero mi si possa perdonare.
Non vedo l’ora di poter pescare di nuovo senza essere l’amico per cui al telefono il Maestro debba dire “sono con due amici per insegnargli a pescare”………………… chiaramente sarcastico tengo a ricordarti che Marta è la tua ragazza!
p.p.s.= Nella norma non si fa, ma altrimenti potrebbe essere difficile capire il perché degli appellativi usati nell’articolo. Estratto dalla mail post giornata di pesca:
“Caro Vitta, canne rotte ed eventuali errori dell’ “Illuminato Maestro Onnipotente” verranno censurate, mentre elogi e cantici di lodi al Suo indirizzo saranno evidenziati in giallo e grassettati su font 46.” Quindi sappi che se cancelli questo articolo o parti di esso TI FACCIO UN MALEFICIO AFFINCHE’ TUTTI I TUOI ROTANTI SI INCASTRINO E I TUOI ONDULANTI SI APPIATTIASCANO!
(I miei tentativi di censura e gestione dittatoriale dell’articolo sono naufragati di fronte a cotanta minaccia… N.d.R.)
Vitta a pesca di prati e montagne…
Vitta a pesca di prati e montagne…
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