Bret Easton Ellis continuamente si affretta a dichiarare che “Imperial Bedrooms” nonostante abbia gli stessi protagonisti di “Meno di zero” non è da considerarsi un sequel: "Avessi voluto scrivere un sequel avrei ripreso i personaggi dove li avevo lasciati, subito dopo il college". In realtà questa sua ultima fatica è una storia incentrata su uno dei personaggi principali del suo libro di esordio, Clay il ventenne apatico e nichilista di “Meno di zero” e per molti aspetti racconta la stessa esistenza di Ellis che si diverte a raccontare un altro se stesso giocando metalinguisticamente con il personaggio Clay. Clay ritorna a Los Angeles (così come dopo la parentesi newyorchese c’è tornato Ellis) e va ad abitare in un residence condominiale che è identico all’abitazione dello scrittore (condominio di lusso con piscina, una vista meravigliosa che spazia da Downtown L.A. a West Hollywood), fa lo sceneggiatore per Hollywood (lo stesso Ellis) e promette un’audizione ad una starlet in cambio di favori sessuali altamente violenti in un crescendo di atrocità e squartamenti che ricordano un altro libro di Bret “American Psycho”. "Certo" afferma Ellis "tutta la storia di Imperial Bedrooms accade qui, in queste stanze". Allora se “Imperial Bedroom” non è un sequel, è quantomeno una autobiografia camuffata da romanzo dove Clay altro non è che lo stesso Bret Easton Ellis nascosto sotto le mentite spoglie del personaggio in un gioco di rimandi volutamente creato per accrescere la confusione. La mescolanza torbida, inquietante, tra fiction e realtà è una costante in questo libro come nella vita stessa dello scrittore. "Sono prigioniero di questa finzione, devo continuare a recitare la parte del giovane romanziere geniale e maledetto". Già dalle prime pagine Clay dice che un altro ha scritto il libro che lui stesso avrebbe potuto scrivere e continua ingannando tutti: “Hanno fatto un film su di noi” dove il noi è’ riferito ai personaggi di “Meno di zero” e in realtà il film esiste anche se a Ellis non è mai piaciuto come lo stesso Clay si affretta a sostenere nel libro. "E’ la drammatizzazione della vita vera che funziona. Io stesso sono pazzo dei reality show. Mi affascinano quei contesti in cui le persone comuni fanno di tutto per sembrare migliori di se stesse. Che è, poi, quello che facciamo noi scrittori mettendo sulla quarta di copertina delle foto che non ci assomigliano. Si tratta del desiderio di essere amati".
In questo romanzo Bret Easton Ellis pur non volendo continuare “Meno di zero”, ri-incontra tutto il vecchio gruppo del suo best seller: Blair l’eterna innamorata di Clay oggi sposa ad un altro ma sempre con il debole per lui, Julian il vecchio amico (amico?) di una volta e Rip, amici-non-amici di un’epoca che a distanza di venticinque anni sembra destinata a protrarsi per sempre dal momento che nessuno di loro è cambiato (Ellis dice apparentemente, poiché secondo lui tutti sono diventati se possibile ancor più, peggiori di prima), tutti vivono dentro un mondo fatuo di feste, filmacci, droga, ansiolitici, alcol e mestieri improbabili (come quello di Julian che ha messo su un giro di escort per clienti facoltosi e dalle perversioni sessuali inenarrabili - almeno che non ti chiami Bret Easton Ellis). E’ il canto di una esistenza non tanto poi romanzata che nell’Occidente più avanzato rasenta il confine tra follia e morte. Non a caso l’aura morbosa che avvolge la storia tra figure demoniache, riferimenti a streghe e sette sataniche, assassini seriali, sembra suggerire un sottotesto che punta dritto al potere, al delirio di controllo e manipolazione dell’anima dei più deboli (forse noi italiani dovremmo saperne qualcosa in tal senso, sich!). In tutto questo la vittima designata del romanzo si chiama Rain Turner, una ragazza che si illude di poter entrare nel mondo del cinema che conta ad Hollywood grazie alla sua bellezza: è irresistibile e Clay sembra innamorarsene perdutamente, (o almeno questo fa credere, ma noi che lo conosciamo bene sappiamo che non ha il sentimentalismo nelle sue corde e allora tutto ci sembra già preordinato). Parallela a questa dimensione di innamoramento tardivo e poi naturalmente tradito c’è la dimensione misteriosa della storia: un’auto nera che segue e spia Clay, gli sms minacciosi e anonimi che gli giungono sul telefonino, una catena di omicidi. Tutto è vissuto non solo da Clay ma anche da chi gli sta intorno con distacco e freddezza quasi non riguardasse loro anche se consapevoli che sono proprio loro i mandanti culturali di un “sistema” allo sbando. Di più le spiegazioni che l’autore cerca di dare non hanno certezze e tutto è lasciato al caso con la concatenazione degli eventi che lascia dei vuoti creando ambiguità che mette a disagio.
E’ un grande Bret Easton Ellis nel disegnare e raccontarci il ritratto di una generazione, anzi lo è sempre stato e non per niente è diventato uno degli scrittori più amati a livello mondiale; ha sempre saputo pennellare le generazioni che ha attraversato: “Meno di zero” era il ritratto della MTV Generation, il minimalismo, il vuoto pneumatico dell’affettività; “American Psycho” raccontava il lato nero, psicotico, dello sfavillante capitalismo maturo; “Glamorama” anticipava l’11 settembre attraverso la parentela del mondo fatuo dell’immagine e il terrorismo e adesso “Imperial Bedrooms” che è l’approdo tranquillo di un signore alla soglia dei cinquanta. A ben vedere Ellis ci spiega tutto in un lampo com’è suo costume a pagina 108 del libro, a una trentina di pagine dall’epilogo:
“Mi ritraggo da Rip, incapace di mascherare il mio disgusto.
– In quale film pensi di essere?
– Forse in una di quelle stronzate che hai scritto tu, - dice Rip, che ormai ha smesso di ridere. – Bè, allora, chi ha scritto questa roba, Clay? – mi chiede in tono forzatamente affettato e scherzoso, come se sapesse già la risposta.
- Magari se le è scritte lei, - borbotto nel buio.
– O magari… gliele ha scritte qualcun altro, - dice Rip. – Magari qualcuno a cui non stai simpatico, no?”.