Magazine Diario personale

Impermeabilità.

Da Tofina
Si fa presto a dire "Quello che pensano gli altri non mi interessa, non mi condiziona, non mi riguarda!". Ci convinciamo che sia così, perché "Mica sono deficiente, io!", "Ho la mia testa per pensare, io!". Mai come in questi giorni invece mi sono resa conto di essere ancora molto lontana dall'obiettivo che inseguo da anni: l'impermeabilità. Non sono una che si lascia condizionare sul piano pratico: se prendo una decisione difficilmente la cambio perché qualcuno mi dice che è sbagliata (e mia mamma, purtroppo per lei, lo sa bene); se scelgo un vestito o un paio di scarpe, per quanto le amiche mi dicano che sono orrendi, compro senza esitazione. Ho sempre fatto di testa mia: ho ottenuto risultati ottimi e facciate dolorosissime. Ho ascoltato i consigli e le critiche, sempre, ho fatto le mie valutazioni e poi ho preso decisioni che ritenevo, in quel momento, più giuste. L'impermeabilità di cui parlo invece la vorrei sul mio umore, più che sulle mie azioni. Sto diventando seriamente intollerante alle persone invidiose, false, meschine, bugiarde, opportuniste, buoniste; quelle che si lamentano senza mai muovere un dito e aspettano che le cose cadano dal cielo; quelle a cui tutto è dovuto e non hanno capito che la vita non ha debiti con nessuno, che può prenderti ogni cosa e decidere di non darti indietro niente; quelle che "mal comune mezzo gaudio" e se sono tristi loro devi esserlo anche tu; quelle che a tutti i costi, anche se le tue cose non li sfiorano minimamente, sperano sotto sotto che a te vada nel verso sbagliato; quelle che non sanno cosa vuol dire mettersi nei panni degli altri; quelle che pensano che trascorri la tua vita a fare confronti con la loro e non hanno capito che neanche per tutto l'oro del mondo faresti a cambio.
Ok, non ho scoperto niente di nuovo. Il mondo è pieno di gente così e non piace a nessuno. Il fatto è che di fronte a tutto questo io mi lascio trascinare da un vortice di negatività che lévati. I miei problemi, piccoli e grandi che siano, si trasformano in giganti inaffrontabili; la luce, seppur fioca e in fondo al tunnel, si spegne irreversibilmente. Insomma, divento una stronza isterica e intrattabile: scenate di nervosismo, scenate di panico, scenate di pianto, tragedie. Mi ci vogliono ore per rimettere a posto i pezzi, ci vuole altro che l'Attack. Ogni volta, ogni santa volta, devo ricostruire da capo quella barriera di sano pessimismo che mi protegge da sempre e che, nonostante tutto, mi fa vivere serena. Parliamoci chiaro, non sarò mai un'inguaribile ottimista, di quelle "Domani è un altro giorno", "Domani si vedrà". Non esiste. Però non posso neanche lasciarmi trascinare nell'oblio del disfattismo da qualche battuta cretina, da qualche commento acido di gente frustrata e repressa. Ci sto lavorando, ma mi rendo conto di quanto sia difficile. E non so perché. In questi giorni di vacanza io e Luca abbiamo vissuto quasi in totale isolamento: casa, a pranzo dai suoceri, un salto dal nonno. E per quanto i nostri problemi siano sempre lì, riesco a conviverci con più serenità e meno angoscia. Gran parte del lavoro lo fa lui, Luca, che con la sua calma e pazienza dovrebbe fare non il diplomatico ma il negoziatore; gran parte però la fa anche il fatto di non avere intorno nessuno.  Lo so, non si può vivere isolati dal resto del mondo, il confronto spesso può far nascere riflessioni positive. Io vorrei solo capire come attivare un filtro per selezionare all'entrata le cose che mi fanno bene e quelle che mi fanno male. Vorrei che la negatività che gli altri mi riversano addosso tanto per passare il tempo, gli rimbalzasse di riflesso contro. Esiste qualche trucco che non conosco?

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