L’utilizzo geotermico dell’acqua di falda si presenta utile se tale risorsa si trova a 20-30 metri nel terreno. A quella profondità, l’acqua possiede temperature medie di 9-12 °C, che sono più alte rispetto a quelle annuali esterne e assicurano quindi buoni rendimenti alla pompa di calore.
Poiché la configurazione impiantistica più comune prevede l’utilizzo dell’acqua di falda a circuito aperto, è indispensabile verificare, tramite analisi preventive di laboratorio, oltre alla qualità anche la quantità d’acqua disponibile, al fine di evitare impatti negativi sulla falda acquifera.
In un sistema a circuito aperto l’acqua di falda o di superficie viene infatti prelevata e successivamente, dopo essersi raffreddata scambiando calore con la pompa di calore, restituita alla falda oppure al bacino da cui è stata prelevata.
Per legge, è prevista la reimmissione in falda dell’acqua prelevata: per tanto, devono essere realizzati due pozzetti, uno di estrazione e l’altro di iniezione dell’acqua di falda.
Schema impiantistico di un impianto geotermico ad acqua di falda dotato di due pozzetti e a circuito aperto (fonte: http://www.nextville.it/) Gli impianti geotermici ad acqua di falda sono adatti ad edifici di medie e grandi dimensioni, anche in considerazione del fatto che oltre al consumo imputabile alla pompa di calore, occorre prevedere una pompa elettrica per l’estrazione dell’acqua. Il costo di realizzazione di questi impianti è mediamente più alto rispetto a quelli con sonde verticali.