2013
di Alessandra Pescetta
Con Savì Manna e Ilenia Maccarone
La grande onda di Hokusai e bianchissime foglie trasparenti, come a dire l’impetuosità e la fragilità estrema. Sulle foglie son dipinti con tratti color sangue i titoli di testa. Così comincia quest’opera breve di Alessandra Pescetta, trasposizione della pièce di Savì Manna, che interpreta la parte maschile. Poi ancora sovrapposizioni: una donna a fuoco ed un tessuto, una rete, fuori fuoco. Poi una mano di uomo scosta la rete e compie il gesto anonimo, rituale, di tirarsi su la zip dei pantaloni e aggiustandosi la canottiera scrolla via quel momento come polvere, riparte e va via. La donna resta, guarda nel vuoto. Un numero uno scritto su una foglia, come a dire uno, il primo, è andato: “Avanti il prossimo!”.
Maria è la donna, accoglie i suoi clienti in un piccolo tempio di raso e stampe orientali, il tempio è in un edificio diroccato, scrostato, dove l’intonaco vien giù come il pudore. Delle rotaie a terra girano su sé stesse, l’ambiente tutto intero, svelato a poco a poco ricorda la piccola casa nella cattedrale di Tarkovskij.
I colori sono trasfigurati, oppressivi, carichi di tutto il peso di una condizione senza uscita. Un uomo, “il solito uomo sensibile” si direbbe, aspetta il suo turno ad occhi bassi, vestito con un lungo impermeabile grigio, evitando ogni possibile contatto, anche solo visivo, con “gli altri”, quasi a non volersi mischiare a loro, per distinguersi e galleggiare. Ha con sé un violino, non vuol far l’amore, vuole solo “adorare”. La paga ma va via dicendo grazie e scusa.
Maria, somigliante ad una regina giapponese, sembra avere il totale controllo e dominio sul luogo mostrato. Ma l’accento la tradisce, indica un altrove lontano, da cui fuggire o a cui (dover) tornare. Quando l’uomo finalmente tirerà fuori il violino per regalarle un po’ di sé Maria non ci sarà più, rimpatriata, tirata su un carretto lungo inamovibili rotaie, da cui ogni deviazione è vietata. Gli arredi del suo tempio vengono tolti come oggetti senza senso. Dell’uomo che era riuscito a farla sentire umana, in un certo senso amata tra tanta indifferenza, non resta che un ricordo e qualche lacrima.
Con uno stile forte, attento al dettaglio, ai primi piani, alle espressioni sul volto della brava Ilenia Maccarrone, una fugace e piacevole fotografia al femminile che sottintendendo tanto dice di più di quanto mostri.