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"impresa impossibile": combattere per vincere la crisi?

Creato il 04 febbraio 2014 da Alessandro @AleTrasforini
Quante e quali cose possono essere definibili in questa Italia utilizzando le due parole "impresa impossibile"?
E' impresa (quasi) impossibile trovare lavoro con un certo tipo di percorso formativo, potrebbe essere impresa (quasi) impossibile avere un'occupazione coincidente con un monotono (cit.) posto fisso.
Potrebbe essere un'impresa impossibile ottenere crediti e prestiti da parte di istituti bancari, dovrebbe non essere un'impresa impossibile vedere una politica nazionale porre al centro della propria agenda programmatica la tutela e la salvaguardia di pilastri (troppo) sottovalutati quali ambiente e territorio.
Potrebbe essere un'impresa (pressochè) impossibile formarsi adeguatamente per amministrare e/o comprendere la complessità del sistema socio-economico-politico-ambientale-infrastrutturale-[...] per poter provare a cambiare o migliorare qualcosa, sia esso piccolo o grande.
Potrebbe essere un'impresa impossibile avere stipendi più alti, potrebbe essere un'impresa impossibile (nonostante tutti i possibili messaggi simil-elettorali) abbassare notevolmente cuneo fiscale e costo del lavoro.
A prescindere dalle possibili interpretazioni, purtroppo, questa Italia sembra essere nel complesso un fedele ritratto di una grandissima "impresa impossibile".
Sembra essere per troppi un'impresa impossibile costruirsi un futuro o, addirittura, viversi un presente alla larga da problemi e/o instabilità capaci di minare equilibri e consapevolezze.
Lo Stato attuale ha consegnato alle cronache della storia un Paese privo di equilibrio, afflitto da problemi finanziari divenuti forse troppo elevati per poter essere arginati e disinnescati in maniera permanente.
L'Italia è una terra che frana alla prima pioggia "di troppo", un Paese che salta per aria in troppe zone al primo terremoto: in poche parole, purtroppo, sembra essere un'impresa impossibile plasmare un Paese sicuro (ed al sicuro) da emergenze di tipo ambientale, idro-geologico e sismico.
Terra di impossibilità ed instabilità, dunque.
Su questo fronte, per fortuna o purtroppo, è evidente quanto la crisi sia stata semplicemente una sorta di causa scatenante votata al manifestarsi di una lunga serie di eventi per troppo silenziati e/o non adeguatamente ponderati.
Come potrebbe essere l'Italia del futuro, qualora problemi come questi dovessero incrementarsi ed aggravarsi?
Le previsioni, inutile scriverlo, non sono per niente buone. Nonostante un giusto (o giustificabile) pessimismo di fondo, vale davvero la pena arrendersi e non fare niente per denunciare e provare a cambiare le cose?
A questa e moltissime altre possibili domande cerca di rispondere "Impresa impossibile", primo libro del giornalista Corrado Formigli ed edito da Strade blu - Mondadori.
Il concetto con il quale guardare ai contenuti di questo testo dovrebbe, però, richiamare e ricalcare la grande ambivalenza e le grandi opportunità legate alla strutturazione della parola crisi.
Richiamando quanto attribuito in tempi non sospetti (ma straordinariamente attuali) da Albert Einstein, sarà possibile scrivere quanto riportato nel seguito:
"Non possiamo pretendere che  le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione  per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla  notte oscura.
E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi  supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.
L'inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.
Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare  per superarla."
Parole come queste fanno capire che, volente o nolente, una prima forma di crisi è stata per l'Italia determinata dalla colpa di non aver mai ammesso una necessità urgente di risolvere problemi mai approfonditi e sbrogliati come matasse solo apparentemente irrisolvibili.
Parimenti al contrastante lato della parola crisi, sembra essere opportuno evidenziare lo scopo fondamentale definito nel libro in questione:
"[...] Sono tante le facce di italiani perbene che mi tornano in mente.
Facce stravolte, voci strozzate, gesti duri. I tartassati della crisi, quelli presi a calci dalle Istituzioni e dalle banche. I piccoli e medi imprenditori onesti sono i nuovi eroi italiani [fra gli altri possibili, nda].
Mai avrei pensato di scriverlo. E dedicare loro il mio primo libro.
Raccontando otto imprese eccezionali nel cuore della recessione.
Al di là della retorica del padroncino spolpato da Equitalia, nel crac italiano di questi mesi c'è anche molta improvvisazione, tanta cialtroneria. [...]
La crisi sta facendo selezione, liberandoci di chi è inadeguato a stare sul mercato, dei mille furbetti che sono rimasti immeritatamente a galla nella grande palude.
La crisi inghiotte le nostre imprese a ritmi impressionanti, e nel caos  muoiono i sani e i malati.
Ma se vogliamo raccontare cosa c'è domani, non possiamo fermarci ai defunti.[...]
per come siamo messi oggi, il pessimismo è un sentimento onesto.
E non è con l'ottimismo elettorale che ci caveremo fuori dai guai.
Però limitarsi a raccontare chi è caduto e chi cadrà non basta più. [...]
ho preso la macchina e percorso il nostro Paese da Nord a Sud.
Imbattendomi nell'Italia che ci crede, nonostante il vento cattivo che soffia contro.
Le persone [...] in queste pagine sono generose, creative, orgogliose ed egocentriche.
Ho cercato prodotti speciali, visioni curiose, intenti maniacali.
Ho trovato imprenditori geniali. Incazzati, disillusi e un pò folli, però mai stanchi di provarci.
C'è un filo che lega tutte le storie: il talento incredibile delle donne e degli uomini che hanno portato al successo le loro imprese. Per opporsi al declino, hanno sviluppato la fantasia ed il senso di comunità.
Riuscendo a moltiplicare i fatturati in situazioni disperate.
E dimostrando che in Italia la crisi si può ancora vincere. [...]
Che solo coinvolgendo i giovani nelle aziende si possono tenere accesi sogni e desideri.
Perchè non può esserci impresa impossibile senza  umanità. [...]"
Leggere e sentire di certe storie stona con quell'atmosfera da perenni sabbie mobili che in questo Paese sembrano dominare ed ingoiare qualunque intento, voglia positiva, propositività e competenza:
"[...] No, non agitarti/ resta immobile./ Puoi metterci anni/ e guardare ogni cosa che/ affonda/ nelle sabbie mobili/ si perde/ nelle sabbie mobili./ Penso spesso che potrei farlo/ andare via di punto in bianco/ così altra città/ altro Stato./ Potrei se avessi il coraggio/ Ho un orizzonte limitato/ E' follia stare qua nel miraggio/ Che basti essere capaci [...]"
In altre parole, pertanto, chi rimane per resistere e cambiare le cose rischia di vedere inevitabilmente ed ineluttabilmente tutto (o quasi) affondare senza appello alcuno. In Italia prima o poi vieni risucchiato ed anestetizzato, non puoi farci niente (o quasi).
A prescindere dalle possibili interpretazioni, fortunatamente, esistono anche storie come quelle riportate in questa opera che possono rendere una diversa idea del baratro in cui sembra essere precipitata questa Italia.
E' davvero tutta questione di punti di vista, dunque?
A questa domanda (anche, non solo), pertanto, prova a rispondere nella maniera meno imperfetta possibile l'opera in questione. Riprendendo le ultime considerazioni dell'autore, infatti, è possibile scrivere che:
"[...]grazie agli imprenditori che ho incontrato e che si sono confessati con me aprendomi tutte le porte e offrendomi spunti ed emozioni. E grazie a tutti quelli che non ho fatto in tempo a incontrare, ma so quanto si battono. Se gli italiani salveranno la pelle, sarà parecchio merito loro."
A prescindere dai possibili punti di vista, comunque, altro merito andrà a coloro che hanno istituzionalizzato il disagio costruendo proposta. Altro merito andrà a coloro che, nelle infinite basi produttive e nei meandri di questa società sempre più strozzata, stanno continuando a procedere in un silenzioso ma inarrestabile incedere.
Altro merito spetterà a quelli che, nonostante i venti di una banalizzazione e semplificazione estrem(izzat)a, cercano e hanno da sempre cercato una ribellione costruttiva volta alla ricerca delle soluzioni più complesse da armonizzare per la ricerca di un bene comune.
Altro merito andrà a coloro che, mescolando coerenza e competenza, cerc(her)an(n)o di resistere in queste sabbie mobili. Impassibili ed impossibili, pertanto, nella terra del (de)merito.


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