Alexanderplatz vista dal Fernsehturm.
Foto di JuergenG (Wikimediacommons,
GFDL)
Mi sembra doveroso premettere che per motivi definibili a vario titolo organizzativi, la mia permanenza a Berlino mi ha visto soprattutto nell'ex parte Est: tanto per dirne una, arrivavo e partivo con l'aereo da Schönefeld, l'ex aeroporto di Berlino Est, e soggiornavo in Alexanderplatz, la piazza resa celebre dall'omonimo romanzo di Alfred Döblin. Non è un dettaglio secondario. Farsi un giro da Schönefeld ad Alexanderplatz dà un'idea molto forte del dinamismo e delle contraddizioni di una città in continua trasformazione. Se da Schönefeld a Jannowitzbrücke si nota una periferia decadente, dove a farla da padroni sono palazzoni di cemento e svariati esempi di archeologia industriale, quando ci si avvicina ad Alexanderplatz improvvisamente il paesaggio cambia: dalle fermate della S-Bahn semicadenti, costruite coi mattoni, si passa alla grande stazione ferroviaria di Alexanderplatz che, per la sua grande volta vetrata, sembra una Milano Centrale in miniatura. Attorno l'atmosfera pullula di centri commerciali, negozi alla moda e catene di multinazionali (vedi Dunkin' Donuts): non ci sono dubbi, siamo ad ovest. E invece no, c'è il tram, c'è Karl Marx-Allee a duecento metri, c'è l'orologio universale costruito chissà quando ai tempi di Ulbricht e Honecker, la toponomastica è tutta un fiorire di strade e ponti intitolati a Karl Liebknecht, alla Comune di Parigi, c'è il Marx-Engels Forum... insomma, siamo ad est, ma in uno degli angoli di est colonizzati dall'ovest, diventati ritrovo per turisti, amici, punkabestia, alternativi, malati di shopping. E pensare che a pochi metri, come dicevo, c'è la Karl Marx-Allee, vuota, con i suoi orrendi palazzoni di cemento. Incredibile, due realtà così diverse in così poco spazio.
Viene da pensare che l'unificazione, in fin dei conti, sia in larga parte incompiuta e che quella che noi italiani siamo abituati a pensare come una realtà unitaria, a pieno titolo occidentale, europea, capitalista, sia un'immagine erronea che ci siamo fatti. Basta mettere il naso a Berlino per capire che in realtà la Germania di oggi è tutto e il contrario di tutto, una coincidentia oppositorum dove il melting pot sembra un modello ormai assodato, ma dove contemporaneamente si vede una Germania a due velocità, dove le cicatrici della suddivisione tra est ed ovest faticano a rimarginarsi.
Intendiamoci, ho fatto pure le mie visite da turista: il Brandenburger Tor, Potsdamer Platz, Unter den Linden, la Museuminsel, Friedrichstrasse e il godurioso Dussmann, il Kulturforum e la magnifica Gemäldegalerie, la East Side Gallery il Kurfürstendamm e gli odiosi modaioli che lo percorrono in lungo e in largo... e via dicendo. Potrei parlare per ore degli splendori visti alla Alte Nationalgalerie nella Museuminsel o alla Gemäldegalerie, delle architetture mozzafiato di Potsdamer Platz, dell'emozione provata ad entrare nella cripta degli Hohenzollern nel Duomo (amore per la storia, non necrofilia!) o nel vedere i grandi sepolti nel Doroteenstädtischer Friedhof, ma in fin dei conti mi sembrerebbe di mentire. La mia cartolina berlinese sarà il crocevia di Alexanderplatz, quella piazza dove non sai bene se sentirti ad est o ad ovest. Sarà stata la lettura di quel manuale di storia della letteratura della DDR, che mi ha messo la pulce nell'orecchio e mi ha instillato un po' di interesse per autori come Uwe Johnson ed altri, sarà il fatto che su questa falsariga mi sto interessando alla storia della DDR... ma ciò che più mi ha colpito di Berlino è che in poco spazio si riescono a vedere molti luoghi che hanno fatto la storia degli ultimi centocinquant'anni e che in fin dei conti buona parte di questa storia non si contempla come un museo, ma si vive e si respira nelle contraddizioni che è in grado di produrre ancora oggi.
Rimanete sintonizzati, seguirà tra qualche giorno il trip report dettagliato!