Potrebbe sembrare strano che, dopo quindici anni di appassionata frequentazione (cerco di mantenere i superlativi al minimo), io mi trovi in difficoltà a raccontare cosa succede quando arriva Zahira. Mi perdoneranno quelle gentili signore che mi hanno chiesto un resoconto se riuscirò a trasferire solo sprazzi di sensazioni e magari qualche immagine. Cominciando da questa: io che digito questo post come se avessi dei guantoni al posto delle dita, tale è il senso di indefinibilità di un incontro del genere. No, mi correggo - e facendolo mi rendo conto che questa espressione ricorrerà anche troppo in queste righe, se mi lascio il tempo di rileggere e riconsiderare - non è che non si possano trovare definizioni per qualche esoterico motivo, è che forse, anzi senza forse, sarebbero, come spesso accade, riduttive. Provo a proseguire a passi brevi e semplici, come un bambino. E' un incontro di amici, per molti motivi: parecchi di noi conoscono Zahira da anni, alcuni la seguono o l'accompagnano nel suo tour, affluendo dai punti più disparati del mondo, spesso senza sapere la lingua del paese dove andranno, senza sapere se e dove troveranno un posto per dormire, come faranno a raggiungere il luogo dell'incontro. In quello che è stato, come capita ormai da un po' di tempo, l'incontro conclusivo del suo giro nel vecchio continente -l'avevo detto che lei viene dalla Nuova Zelanda, dove vive per il resto dell'anno con una piccola comunità di amici? - quindi, dicevo, nell'incontro di questo week end appena trascorso, c'era, per esempio, un uomo che veniva da San Pietroburgo, una donna di Taiwan che veniva su a Faleria dopo aver partecipato all'incontro della scorsa settimana a Cisternino (in Puglia), due amici finlandesi - uno dei quali si sta rigirando sul monastico futon del mio divano. Per dirne una. Alcuni inconsulti avvenimenti politici - leggasi rivoluzione - hanno impedito a Zahira di tenere un camp in uno dei luoghi che è solita frequentare nel suo tour, il Kirghizsthan, per dirne un'altra. Ma sto divagando, prendo tempo, evito di affrontare il nocciolo della questione, la prendo alla lontana. Ma è anche in questa maniera che io vivo questa storia, ogni volta: il vortice si incomincia a far sentire a distanza, qualche mese prima, poi si avvicina sempre di più, infine ti risucchia dentro la centrifuga, per riconsegnarti alla tua vita di tutti i giorni bello pulito, dopo averti rimescolato emotivamente, strizzato via molta acqua sporca (metaforica, sì, ma anche fisiologica), e candideggiato nelle intenzioni e nella comprensione (e scusate il "candideggiato").
Non c'è più da tempo una struttura fissa e preordinata in questi nostri incontri, anche perché nel breve arco di un weekend c'è solo spazio per una full immersion: il "gruppo" comincia, per ognuno in maniera diversa, quando arriva Zahira, ma in un certo senso, anche prima, quando si è scelto di parteciparvi. Intendo dire, quando realmente si è preso con se stessi quell'impegno e ci si organizza per onorarlo, o non si può fare a meno di scavalcare altri ostacoli che molto facilmente tendono a presentarsi. Come dicevo, a chi sta avendo la pazienza di sopportare tutte queste parentesi, quando si è lì insieme, le dinamiche fra le persone nella semplice interazione di condividere uno spazio sono già un percorso istruttivo. Ognuno di noi tende ad identificarsi con un ruolo - lo facciamo nella vita di tutti i giorni ed inevitabilmente lo replichiamo anche nel gruppo, se non ci stiamo attenti - e la nostra cara amica trova sempre un modo simpatico ma diretto per farcelo notare, senza giudizio, ma senza ipocrisia. Bon, ma allora, cazzo, ci racconti qualcosa di questi giorni? Arrivo! Volete sapere cosa abbiamo fatto in pratica? Allora, la mattina verso le otto, approfittando del clima favorevole e della bellezza del posto, ci sedevamo sotto un bell'albero per assaggiare un po' di Tao, cucinato da Zahira (ma non era una maestra sufi? ecco lo vedi che le etichette già non funzionano più bene...). Mi spiego, il Tao...no, non è possibile. Ok ci riprovo in maniera meccanica a fare un'elenco di azioni, altrimenti non vado avanti, ma non prendetevela con me se poi risulta un po' asciutto. Lettura di una pagina del Tao Te Ching, commento discorsivo, molto allargato e molto pratico -"I'm a practical housewife, you know", è solita dire di sé Zahira - quindi un po' di Chi Kung, per rimetterci in piedi ed entrare nel flusso, che è poi il filo conduttore della nostra vita, no? Quindi colazione, un po' danza, libera, insomma come quando vai a ballare a casa di amici, solo che qui c'hai un finlandese molto eccentrico come DJ, che ti propina improbabili medley dei Rolling Stones in versione gipsypunk...per dire. Ma anche questo spazio, innocente apparentemente, è un bel teatrino delle nostre stampelle. Cioé un'occasione per guardarci rappresentare i nostri ruoli. Temo a questo punto di essere andato decisamente per le lunghe e di avervi annoiato, senza essere ancora arrivato all'ora di pranzo. Il punto è che non posso dire "allora Zahira ha detto questo, Zahira ha detto quest'altro" perché quello che lei dice è funzionale all'insegnamento e appartiene al momento, non a lei. Quindi potrei essere ancora più stucchevole se riportassi tutti gli stati d'animo che mi sono trovato, anche questa volta, a testimoniare, con la mia condizione di interprete oltretutto, per di più emotivo nel modo più italiano immaginabile. E di nuovo mi fermo; è l'esperienza diretta l'unica possibile e dovrei essere almeno a tu per tu con chi legge queste righe per sperare di trasmettere le sensazioni e i sentimenti che io nutro per questa persona. Ché, certo, quelli li potrei elencare, ma credo che "gratitudine assoluta" sarebbe sufficiente. In finale ci siamo fatti come al solito un sacco di risate, perché non crediamo ad un cammino spirituale che non sappia fare dello spirito, anzi il contrario. "Life is bliss" è un messaggio spirituale della massima ampiezza, che non può essere trasmesso con la fronte aggrottata e l'indice puntato. Per prenderlo sul serio è sufficiente accorgersene e comportarsi di conseguenza. Per il resto, c'è la vita di tutti i giorni come parco giochi. E viverla secondo natura, nel modo più semplice, è il massimo obiettivo auspicabile. "What more?" chiede Zahira, con l'innocenza di chi ne ha viste migliaia. Certo, la nostra vita cittadina non sembra essere il percorso più lineare per attraversare l'esistenza in uno stato non ipnotico, non in trance, come ci capita spesso mentre guidiamo da casa al lavoro proiettando nel futuro immediato - il confronto coi colleghi, la pratica rognosa, il parcheggio da trovare - o nel passato anche remoto - quella bella storia con la tizia/il tizio, la litigata del giorno prima, momenti belli che servono da anestetico - la nostra consapevolezza, o più semplicemente, come la chiama Zahira, la nostra presenza.
Non era mia intenzione chiudere questo post con una citazione, ma, dal momento che è salita a galla ora, proprio in questo momento, la lascio uscire. "Tomorrow never comes. It is always today." dice Osho, il nostro maestro comune, sempre presente. E nella sua semplicità è una verità incontrovertibile.
Se non ci credete aspettate domani. Mi saprete dire.
(Fine della storia. Forse. Grazie per l'attenzione)
ghost track: "Ma come? E le danze sufi? I dervisci rotanti? E tutte le altre tecniche, il latihan il gibberish, lo zhikr?" Sì, certo, c'è stato anche tutto questo. Ma cosa ancora si può raccontare di un'esperienza così individuale, se ti serve proprio per cancellare o ridurre l'eccessivo attaccamento alla tua individualità?
Di nuovo, "Don't trust me. See for yourself, make your own experience. Then you won't need to trust anybody else."