Vi avevo promesso un nuovo appuntamento, più o meno, ed eccoci qua. Come avrete immaginato dal titolo, si tratta di un appuntamento dedicato a quelle che vengono comunemente definite “recensioni”, un termine che mi piace, ma che trovo particolarmente inadatto a definire quello che faccio io. E non perché io faccia qualcosa di più di una recensione, bensì perché non sono affatto capace di farne una.
Quello che mi prefiggo di fare con questo appuntamento, quindi, è trasmettermi le impressioni che mi hanno dato i libri di cui vi parlerò, con una buona dose di emozionalità.
Ma bando alle ciance, passiamo a noi.
Il libro di cui voglio parlarvi oggi è “La lezione del Canarino” di Raffaele La Capria.Mi è stato prestato qualche tempo fa da un carissimo amico, e dopo una stagionatura sul comodino in attesa che terminassi la lettura di Ivanhoe, mi ci sono potuto dedicare con l’attenzione che merita ogni libro.
È una raccolta di diciotto racconti, tutti accomunati da quello che definirei un “filo conduttore evanescente”, nel senso che c’è, ma non sempre si manifesta in tutto se stesso. Nel passaggio da un racconto ad un altro può apparire evidente, palese, mentre in altri momenti l’ho visto, o meglio, intravisto solo di sfuggita, meravigliandomi della maestria con cui l’autore ha saputo mimetizzarlo.
Ma qual è questo filo conduttore? Io mi sento di dire che è proprio la “lezione”, intesa come insegnamento. È proprio la volontà di lasciare qualcosa “in eredità” al lettore che ti porta passo passo a voler scoprire sempre di più di questa raccolta, spingendoti ad andare avanti ed a sconfiggere il sonno per leggere ancora un altro racconto.
Di cosa parla? Di moltissime cose, e non starò qui a descrivervele tutte perché, credetemi, se lo facessi vi farei perdere quel gusto per la scoperta di cui ho appena parlato. Una cosa però posso farla, ovvero dirvi in breve quali sono stati i racconti che più mi hanno colpito, e invito chiunque di voi abbia letto questa raccolta a dirmi quali sono stati i suoi preferiti.
Cominciamo.
“Il peccato originale”
Che dire, una delle aperture più belle che abbia mai letto, nonché un grande spunto di riflessione che prepara la mente alla degustazione del resto del libro. Come un antipasto perfetto, o la fiamma che prepara la cenere nel fornello di una pipa.
È un racconto brevissimo, di nemmeno due pagine, ma ha dalla sua parte la forza della natura stessa, insieme all’umanità di re Coetzee II, che con le sue leggi sembra voler riportare l’umanità a quella condizione “animalesca” che le è propria. Perché in fin dei conti, ormai sembra che l’etica sia un concetto animale, più che umano.
“Il gabbiano”
Un racconto che mi avrebbe coinvolto anche solo per il suo titolo, visto che il gabbiano è uno dei miei animali preferiti, se non il preferito. È una storia di mare e di scogli, di ricordi che tornano alla mente, di infanzie di un tempo e di infanzie di oggi. Ma soprattutto è un racconto di intrinseca malvagità, quella malvagità del bambino che viene trascinata da istinti che nessun altro cucciolo ha mai avuto.
“Cartoni animati”
Su queste pagine ho sorriso e inorridito allo stesso tempo, divertito dall’ingegno dell’autore, ma contemporaneamente scosso da quello che mi ha fatto vedere. Perché un bambino a cui non piacciono i cartoni animati potrebbe sembrare strano, ma forse quel bambino vede cose che agli altri sfuggono.
“L’ultima passeggiata con Guappo” e “Caro Guappo”
Qui non posso dirvi nulla. Se avete degli amici a quattro o due zampe, siano essi pelosi, piumati, squamosi o coperti di scaglie, non potrete rimanere indifferenti a questi due racconti.
E probabilmente non potrete rimanere indifferenti nemmeno se non li avete.
“Il pavone”
L’emblema della bellezza. Un paragone meraviglioso, probabilmente tratto da una reale esperienza – non lo so per certo, ma lo spero vivamente – che mi ha lasciato esterrefatto e felice. Sì, felice, perché ho scoperto che c’è ancora chi considera la bellezza, il Bello, come qualcosa di più alto rispetto a noi.
Qualcosa di inafferrabile.
“La lezione del canarino”
Racconto di chiusura, che da anche il titolo all’intera raccolta. Un racconto che chiunque abbia buttato giù due righe dovrebbe leggere, perché spiega esattamente cos’è la scrittura, come bisogna intenderla e qual è il ruolo dello scrittore.
In forma di racconto, quasi come una conversazione con il lettore, La Capria ci spiega in quale modo lo scrittore debba portare le cose della vita sulla carta, e lo fa usando parole semplici e comprensibili, ma comunque eleganti.
Mi ha lasciato davvero tanto.
In conclusione non posso che consigliarvi di leggere questo libro, e spero di avervi incuriositi un po’ con le mie impressioni. È un piccolo grande libro, piccolo nelle dimensioni, ma grande nel contenuto, un po’ come il cuore di un canarino.
Aspetto le vostre impressioni.
Neri.
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