Bene bene bene, potevo evitare di parlare del mio scrittore preferito in questa rubrica? Assolutamente no! Tuttavia ho deciso di non iniziare con la trilogia de Il Signore degli Anelli perché per poter scrivere un’impressione letteraria su quel capolavoro mi ci vuole una buona dose d’impegno, quindi ho deciso di rimandare.
Ma veniamo a noi, e soprattutto al romanzo di oggi: Lo Hobbit.
Pubblicato per la prima volta nel 1937, è il romanzo d’esordio di Tolkien, che lo vede inizialmente come un racconto per bambini, anche se poi si è visto nel corso degli anni come sia effettivamente adatto a tutte le età, costituendo peraltro una sorta di anello di congiunzione tra gli avvenimenti delle prime ere narrati ne Il Silmarillion e quelli de Il Signore degli Anelli.Ma di cosa tratta? Parla dell’avventura, o meglio, delle avventure di Bilbo Baggins, un hobbit della Contea (nonché zio di quel Frodo Baggins de Il Signore degli Anelli), che si trova catapultato in qualcosa molto più grande di lui: la riconquista di un tesoro.
Vogliamo farla in breve? Proviamoci:
“Un hobbit calmo e tranquillo, pacifico fumatore di erba pipa, vede la sua vita sconvolta da un giorno all’altro da uno stregone che gli fa piombare in casa tredici nani ai quali ha preventivamente detto che proprio lui avrebbe fatto da quattordicesimo componente per la loro missione che consiste nel riconquistare il loro tesoro e la loro città, sorvegliati dal drago Smaug.
Dopo alcuni momenti di indecisione, lo hobbit si imbarca in questa avventura, e durante il viaggio incontrerà numerosi pericoli e variazioni sul percorso originale, che cambieranno per sempre la sua vita.”
Ta-dah! Questo è un po’ il mini riassunto che posso fare de Lo Hobbit senza fare degli spoiler eccessivi, anche se comunque chi di voi non l’ha già letto avrà sicuramente visto qualche spezzone del film (pessimo) che è da poco uscito nelle sale cinematografiche. Ma poco male, vedrete che il libro non vi deluderà.
Ma a me, cos’ha lasciato?
È una bella domanda. L’ho letto dopo Il Signore degli Anelli, e devo dire che all’inizio mi ha un po’ spiazzato, visto che i toni narrativi sono molto diversi. Non c’è l’epicità, il pathos incredibile della trilogia, ma gli avvenimenti sono descritti in modo più semplice e lineare, se vogliamo. Ad ogni modo, superato questo “problema”, più mio che del romanzo, l’avventura di Bilbo e dei nani risulta piacevolissima, e ricca di quei valori che Tolkien sapeva comunicare alla perfezione, da buon sognatore.Lo Hobbit è una storia che non si dimentica facilmente, perché la facilità con cui ti trasporta nel suo mondo è talmente tanta che non è raro richiamare alla memoria determinati avvenimenti soltanto guardando una pianta, una pipa, o magari il disegno di un drago. La sospensione dell’incredulità arriva a livelli inimmaginabili per quello che doveva nascere come un racconto per bambini, ma che poi si è rivelato essere una pietra miliare nel mondo del fantasy.
A me personalmente ha lasciato tanta voglia di sognare, ma soprattutto tanta voglia di scrivere, di inventare e di viaggiare con la fantasia, che poi è la cosa più bella che ci sia concessa su questa Terra.
Ogni volta che vedo quel libro sul mio scaffale, affianco a tutti gli altri del Professore di Oxford, non posso fare a meno di tirare un sospiro e pensare che, in fin dei conti, la vita può cambiare da un momento all’altro, e che rimanere chiusi nel proprio “buco nel terreno” non serve che a privarci di tutto il bello che esiste.
E voi l’avete letto? Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti! A presto!
Neri.
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Image by: Zsófia Ziaja