Riflessioni sul 2 novembre, appena trascorso, da parte di un giovane, Quirino Riccitelli, che anela alla verità e vorrebbe un mondo migliore fatto di uomini perbene. Lo dichiara attraverso la parola nuda, talora sfacciata, ma sempre sincera e coerente con la sua integrità morale. (Adriana Pedicini)
"E’ di nuovo domenica di sole, almeno così pare. Oggi però si commemorano i dipartiti deportati in terra consacrata, e nuvoli di addolorati s’accalcano fuori quel luogo sacro, dove lo scuro cancello all’ingresso porta una croce sulla sommità, e circonda tutto quel perimetro mistico. Questo si compone di un’alternanza di poche sontuose cappelle private e, soprattutto, di numerose sepolture umili. Strettoie, secchi per i gambi troppo lunghi da gettare e fontane, coi cipressi tutt’intorno, a tentare forse d’evadere, lecitamente, da tanta tristezza. Dappertutto lumini accesi e fiori nei pressi di lastre di marmo, ciascuna con scritte e date, rigorosamente in rilievo. Il 2 novembre si rinnovano fiori e preghiere, si salutano vecchi amici su lapidi attigue, e ci si aggiorna sui nuovi fallimenti raggiunti dall’ultimo incontro del quale si ha memoria, rammentando magari vecchie sconfitte comuni. Si ricorda sì, ma molti di questi ricordano i cari defunti solo oggi, fanno un po’ come quando mamma mi chiama per ricordarmi di fare gli auguri a zia. Anche oggi quella santa donna m’ha piazzato la camicia buona e ben piegata sul letto, sotto c’era l’unico paio scarpe avverso alla ginnastica, più sotto il pantalone in velluto. Prima le dicevo che alla cintura sulla stampella andrebbe fatto un nuovo buco, perché col forzato digiuno di stimoli nell’ultimo periodo ho perso, sempre sulla retta via e camminandoci nervoso, un altro paio di chili di sopportazione. Oggi io non andrò al cimitero! C’andranno sicuramente credenti, creduloni e pure i falsi eleganti, perché il vestito buono gli copre parte di quella mancata sensibilità e, soprattutto, rafforza la fottuta apparenza che vede i soli accorrenti odierni come devoti e “brave persone”. Fiorai s’arricchiscono in questa data, espandono esposizioni floreali e vendono a prezzi gonfiati la scorza, che vede il fiore come simbolo improprio del dolore provato. Andrò certo… ma, certo, non oggi! Lo farò quando sarà un giorno comune e sfollato. Starò a rinnovare l’intimità di un bel ricordo a mio zio, assorto, a confidare che quel mio pensiero riservato gli arrivi da qualche stramaledetta parte. Poggerò sotto un crisantemo secco e dimenticato l’arido, di quel vento che la scomparsa di mia nonna ha lasciato soffiare nei Natali vuoti, senza più averla quella figura così dannatamente importante. Abbasserò lo sguardo quando rispetterò un attimo eterno e giurerò ancora a quel tale di starci in pari con la coscienza. M’inginocchierò e farò l’inchino all’esempio che bagna di lacrime quegli sfocati e vecchi ricordi dei nonni. Darò le spalle al deserto intorno e porterò un secchio d’acqua, per innaffiarci un po’ della solitudine, scavata, in quella terra sterile, dalla loro mancanza. Camminerò tra i labirinti accesi di triste, troverò e accuserò un paio di amici per la loro sciocca debolezza; poi spenderò un paio di minuti intensi con quel tizio che incrociavo spesso sulle rive degli esempi e, infine, uscirò. La nostalgia la chiuderò a chiave dicendole “Amen”, dopo il segno della croce. Mi bacerò il dito più vicino alle labbra e, così, ne manderò uno sincero a tutti i familiari e conoscenti scomparsi, prematuramente e non. E’ questa la mia sola educazione, perché l’apparenza è maschera, ma è l’essere che veste; rende nudi e nitidi i profili dell’animo, ma non lo fa mai in date particolari. Talvolta ti manda un sogno a ravvivarti l’amore, e lo fa proprio quando lo metti in pausa col cuore. Architetta così trame incomprensibili, che t’imprimono addosso strane sensazioni a cui dare una spiegazione. Da decifrare perciò con una seguente visita sincera, sempre ed assolutamente anonima. Quello che si prova dentro, quando si dovrebbe dimostrare? Esiste un giorno? Del bene e dell’affetto, poi, si darebbe prova nel quotidiano, o forse no? Forse sì, forse un giorno il cuore deciderà al posto degli schemi logici che implicano le costrizioni di una razionalità becera, di quelle più spicciole, proprie del minimamente immaginabile. Lo spero davvero, e l’auspico nel breve quel giorno, nel quale ognuno sarà finalmente se stesso. In quel giorno, libertà sarà il dovere di viversi la vita che si è scelti. Si daranno pacche sulle spalle ai fallimenti e si strizzerà l’occhio al perdono, svincolato dai meri orgogli. L’aspetteranno tutti quell’alba, a preannunciare l’era benevola nascente e il sole, prepotentemente, darà vita a gemme e terre. Farà caldo e saremo spogli dell’essere così maledettamente vivi di vero. Godremo ingordi di quel sole, senza bisogno di protezione alcuna, o d’altro. Ciascuno avrà da bagnarsi i sogni in un mare d’opportunità, per rinfrescarsi da quel sublime senso di benessere, dato dal fulgido che, dentro, disinibito risplende e, incontrastato, s’atteggia di realizzazione. S’affogheranno le inquietudini, tra le stanze strette di castelli di sabbia i bambini rinchiuderanno corde e confini, così potranno crescere di sogni e talenti da esprimere in piena libertà. Non ci sarà la coda all’ombra del refrigerio, perché ognuno avrà la sua, garantita dalla stabilità di una piena soddisfazione. Tutti avranno sorrisi da concedere, consigli genuini, spassionatezza e calore umano, oggi stoccato nei periferici silos delle inopportune convenienze. Stoneranno immagini di guerra e i paesaggi saranno freddi, ma della sola poesia custodita dalla neve, nei magici Natali riservati a ciascuno. Buona domenica di speranza a tutti, con l’augurio sincero che quel giorno arrivi presto nel vostro domani!!!"
Quirino Riccitelli dice di sè:
Sono nato e cresciuto a Piedimonte Matese (CE), dove vivo da disoccupato da 29 anni. Mollai questo posto avaro per 7 anni, dal periodo che va dal diploma (come perito agrario) alla laurea triennale in agraria, conseguita nel febbraio del 2012. Da quella data ho iniziato a inviare curricula dappertutto, ma zero risposte. Oggi spendo fette d’esistenza e tempo per le uniche 2 passioni che ho nella vita: pesca e scrittura. Sogno di trovare un lavoro, ma rafforzo, giorno dopo giorno, quella consapevolezza che muta in convinzione d’emigrare altrove. Nacqui, sempre a Piedimonte, il 23 aprile del 1985 da 2 genitori fantastici, inviati sulla Terra dal Signore. Avevo già una sorella, ma ancora non lo sapevo. Nella culla avevo pure i suoi giochi da riciclare, e fu in quel periodo che iniziai ad esplorare il mondo. Credo di aver catturato il primo persico a 4 anni, fu amore a prima vista. La passione per la scrittura, invece, l’ho sempre avuta, ma me la facevano notare soprattutto gli altri, specialmente le professoresse, a ciascun livello d’istruzione. Vinsi un concorso alle superiori, basato su un tema sulla “Comunità Europea” ed ebbi la fortuna di godermi un viaggio gratuito a Bruxelles. Sfruttai poi quel talento, che gli altri osservavano, nell’iniziale attività di divulgazione, nell’ambito della pesca sportiva. Il mio primo articolo su una rivista cartacea di pesca, a tiratura nazionale, risale al 2007. Da quel momento iniziai ad intraprendere un soddisfacente percorso come articolista, su riviste di “carp fishing” cartacee e online. Periodicamente tengo conferenze su argomenti tecnici, attinenti alle pesca della carpa, durante le fiere di settore annuali. Continuo attualmente a pubblicare articoli e a rinnovare contratti (gratuiti) con sponsors, coi quali baratto prodotti in cambio di pubblicità. Scrivo di tutto, ma scrivere di pesca mi viene piuttosto facile. Nonostante ciò, mi cimento in riflessioni varie, in collezioni di stati d’animo su un foglio e resto schiavo di scrittura compulsiva, assolutamente indesiderata certe volte.