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Imu, l’ultima frontiera della laicità

Creato il 14 novembre 2012 da Albertocapece

Imu, l’ultima frontiera della laicitàLicia Satirico per il Simplicissimus

La parola conguaglio assomiglia alla parola coagulo, però contiene qualcosa che fa pensare al guaio, alla cattiva notizia. L’assonanza sinistra di emboli calamitosi prende corpo dinanzi a un conguaglio Imu che mi paralizza i sensi. Vivo in un Comune con debiti che ammontano a più di 240 milioni di euro, non nuovo al vezzo dell’erezione delle aliquote e delle cartelle pazze.  Eppure a turbarmi non è l’ammontare dell’importo, certo più consono a ville con vulcani artificiali che a un appartamento in centro: mi sconcerta, semmai, che questa imposta dal nome di una divinità mesopotamica sia l’unica cosa laica rimasta nel nostro Paese.

A un anno dall’insediamento dei tecnici, possiamo raccontare una favola gotica di cavilli, punizioni, esenzioni e ammonizioni. Quando Monti ci fece intravedere, proprio attraverso la nuova Ici, le lacrime e il sangue dell’espiazione post-berlusconiana, si impegnò in modo solenne a garantire equità, subito smentita dalla conferma dell’esenzione Imu per gli edifici ecclesiastici non adibiti ad attività commerciali. Allo scandalo seguì un altro impegno solenne, accompagnato da dichiarazioni chiesastiche di pronta collaborazione del cardinale Angelo Bagnasco. Fu così che, per evitare di incorrere nelle sanzioni UE, il parlamento approvò una disciplina quasi ovvia: la Chiesa cattolica avrebbe pagato l’Imu per tutti gli immobili in cui svolge attività commerciale, come definita nel nostro ordinamento in base alle direttive europee. Solo che il governo tecnico si riservò di definire con apposito regolamento-beffa i criteri dell’esenzione, aggirando le sanzioni con le eccezioni: il tratteggio regolamentare era impressionistico e a tratti macchiaiolo, consentendo di includere nelle eccezioni la regola per ripristinare il privilegio. L’escamotage pirandelliano, già sperimentato da Tremonti, è quello di introdurre criteri di definizione delle attività non commerciali talmente ampi da includervi anche quelle commerciali.

Nello scorso mese di ottobre il Consiglio di Stato ha bocciato in modo perentorio il colpo di mano governativo, ammonendo i professori sull’eccesso di delega e sui rischi di una procedura di infrazione europea. Il resto è storia di questi giorni: l’esecutivo in carica crea un codicillo (il codicillo da Vinci?) inserito nel decreto legge sugli enti locali e restaura il consueto regolamento a maglie larghe, la cui approvazione consentirebbe alla Chiesa – stavolta in modo definitivo – di non pagare l’Imu per la maggior parte delle sue attività commerciali. Due giorni fa il governo Monti si è prodotto in un comunicato che non ha nulla da invidiare alla tecnica della smentita di berlusconiana memoria: la presente ricostruzione dei fatti è del tutto errata e destituita di ogni fondamento. L’esecutivo non ha fatto nessun dietrofront, adottando sempre rigore e trasparenza nel rispetto dei parametri europei.

Come dare torto a Monti questa volta? Il rigore c’è stato, anche se non esattamente a carico degli enti ecclesiastici. La trasparenza pure: l’elusione delle direttive comunitarie è stata fatta spudoratamente, a conferma che la trasparenza dei mezzi non implica quella del fine. Quanto all’Europa, sappiamo bene che ci chiede tutto come una madre bulimica: spetta alla sapienza tecnica concedere il sacrificabile e salvare l’esentabile. Il Consiglio di Stato, proprio poche ore fa, ha bocciato ancora una volta la normativa cleropositiva, invitando il governo a riscrivere il regolamento che dovrebbe far pagare l’Imu alla Chiesa e a enti no-profit nel 2013. Si tratta di un parere non vincolante, ancora più severo del precedente nei contenuti e nei moniti. La saga continua. Pensando al conguaglio mi consolo amaramente: le esenzioni Imu sollevano meno problemi dei matrimoni gay, in un’epoca in cui gli esponenti del centrosinistra dichiarano di rifarsi a papa Giovanni e al cardinale Martini proponendo pure l’attuale premier  – del quale hanno condiviso le scelte politiche – alla presidenza della Repubblica.

Pago dunque una tassa laica, almeno per quest’anno: l’anno prossimo potrei piazzare qualche altare votivo in casa e trasformarla una scuola, in un albergo, in una comunità no profit. E magari candidarmi alle primarie del Pd, diventando un’icona porporata: ma questa è un’altra terrificante favola gotica.


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