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1. L'Imu non cambia in base al reddito. L'imposta municipale sulla casa presenta la stessa aliquota per tutti, ricchi e poveri. Anche gli sgravi sulla prima abitazione (200 euro) e quelle sui figli a carico (50 euro per figlio) sono identiche a prescindere dal reddito familiare. In pratica se a un milionario 50 euro non cambiano la vita, ad un lavoratore con un reddito normale sì. Chi ha un reddito Isee basso dovrebbe pagare di meno!
2. I valori catastali sono ingiusti. Fino a che non entrerà in vigore la promessa riforma del catasto, gli attuali valori catastali, su cui si calcola l'imposta, non sono né giusti, né equi. Il “Sole24ore” propone due vie: anticiparsi alla riforma del catasto per lo meno con l'aggiornamento dei valori catastali, o dare la possibilità ai proprietari di dimostrare che il proprio valore catastale di riferimento è sproporzionato rispetto alla realtà.
3. Le imprese pagano troppo. Oltre ai proprietari della prima casa, le grandi pregiudicate dell'Imu sono le imprese, che pagano l'aliquota dello 0,76%, con un aumento considerevole rispetto all'Ici, suscettibile inoltre di essere aumentata dai comuni, che ovviamente non si lasciano scappare questa possibilità. Tale aumento dell'imposta su imprese, uffici e negozi si ripercuote negativamente sulla già compromessa competitività italiana. Chiaramente una eventuale riduzione andrebbe compensato da un'altra parte, cosa non facile e che rischia di gravare su qualcun'altro in modo altrettanto ingiusto.
4. I comuni sono ostaggio delle regole. L'emergenza finanziaria del Paese ha determinato una situazione singolare. Il gettito dell'Imu, imposta del federalismo fiscale che dovrebbe responsabilizzare i comuni rispetto alle proprie risorse, finisce al 50% allo Stato centrale. I sindaci, in questo modo, si ritrovano a dove aumentare le aliquote per chiudere i bilanci, ma in realtà si ritrovano con meno soldi di quando c'era l'Ici. In pratica i comuni ci mettono la faccia e si attirano le ire dei cittadini, poi il governo si prende i soli.
5. Non si favoriscono le case locate. Sebbene i comuni possano farlo, per le ragioni esposte precedentemente, molti di essi non possono di fatto distinguere tra case sfitte e case locate, che spesso pagano la stessa aliquota o in ogni caso due aliquote molto alte. La conseguenza è negativa per tutto il comparto degli affitti, sia per i proprietari, che vedono aumentare i costi, che per gli inquilini, che possono subirli.
6. Manca equilibrio fiscale sulle compravendite. Se si aumenta l'imposta sul possesso degli immobili, andrebbe rivisto quella sull'acquisto, che invece resta immutato. Attaccate su tutti i fronti le abitazioni sono vessate in fase d'acquisto, di possesso e di locazione: troppo per un mercato immobiliare in crisi!
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