Tra le tante possibili chicche in grado di evidenziare quanto approssimativa, peciona e fuorviante possa spesso essere l’informazione nostrana, è di questi giorni il gran parlare che si fa dell’IMU. Ed a questo proposito è stata reiterata senza eccezione in tutti i media – dalla stampa (anche quella che si compiace di definirsi specializzata), ai telegiornali, ai talk show d’ogni emittenza, pubblica o privata – la notizia che, sospesa per la prima casa (con alcune eccezioni), l’IMU deve essere regolarmente pagata per quanto si riferisce alle seconde case entro oggi, 17 giugno (in acconto, per la parte di spettanza dei comuni).
In un post dello scorso anno ho già avuto modo di rilevare che questo modo di presentare le cose è assolutamente impreciso (http://wp.me/prth2-i2). Circa l’IMU il fisco fa riferimento alla abitazione principale, quella dove vive prevalentemente il nucleo familiare, non alla prima casa, definizione utilizzata in sede di imposte sulla compravendita di immobili. A questa differenziazione semantica il legislatore ha scelto di ricorrere per prevenire l’estensione dei tassi di imposta agevolati – riservati all’abitazione dove effettivamente dimora la famiglia – ad eventuali abitazioni aggiuntive rispetto alla prima casa adibita a dimora abituale, ma pur sempre acquisite e intestate come prima casa a moglie ed eventualmente figli. Insomma, una norma rivolta, nelle intenzioni, a prevenire una elusione estesa quanto quella che, di fatto, viene oramai ampiamente praticata, e generosamente tollerata, in sede di compravendite immobiliari.
Senonché questo modo tipicamente italiano di cercare di risolvere i problemi per vie traverse, ed apparentemente astute – mettendoci una pezza, come si dice - ha prodotto, inevitabilmente una iniquità – tra le tante che si imputano all’IMU – che ho già avuto modo di definire grottesca. Difatti, quei nuclei familiari che possiedono una sola casa nella quale tuttavia non possano abitare (perché troppo piccola, o situata in altra regione, o qualsivoglia altro fondato motivo) devono corrispondere, per essa, l’aliquota sensibilmente più elevata prevista per le seconde case nonostante che, essendo unica, essa sia ovviamente e incontrovertibilmente prima.
Cosicché, a chi rientra nella casistica, può capitare di vivere in un complesso residenziale, eventualmente anche agiato, dove paga un signor affitto – non di rado, per necessità, in nero – e si troverà a dover pagare l’IMU sulla sua prima ed unica casa (che potrebbe aver dato in affitto per recuperare parte della sua spesa abitativa), in base ad una aliquota di gran lunga superiore a quella che dovrebbero pagare tutti quei vicini che possono permettersi di possedere abitazioni principali di proprietà consone alle loro necessità. I quali, comunque, oggi non la pagano perché è stata sospesa e domani, chissà, potrebbero vedersela ulteriormente ridotta o addirittura eliminata.
Questa evidente stortura, per cui l’IMU finisce per essere una imposta patrimoniale che colpisce taluni possessori di un’unica abitazione alla stregua dei pluriproprietari, viene tranquillamente ignorata – e quindi, oggettivamente, nascosta – dagli organi di informazione.
Quando sarebbe così facile eliminarla, soltanto che si decidesse di far funzionare il fisco attraverso controlli regolari e comminando, a chi venga scoperto ad aggregarsi alle coorti dei furbetti, sanzioni rapide e draconiane e, quindi, efficacemente deterrenti.