Seduta sul bordo del letto, lei, godeva quieta della luce soffusa attraverso le candide tende. Le rammentò che la domenica successiva sarebbe stata la domenica In Albis, che in famiglia era tradizione celebrare con un pic-nic. Le apparve un'immagine di quando era piccola, sul sagrato, quand'era stato il suo turno, o quello dei suoi fratellini, con tutti quei bambini vestiti di bianco, davanti a quella chiesa, in mezzo ai campi. Da lontano sembravano tanti fazzolettini svolazzanti. Tante bandierine issate in una generale, gioiosa ressa. Ma lì, davanti a quella chiesa, il giorno che preferiva era quello di Sant'Antonio, quando si portavano gli animali alla benedizione. E lei, con i suoi fratelli, portavano tutti, tutti gli animali, dal primo all'ultimo, dai gatti ai tacchini ai conigli e quella volta che lei portò le uova ed il parroco sostenne che non poteva benedirle perché non erano esseri compiuti. Ed i feti, allora? I feti ricevono prestissimo l'anima, rispose il parroco, gli animali, anche da adulti, mai. L'avessi avuta tu, prete, un quarto dell'anima che aveva Mukil, avresti benedetto pure un disegno delle uova, pensò. Tutto questo Loro riflettere sulle cose del cielo, sulle cose, tutto questo riflettere è solo il tradimento dell'anima. Non aveva più animali, ora, ed in città non aveva certo lo stesso sapore, ma ancora sperava, un giorno di poter tornare a partecipare alla festa di Sant'Antonio. Pensò alla lingua del santo. Forse era, però, di un altro santantonio, di certo non avevano una lingua in comune. Riflettè sul fatto che la lingua del santo benché così venerata, non fosse altro che una parte, nulla di compiuto, no. Non si poteva benedire. Anzi. Invece, no: compiutamente una lingua. Una lingua che magari può ancora sentire il sapore del cibo, la freschezza dell'acqua, priva però di un cervello a cui poterlo comunicare, ma pienamente consapevole, in sé, di ciò che le sta accadendo. Come un animale senz'anima. D'accarezzare la lingua delle amanti che adesso sono compiutamente solo lingue, niente amanti, d'intrecciarsi senza bocche ad ospitarle, di godere quel gioco senza più filtri o emozioni.
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