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In albis -25-

Da Nivangiosiovara @NivangioSiovara
IN ALBIS -25-Quelli, allora, l'un con l'altro s'aiutarono a rimettersi in piedi, e poi, ancora ridendo, baciandosi, piangendo, s'accompagnarono a letto e piangendo, ridendo, esausti, finalmente s'addormentarono. L'intruso, che si sentiva ormai uno di casa, passeggiò silenzioso ed a lungo tra una stanza e l'altra, senza sapere che fare. Nella lunga notte solo il fruscio del lino sui corpi, solo il respiro pesante di quei corpi addormentati. Vegliò ancora un poco su ognuna di quelle persone, invidiandole, il sonno gli mancava, era una fonte alla quale non si poteva più ristorare. Riepilogava, intanto, mentalmente, i fatti avvenuti dal suo arrivo lì. La conclusione fu che tutto ciò che doveva fare, lui l'aveva fatto, il lavoro era pienamente compiuto, e forse era giunto il momento di andarsene. Era ora di cambiare aria, per lui. Domani mattina, pensò. Presa questa risoluzione si accucciò in corridoio, fra le due camere da letto, posizione che gli consentiva di gettare uno sguardo, grazie alle porte lasciate aperte, vegliamo su di voi, su ognuno di loro.Quasi vomitato dal taschino della camicia, il topolino sgusciò fuori, trottò attraversando tutta la casa, s'infilò sotto alla porta d'ingresso e sparì.

Quando sbadigli mettiti una mano davanti alla bocca. Non gridare. Non alzare le mani. Quando entri in casa di qualcuno che non conosci bene chiedi sempre permesso. Non giocare coi soldi. Stai con la schiena dritta. Non avanzare cibo. Non dire bugie. Dì: grazie. Dì: buongiorno, arrivederci, ciao. Non mancare mai di rispetto a quelli più grandi di te. Non giocare col cibo. Non masticare a bocca aperta. Non appoggiare i gomiti sul tavolo. Quando attraversi la strada guarda prima a sinistra. Non toccare. Rimetti le cose al loro posto. Chiedi scusa. Non contraddire quelli più grandi. Dai del lei. Non giocare col fuoco. Quando la casa brucia tutti si scaldano. Piangi, che ti verranno gli occhi belli. Non giocare coi coltelli.

Già da un pezzo, ormai, oggi, la luce dell'alba, bianca, aveva preso a filtrare tra le vecchie tapparelle, a sfidare quel duro sonno. Già da un pezzo la madre avrebbe dovuto essere in piedi per avviare le solite procedure: svegliare i piccoli, preparare la colazione, lavarsi... Ma non si udiva nulla. Ancora si dormiva, già. O no! No, fermi, zitti, sì, qualcosa si sente provenire dalla stanza dei piccoli. La bambina s'è finalmente svegliata. Stringe il gatto. Si sente ora un miagolio venire da quella stanza. E' lei. Gioca. Miagola, fa le fusa, soffia. Il fratello la sente, nel sonno si rigira nel letto, chiama: Mukil... Mukil... Mukil è morto. Si sveglia, ora, lui, anche lui, osserva contrariato la sorella. Lei ora lo nota. Gli chiede: sei un cagnolino, tu? Se sei un cagnolino, adesso ti veniamo a mangiare, ci vendichiamo di te, brutto cattivo, non c'è scuola oggi, oggi mangiamo i cagnolini come te. E lui: Scema che non sei altro, non dire cavolate e lei gli si avventa sopra, ancora nel letto, e gli da un piccolo morso sulla spalla, e lui si sforza di spingerla via, ma non riesce, ha modo di pensare: allora sei proprio grassottella, lo pensa ma non lo dice, non la vuole offendere, prova a sollevarla con le gambe, allora, ma è inutile, quella non si smuove per nulla. E allora lei Sei debole, fratellino, non sei forte come papà e lui le sposta la faccia con una manata, ha modo di pensare che ha un pessimo alito, ma non glielo dice, lei lo sfotte Oh si ribella il piccolo fedele cagnolino e lui caccia un grido, alchè lei, con crudeltà, improvvisamente, gli morde a sangue la mano che lui le tiene ancora contro alla faccia e che ora ritira inorridito e scende una lacrima sulla guancia del fratello, che ora ha paura, ma non lo dice, si spalancano però i suoi occhi, di stupore, di dolore, lei gli tende contro Mukil e minacciandolo: Adesso ti mangiamo e lui, singhiozzando, disperato: Mukil è morto, è morto, scema, e allora lei urla E Questo chi è? e soffia per spaventarlo, ma dannazione, quello già è terrorizzato, per quanto possa, reagisce e le tira i capelli, più forte che può, per cercare di spostarla, ma lei gli morde la faccia, con una tale, feroce determinazione, che gli strappa un bel pezzo di guancia, lui riesce a scalzarsela di dosso, il dolore gli è servito a ripescare un'insperata energia, è in piedi sul letto, la sorella sta per avventarglisi contro ancora, per morderlo, lui la scansa, ma perde l'appoggio con un piede, cadendo si torce in avanti col busto, agita le braccia alla cieca, cercando un appiglio qualunque, ma la sua prima parte del corpo a trovarne uno è la tempia destra, contro allo spigolo del comodino, cade a terra, muore.

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