C’è qualcosa di meraviglioso nell’attesa.
Ok, ok: questa cosa e già stata detta talmente tante volte talmente bene da talmente illuminati autori che anche solo voler toccare l’argomento da qualcuno come me è segno di scarsa fantasia, se non addirittura di ignoranza.

A me questa stazione piace tantissimo, proprio perché è in mezzo al nulla, e mentre resto seduto aspettando il treno che mi porterà ad una serata fra amici c’è solo il silenzio e il sole che inizia a lasciarsi cadere. A destra e a sinistra le linee rette dei binari che si allungano fin dove riesco a vedere, dietro di loro i resti di una fabbrica in disuso, intorno mi illudo che non esista più nulla.
Anche stasera, come le ultime volte che son stato qua, la stazione è quasi vuota, e non sembra possibile che questo stesso posto di mattina diventi un turbinante vortice di persone in corsa per scuole e lavori, troppo fervidi, stanchi e già irritati per desiderare di prolungare la loro già snervante attesa.
Non ci si muove non ci si parla: si aspetta. Si sente l’aria sulle orecchie e il sole sugli occhi, che tengo aperti fino a che non ci vedo più.
Suona il campanello, fine dell’attesa. Peccato.
