Cari lettori, ben ritrovati. Questo non facile 2012 si apre ponendoci, fra le altre, una domanda essenziale: l’ecologia e le tecnologie verdi sono un lusso per “tempi ricchi” oppure una necessità economica e una risorsa per uscire dalla crisi? Molti Paesi asiatici, pur tra mille contraddizioni nel loro modello di sviluppo, stanno scegliendo la seconda risposta. Ne parlo nell’articolo qui sotto, pubblicato sul numero di dicembre 2011 di Eco-News, newsletter informativa sulla sostenibilità ambientale. Buona lettura, aspetto le vostre opinioni in merito.
«La crisi economica colpisce tutto il mondo, si sente ripetere fino alla noia in questo periodo. Ma è davvero così? In realtà la crisi economica colpisce soprattutto il mondo occidentale, perché in Asia la situazione è ben diversa. Le economie di giganti quali la Cina e l’India continuano a crescere annualmente a livelli impressionanti, e anche i “piccoli” Paesi asiatici danno prova di grandissima vitalità e di attenzione alla ricerca nel campo delle tecnologie più avanzate, comprese quelle “verdi”. Valga l’esempio del Vietnam, che seguendo il modello cinese ha creato “parchi industriali” ad altissimo contenuto tecnologico, come il Saigon Hi-Tech Park, che ha già attirato due miliardi di dollari americani di investimenti in settori strategici per il futuro del pianeta quali le energie rinnovabili, le biotecnologie, la robotica, la farmaceutica. A dimostrazione che “l’industria verde” in Asia non è considerata un inutile orpello sacrificabile in tempi di crisi, bensì un investimento sul futuro.
A causa della crisi economica gli Usa, per bocca di Barack Obama, annunciano tagli dolorosi alle spese per la tutela dell’ambiente in territorio americano, però sul piano internazionale mantengono alta la pressione sui Paesi asiatici considerati “grandi inquinatori”, cioè l’India e la Cina (soprattutto quest’ultima) e proseguono quindi la politica degli incontri bilaterali per concordare politiche di contenimento del famoso “effetto serra”. L’ultimo di questi incontri si è svolto nel luglio 2011, al fine di attuare strategie comuni contro i cambiamenti climatici e i loro disastrosi effetti. In realtà i Paesi “grandi inquinatori” come l’India stanno sì schiacciando l’acceleratore sul proprio sviluppo economico (8% per l’India nell’anno in corso) ma non mancano di guardare alle questioni ambientali e di puntare sulle tecnologie verdi in tutti i settori, a partire da una grande questione: la vivibilità delle metropoli. Nei prossimi 20 anni, infatti, è previsto un notevole aumento delle popolazioni urbane di tutto il mondo: dagli oltre tre miliardi di oggi si passerà a cinque miliardi. Le città rappresenteranno perciò quasi i tre quarti della domanda mondiale di energia entro il 2030. La maggior parte dell’aumento verrà dai paesi in rapida crescita come Cina e India, che si stanno quindi impegnando a ripensare il modello di sviluppo metropolitano e le compatibilità fra urbanizzazione di massa, inquinamento e salute dei cittadini.
In questa stessa rubrica negli scorsi numeri di Eco-News ho analizzato approfonditamente prima il caso di Tokyo e poi quello di Pechino. A Tokyo una gigantesca e capillare rete di trasporti sotterranei ha prodotto un abbassamento dell’inquinamento dell’aria in città; e a dimostrare la sensibilità e la lungimiranza dell’industria automobilistica nipponica riguardo alle questioni ambientali, va sottolineato che nel 2011 il titolo di “Car of the Year” - per la prima volta in 47 anni – è stato assegnato a un’automobile a emissioni zero: la giapponese Nissan Leaf, prima vettura elettrica a poter essere davvero equiparata per molti aspetti ai veicoli tradizionali.
Su Eco-News abbiamo esaminato anche il caso di Pechino, città di 20 milioni di abitanti con 5 milioni di automobili e un tasso altissimo di inquinamento, che il governo metropolitano di Pechino sta combattendo con un piano di contenimento del traffico, sviluppo dei mezzi pubblici, eliminazione dei vecchi impianti a carbone, investimento nelle energie rinnovabili e abbattimento delle polveri sottili nell’aria.
La questione dello sviluppo urbano e delle sue ricadute ambientali è vissuta con particolare attenzione in India, le cui principali città sono ormai congestionate da un traffico automobilistico che non è esagerato definire “infernale”. Il boom economico ha prodotto in India anche un boom del mercato automobilistico, compreso il comparto del lusso, tanto che nel maggio 2011 la Ferrari ha aperto il primo concessionario a New Delhi; d’altra parte però alla fine del 2010 la stessa India ha lanciato un piano per sostenere il comparto dei veicoli non inquinanti – sia totalmente elettrici, sia ibridi – e la loro diffusione su tutto il territorio. Il governo indiano ha approvato un incentivo di 400mila rupie (circa 6.500 euro) per i minibus elettrici e di 100mila rupie (circa 1.600 euro) per le auto e «tutto questo consentirà di raddoppiare il mercato dei veicoli elettrici in India entro il marzo 2012» ha sottolineato Sohinder Singh Gill, direttore della associazione indiani dei produttori di veicoli elettrici.
Su un modello di mobilità eco-ecompatibile punta molto anche la Corea del Sud. Ricercatori sudcoreani hanno sviluppato un metodo per alimentare le auto elettriche in viaggio, inserendo sulle strade componenti magnetici che per induzione caricano i veicoli che ci passano sopra. Il sistema, sviluppato dal Korea Advanced Institute of Science and Technology, è studiato per accrescere la varietà e l’autonomia dei veicoli elettrici, riducendo l’ingombro delle batterie, e usa la stessa tecnologia utilizzata in alcuni spazzolini elettrici, che consente la ricarica senza contatto diretto tra elementi metallici. A questo scopo si utilizzano strisce di materiale magnetico incassate qualche centimetro sotto il manto stradale, che reagiscono con dispositivi guidati da sensori sotto l’auto. Quando l’auto passa sopra le strisce, riceve una microcarica. I costi di questa tecnologia sono ancora troppo alti per renderla commercialmente appetibile, ma gli scienziati sudcoreani ci stanno lavorando.
Un altro progetto ancora più avvenirisitco è quello messo a punto in Giappone da ingegneri della Tohoku University e già presentato a una fiera di Shanghai: lo chiamano “aereotreno” e si tratta in pratica di un treno che vola all’altezza del suolo, sollevato di pochi centimetri da terra. Ha la forma di un aereo, con tre paia di ali, ma è un treno che non ha bisogno di rotaie ed è spinto da un paio di eliche elettriche. Un gioiello tecnologico ed eco-compatibile, alimentato da energia eolica ed elettrica, un prototipo fantascientifico di non semplice realizzazione ma capace di indicare la direzione del futuro. Perché, nonostante la crisi economica, è questo che l’Asia sta facendo: progetta il futuro. E questo dovremmo fare anche noi nella “vecchia Europa”». M.R.