Intervista a Felpa.
Si legge nella sua biografia: “Felpa nasce un po’ per caso, era un bisogno che andava assecondato. Felpa è un’esigenza espressiva necessaria che è stata tenuta nascosta per un po’ di tempo, ma si sa che tenere nascoste le cose non è semplice e richiede un grande impegno.
Felpa è un prodotto biografico, più o meno, e andava tirato fuori perché avesse uno spazio suo.
Felpa è un sacco di cose, un sacco di strumenti e molte paranoie e alla fine ci si potrebbe pure annoiare ad ascoltare, quindi va assunto in piccole dosi e solo dopo prescrizione medica.
Felpa trae ispirazione tanto dall’Italia musicale di fine anni ’90 quanto dall’Inghilterra musicale di inizi anni ’90, ma volendo guarda ancora più indietro nel tempo.
Felpa per quanto ne so è Daniele (Offlaga Disco Pax, Magpie) durante le sue notti insonni”.
Prima di tutto una domanda sul genere: come ti definiresti in una parola?
Bella domanda: mi verrebbe da dire “cantautorale” poiché essendo un cantautore mi rispecchio in questo genere. Però mi colloco più su un genere che viene dall’Inghilterra o da altri ascolti non italiani. Mi verrebbe da dire Shoegaze perché quello che ascolto e che forse ha più rintracciabilità all’interno delle mie canzoni viene dalla Madrepatria.
Hai delle influenze particolari?
Di italiani sicuramente gli Scisma, quindi un rock un po’ più psichedelico, poi Slowdive, Cocteau Twins…
Felpa. È un noto capo d’abbigliamento e…
È il nome del progetto del mio gruppo. È nato perché avevo in casa una felpa con scritto sopra felpa, che ha disegnato mio zio (ha una ditta di articoli sportivi). E allora mi è piaciuto l’accostamento felpa e musica! È un capo d’abbigliamento che è andato molto di moda negli anni Ottanta e Novanta e che oggi si usa molto di meno, anche se si trova spesso. Non è facile sentir parlare di felpa. Più spesso ti viene da dire “mi metto una maglia” o “mi metto un maglione”. Sentire qualcuno che dice “esco in felpa” o “mi metto una felpa” è già più raro. Da noi in Emilia Romagna già si è perso, qua a Roma non lo so!
Prima di Felpa chi eri?
Ero e sono degli Offlaga Disco Pax. Ho anche un altro gruppo che si chiama Magpie, cantiamo in inglese. Suono con un’altra ragazza con cui facciamo robe più shoegaze, più vicine a gruppi inglesi tipo Slowdive, My Bloody Valentine… Anni Novanta soprattutto.
Abbandono. Questo è il titolo del tuo primo album; le canzoni nell’album sono collegate a tue esperienze personali? Si sente che esprimono qualcosa che hai particolarmente a cuore.
È un album sull’abbandono, inteso come lasciare qualcuno, rimanere soli. Parla di me e di alcune mie esperienze di vita. Il fare musica secondo me è più che altro esprimere qualcosa di molto personale. Questo disco è stato pubblicato nel settembre del 2013 ma era pronto a gennaio del 2011, diciamo. L’ho fatto per me perché ne sentivo il bisogno. L’ho ascoltato e tenuto finché qualcuno mi ha detto “fallo uscire” oppure “ma perché non lo fai uscire?” e alla fine è stato così.
Quindi questo disco parla solo di te? L’abbandono a cui ti riferisci è qualcosa di vissuto personalmente?
Se proprio vogliamo dirla tutta penso che ultimamente siamo tutti un po’ più soli rimanendo a casa attaccati al computer. Sempre connessi. Hai un sacco di amici, senti molte persone, ma magari resti a casa tutto il giorno. Non la incontri molta gente. Ma il tema principale dell’album è proprio essere lasciati soli, per un motivo o per un altro.
Come Felpa hai fatto anche una cover di Come Vera Nabokov de I Cani. Come mai questa scelta?
Sono amico di Nicolò e ho sempre apprezzato il suo lavoro, il primo disco meno dell’ultimo, che è molto più interessante, secondo me, come soluzioni di arrangiamenti e testi. Il disco l’ha prodotto Enrico che suona con me negli Offlaga Disco Pax, quindi ho avuto modo di sentirlo prima che uscisse. Quest’album mi ha colpito e mi ha dato una parvenza più di senso cantautorale rispetto alle cose che faceva in precedenza che erano pop o elettroniche. Le canzoni sono più intime, anche come testi. Gli ho chiesto se gli potessi fare una cover e lui ha acconsentito. Ci trovo molte cose che in passato sperimentai anche io, magari in maniera minore, però…
Nelle tue canzoni si nota una certa malinconia che viene ripetuta quasi con insistenza, musicalmente parlando. Sembra quasi un sottofondo che accompagna tutto quello che abbiamo detto prima, mi sbaglio?
No, non sbagli. Sono più interessato all’atmosfera che si crea rispetto ai testi che ho sempre lasciato in secondo piano. Ciò non toglie che il testo e la musica debbano avere un senso, deve esserci un richiamo e non bisogna farlo tanto per fare. Penso che l’atmosfera debba necessariamente riconoscersi nei vari testi.
Nella tua biografia c’è questa tua descrizione. Cito: “Felpa nasce un po’ per caso, era un bisogno che andava assecondato… Felpa era un’esigenza… Felpa è un prodotto biografico… Felpa è un sacco di cose… Felpa per quanto ne so è Daniele.”
Come mai la terza persona?
Perché non avrei voluto scrivere io una biografia su me stesso e quindi ho finto che ne parlasse qualcun altro.
Quindi l’ha scritta qualcun altro che è sempre all’interno di te?
Sì, però c’è da dire che non essendo un progetto solista nel senso lato del termine non mi va di mettermi in prima persona col mio nome a parlare di me. Felpa diventa quindi un gruppo, come se tre persone parlassero del proprio progetto. Non ci sono manie di protagonismo, eh!
Pagina facebook di FELPA
Di Eleonora Vasques
La Calzoleria
La Calzoleria apre il portoncino di via Prenestina 28 a the Freak. Il luogo dove per anni ha vissuto e lavorato uno dei migliori calzolai di Roma, da aprile 2012 si è trasformato in un Circolo di promozione sociale. Un ambiente dal gusto retrò ma che ospita l’arte in tutte le sue forme, un luogo in cui assistere a rassegne di musica accompagnate da esposizioni di artisti emergenti, assaggiando birra o degustando del buon vino. Ma soprattutto, una volta aperto il portoncino, La Calzoleria si presenta da sola perché “ogni scarpa è una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo”.