Sono partito di buon mattino, il passo leggero, riposato. Sto bene. Mi aspetta Corbridge, antica città romana sulla strada che porta a ovest, fino a Carlisle.
Oggi né l'orologio né la distanza impongono i loro consueti diktat. E nemmeno le condizioni meteorologiche, benché il sole di ieri sia solo un ricordo. Si respira una singolare sensazione di libertà, che forse ha a che vedere proprio con la scelta del movimento lento, che conta solo sulle proprie forze.
Camminando faccio giustizia. E tanti saluti agli spot delle automobili.
Avete presente? Modelli nuovi fiammanti che scivolano lungo nastri di asfalto come palle di biliardo. Suv che manca poco si librano in aria. Navigatore satellitare e corsa libera, potenza e relax, tanto mai che ci sia nessuno davanti e nemmeno dietro, mai che capiti un ingorgo, una buca, una strada interrotta, un clacson che proclama la sopraggiunta crisi isterica.
Sono ovunque, ce li infliggono ovunque. Ma io sono qui e ho il mio tempo. Non gli appartengo più, al tempo. Sarà che posso prescindere dai miei anni, dalla mia epoca. Non più automobilista. Semmai pellegrino, a modo mio. Senza cercare un santuario, senza puntare a un'indulgenza.
Pellegrino: parola di altri secoli. Pellegrino cioè peregrino, dal latino per agros, per i campi– in qualche modo i romani lo zampino lo lasciano sempre, se non altro con le etimologie.
Per i campi, cioè fuori dalle città. Che significa anche fuori dal tempo delle città. È questo, il pellegrinaggio.
Tempo fuori dell'ordinario, tempo stralciato per ritrovare se stessi o ascoltare altre voci, che non siano il rombo dei motori, il brusio della folla.
(da Paolo Ciampi, La strada delle legioni, Mursia)