Si chiama trifulau ed è il raccoglitore di tartufi, trifule in piemontese, che cerca con l’aiuto del tabui, il suo cane. Sembra uno scioglilingua, ma queste poche parole rappresentano uno tra i mestieri più affascinanti del mondo circondato da quell’alone di mistero che solo la natura sa conferire.
Il trifulau Marco con Dina. Dal progetto La Morra ci mette la faccia.
Vivere l’emozione di andar per tartufi è infatti una di quelle esperienze da provare assolutamente e qui in Piemonte c’è anche chi organizza delle ricerche del pregiato tubero sia diurne che notturne. Immergersi nel panorama delle colline di Langa e Monferrato tra paesaggi e tradizioni legate al mondo del tartufo non è poi così difficile, basta scegliere la stagione adatta: da gennaio a marzo per il tartufo nero invernale, da maggio a settembre per il tartufo nero estivo, da settembre a dicembre per il pregiato tartufo bianco. E così un viaggio tra i boschi, nelle tartufaie naturali, con la ricerca diretta insieme al trifulau e al suo cane sembrerà quasi un sogno. In effetti è proprio il tabui il protagonista diretto di questo lavoro, tant’è che anni fa, a Roddi, esisteva l’Università dei cani da tartufo che accoglieva solo cani di razza bastarda e con meno di otto mesi di età. È lui che, caratterizzato da un fiuto finissimo e addestrato a riconoscerne l’aroma, individua il tartufo nel bosco e consente al cercatore di individuare il luogo esatto da cui estrarlo delicatamente con un apposito zappino (sapin) o direttamente con le mani per evitare di danneggiarlo.
Al mondo esistono sessantatre specie di tartufi, di cui venticinque in Italia e tra quelle maggiormente conosciute ci sono il Tuber magnatum Pico (Tartufo Bianco d’Alba o d’Acqualagna o bianco pregiato), il Tuber melanosporum Vitt. (Tartufo nero di Norcia o nero pregiato), Tuber aestivum Vitt. (Scorzone), Tuber Borchii Vitt. (Bianchetto o Marzuolo), Tuber brumale Vitt. (Invernale), Tuber macrosporum Vitt. (Nero Liscio). E se i terreni e le ambientazioni climatiche costituiscono uno dei fattori che differenziano tra loro i tartufi, esistono anche piante simbionti a seconda delle specie: tra quelle da tartufo bianco ci sono Farnia, Cerro, Rovere, Pioppo, Tiglio, Salice e Nocciolo, mentre le piante da tartufo nero annoverano anche il Leccio e il Cisto.
Foto tratta dal sito langhe.uscire.net
Prodotto tipico delle colline del Sud Piemonte, il tartufo ha un ineguagliabile valore enogastronomico oltre che economico e già nel Settecento la trifula piemontese era considerata un alimento tra i più prelibati presso tutte le corti europee: addirittura il musicista Gioacchino Rossini lo definì “il Mozart dei funghi”. E se non è possibile accertare la presenza del tartufo tra le popolazioni di Sumeri ed Ebrei, è invece certo il suo consumo tra i romani che lo chiamavano semplicemente Tuber. A partire dal I secolo d.C. si diffuse anche l’idea che il tartufo fosse nato da un’azione combinata di acqua, calore e fulmini e lo stesso Giovenale spiegò la sua origine come frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia. E poiché il padre degli dei era conosciuto anche per la sua focosa attività sessuale, al tartufo sono sempre state riconosciute misteriose qualità afrodisiache.