Autrice: Donatella Perullo Edito da: Butterfly Edizioni Data di pubblicazione: Ottobre 2014 Numero di pagine: 284 Prezzo di copertina: 14 euro
Trama:
Immaginate una realtà in cui la civiltà sia divisa in tre regni: Il regno delle sette terre, abitato dai mortali che sono definiti incompleti per via della loro caducità, il regno di Fomoria, abitato da esseri immortali privi di sentimenti positivi e il regno di Elidoria, abitato da esseri fatati benevoli.
La protagonista, Roswita, è l’ultima primogenita incompleta nata nell’anno nel quale, secondo una rivelazione della Creatrice, nascerà la predestinata in grado di sconfiggere la terribile Irmin, principessa del regno del male e sposa di Felmasio, re degli incompleti. Per questo motivo Irmin ha ordinato l’uccisione di tutte le primogenite nate in quell’anno. Roswita è dunque destinata a essere assassinata poco dopo la nascita, ma è salvata da Iosò, una misteriosa anziana che la porta via con sé e la tiene nascosta nel bosco, lontana da tutti, per prepararla al destino che la attende. La ragazza cresce serena e inconsapevole. Raggiunge l’adolescenza senza avere sentore di quello che è il suo destino, fin quando un giorno per puro caso, s’imbatte in un giovane che la colpisce dritta al cuore. È Fredric dei Noctiluca, principe cadetto, figlio di Felmasio e di Irmin. Qui ha inizio un susseguirsi di eventi magici, emozionanti e drammatici che stravolgeranno la vita dei protagonisti e porteranno Roswita a combattere per il proprio amore e per la salvezza della razza incompleta. Eventi che le riveleranno la verità sulla propria nascita e sul proprio destino, costringendola a prendere coscienza di sé e a rinunciare alla propria fanciullezza e alla propria innocenza.
****** La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare? Ebbene sì, lo ammetto! Adoro mangiare bene e amo cucinare. Lo fa per dovere o per piacere? Dipende, in genere è sempre un piacere cucinare, soprattutto farlo per le persone che amo. Mi piace leggere sui loro volti le espressioni di piacere nello scoprire che ho preparato per loro i piatti che prediligono. Ci sono anche volte, però, in cui ho alte priorità. In quei casi, qualsiasi cosa passa in secondo piano, anche la cucina, allora mi dedico a piatti veloci che diano buoni risultati senza rubare troppo tempo. Invita spesso amici a casa o è ospite di altri? Non invito spessissimo gli amici, non per mancanza di volontà, piuttosto di tempo. I giorni infrasettimanali sono strapieni d’impegni sia per la mia famiglia sia per quelle dei miei amici, il tempo libero si riduce a quello dei fine settimana durante i quali ci incontriamo tutti con piacere, ma è più per stare insieme che per dedicarci a cene vere e proprie. Gli inviti per eccellenza li faccio durante le festività, soprattutto quelle natalizie, allora con tante persone cui dedicarmi mi sbizzarrisco a creare cene e pranzi ricchi di tradizione, ma anche di fantasia e soprattutto amore. Ha mai conquistato un uomo cucinando? Se l’ho fatto, non me ne sono resa conto! Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai fornelli? Certo, ma avrei difficoltà a sopportare un compagno che amasse troppo stare ai fornelli. Sono gelosa della mia cucina e di tutti gli strumenti che ho scelto con attenzione, non credo sarei felice di continue intromissioni del partner in un territorio che considero mio. Quando ha scoperto questa sua passione? Ero piccolissima, avevo sette o otto anni. Durante il periodo estivo trascorrevo lunghi periodi a casa di mia nonna e mia zia e lì trascorrevo ore a imparare da loro i segreti della cucina tradizionale, quella verace, che nutre gli occhi e il cuore prima dello stomaco. Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? Uno dei primi ricordi è legato a quando avevo poco più di tre anni. Avevo la tosse convulsiva e in quei giorni mangiavo poco o niente. Essendo già mingherlina di costituzione, i miei genitori si preoccupavano molto dei miei digiuni. Così il mio papà tutti i pomeriggi, appena tornato dal lavoro, mi portava al Boschetto di Capodimonte (un’oasi verde sulle colline napoletane, ormai distrutta dall'edilizia feroce della fine degli anni settanta), e trascorreva ore a imboccarmi e farmi giocare. Tornavamo a casa solo quando lui era sicuro che avessi mangiato abbastanza. Ancora ho il ricordo nitido ed emozionante di quei pomeriggi di pasta, mozzarelle, prati e ginestre. Ha un piatto che ama e uno che detesta? Ho tanti piatti che preferisco, uno è di sicuro il risotto con i funghi. Ne ho anche una bella lista di pietanze che detesto e sono tutti piatti eccessivamente conditi, dai sapori forti e manipolati. Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? Non c’è un colore specifico, in genere è più un determinato tipo di consistenza o condimento a disgustarmi. Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere? Non si può parlare di rito scaramantico. Quando sono in fase creativa, però sono assalita da una sorta di frenesia che mi spinge a sgranocchiare o sorseggiare qualcosa. Così cerco di non farmi mancare cibi che mi tengano impegnata a lungo senza appesantirmi, ma non ci riesco sempre…allora eccomi affiancata da bicchieroni di yogurt, succosi frutti di stagione o, lo confesso, enormi scodelle di popcorn. Scrive mai in cucina?
No, la cucina non è un ambiente che favorisce la mia vena creativa, troppe distrazioni.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Ho il mio angolo per scrivere, un piccolo scrittoio in un angolo del salotto. È lì che riesco a isolarmi dal mondo e lo faccio soprattutto di mattina quando sono sola e posso dedicarmi a me stessa e alla mia passione. Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? Non compro mai cibo pronto, e neanche cibi surgelati e pronti da infornare. Quando sono molto presa dalla scrittura, sento comunque la responsabilità di occuparmi della mia famiglia e allora lo faccio preparando cibi veloci e naturali, che mi portino via poco tempo senza detrarre però qualità alla tavola. Preparare uno spaghetto al pomodoro fresco aromatizzato con basilico, ruba poco più di un quarto d’ora compresa la cottura della pasta ed è molto più salutare di un tramezzino o un cibo precotto. La pizza poi, se non la mangio in pizzeria, la preparo io e anche quello è uno dei piatti veloci che mi aiutano molto durante i periodi di massimo impegno creativo. Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Sempre salato, non amo i dolci tranne rare eccezioni come la torta Margherita o il tortino al
cioccolato con fondente, ma rigorosamente fatti in casa.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? Quando ero piccola, gli adulti davano per scontato che adorassi caramelle e cioccolatini. Come ho detto, però, non ho mai prediletto i sapori dolci, ma allo stesso tempo non avevo cuore di rifiutare quei doni per non dare un dispiacere a chi me li offriva nella convinzione di farmi piacere. Così accettavo, ringraziavo compita e correvo a nascondere tutto nei posti più impensati. Ci sono stati casi in cui i padroni di casa hanno ritrovato dopo molto tempo, cioccolatini sciolti sotto i cuscini dei divani o caramelle dietro lavatrici o frigoriferi, assaltate da orde di formiche. Beh, quelle persone impararono a non offrirmi più dolciumi. Lei è in prevalenza uno scrittore di fantasy e narrativa ma l’estro la spinge anche ad avvicinarsi a generi diversi. Quando esce a cena con i suoi figli, o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie (o la sua compagna, marito, ecc)? Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale? Preferisco sempre locali in cui mi facciano sentire a mio agio. Son abitudinaria e scelgo quelli dove conosco il personale, sono trattata con familiarità e professionalità e dove servano cibo di qualità. La mia famiglia condivide questo mio modo di pensare e predilige i miei stessi locali, per cui scegliamo insieme dove andare. Quando vado con gli amici, invece, mi limito a suggerire, ma poi lascio la decisione alla maggioranza. Finora non mi è mai capitato di festeggiare una pubblicazione. L’uscita di diversi racconti in antologie anche di prestigio, l’ho vissuta come una bella esperienza ma la scaramanzia mi ha trattenuta dal festeggiare. Ora che sono giunta all’uscita del mio primo romanzo, ho quasi paura e vivo questa esperienza più come un punto di partenza che di arrivo. Di sicuro quindi brinderò a questa bellissima esperienza, ma lo farò in famiglia e molto probabilmente tra le mura domestiche.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo? Non ho ancora affrontato l’esperienza di una presentazione, ma credo che gestirò la cosa di volta in volta. Ci saranno presentazioni che richiederanno la piacevole consuetudine dell’offerta di un buffet o di un aperitivo, altre invece dove sarebbe addirittura sconveniente farlo. Tutto dipenderà dal tipo di pubblico, dall’orario della presentazione ma soprattutto dalla location.
Ha mai usato il cibo in qualche storia? Sì, spesso. In diversi miei racconti ho dato rilevanza al cibo.
Ad esempio in “Lacrime d’Ametista” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Il cibo è mai co-protagonista? Sì in “Lacrime d’Ametista” ci sono diversi passi che riportano al cibo. Come persone reali, i protagonisti dormono, si risvegliano, amano, discutono, insomma vivono ed è inevitabile che si ritrovino a volte a preparare pietanze o a condividere la mensa. Più volte il cibo è riconosciuto come elemento di aggregazione, ma anche, così come avviene nella vita reale, utilizzato come gesto di affetto, di attenzione nei confronti di chi si ama. “Lacrime d’Ametista” a che ricetta lo legherebbe, e perché? Non ho dubbi, l’unico dolce che io ami davvero: Il tortino al cioccolato con cuore fondente. Immaginate un piatto dal colore vivace, sul quale sia adagiato un tortino scuro, piccolo gioiello culinario affiancato da un ciuffo di panna montata e spolverato di delicato zucchero a velo aromatizzato alla vaniglia. Un boccone delicato ma al contempo corposo, scuro come la cioccolata più nera, caldo come l’inferno ma amabile come il paradiso. Una creazione dolce e amara allo stesso tempo. Un cuore pulsante d’energia, dal guscio consistente, all’apparenza consueto, ma che nasconde sorprese strabilianti. Ecco così vedo “Lacrime d’Ametista” come un piccolo scrigno all’apparenza consueto, ma che riserva sorprese ed emozioni inaspettate.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio? Ci sono diverse ricette che mi vengono in mente e sono tutte salate, ma preferisco rimanere in tema e darvi proprio la mia ricetta del tortino al cioccolato con cuore fondente.
TORTINO CON CUORE FONDENTE Ingredienti per 4 tortini 100 gr di burro 100 gr di cioccolato fondente tritato 60 gr di zucchero 2 uova 20 gr di farina Panna montata e zucchero a velo per decorare
Preparazione: Ungete 4 stampini con poco burro, infarinateli e metteteli nel freezer. Fate fondere il cioccolato a bagnomaria, togliete dal fuoco e, battendo con una frusta, aggiungete il butto rimasto e lo zucchero. Quando avrete ottenuto un composto omogeneo e cremoso, incorporate le uova una alla volta: ossia aggiungete il secondo quando il primo sarà completamente assorbito. Infine aggiungete la farina. Mescolate, versate il composto nei quattro stampini, copriteli con la pellicola alimentare e riponeteli nel freezer. Dopo due ore eliminate la pellicola e mettete gli stampini in forno preriscaldato a 200° per circa dieci minuti. Capovolgete gli stampini in un piatto da dessert e decorate con la panna e lo zucchero a velo.
Quale complimento le piace di più come cuoco? Il piatto vuoto e la richiesta di averne una seconda porzione. E come scrittore? Come autrice i complimenti che mi piacciono sono quelli spontanei, dettati dall’entusiasmo del momento e dalle emozioni che sono riuscita a trasmettere con la mia scrittura. Parlando di Lacrime d’Ametista, più di una lettrice mi ha detto che “provoca crisi di astinenza”. Questo è senza dubbio il più bel complimento che mi potessi aspettare.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? Giacché si parla di cucina e di cibo, mi viene da pensare a un racconto che ho scritto qualche tempo fa e che è stato pubblicato in un’antologia. Parlo de “I crocchè di nonna Ottavia”, una brevissima novella dedicata alla mia nonna materna e ai suoi squisiti crocchè, che preparava per mio padre, mio fratello e me, la domenica, quando tornavamo dallo stadio. La frase in particolare cui ho pensato è questa: “La tavola è apparecchiata, tutto è pronto. Sul vassoio ci sono loro, caldi, croccanti e dal cuore soffice. I crocchè di nonna Ottavia, sono il premio dopo ogni partita. Sono la consolazione dopo la sconfitta, l’esplosione di gioia dopo la vittoria. Una certezza che non può mancare. Crema di patate con imbottitura di prosciutto cotto e provola. Nonna li passa nella farina e poi nel bianco d’uovo così che non si spacchino durante la frittura. Sono unici, inimitabili e resteranno sempre nel mio cuore, come nonna Ottavia e come il Napoli di Maradona.” Vorrei però salutarvi con una frase di “Lacrime d’Ametista”, un pensiero breve che rispecchia in pieno il momento che sto vivendo. Dopo anni di speranze e lavoro, eccomi in procinto dell’esordio di un mio romanzo, un’opera in cui credo molto e che amo profondamente. Ho sognato a lungo questo momento e spero che la realizzazione di questo desiderio si trasformi in una piacevole avventura. La pubblicazione di “Lacrime d’Ametista” è Un sogno che si tramuta in realtà e che mi fa pensare a uno dei miei personaggi, re Felmasio, che in una scena sospira: «I sogni sono quanto di più vicino esista alla realizzazione dei desideri». Oggi posso dire che è proprio così.
Grazie per la sua disponibilità Grazie a lei per avermi accolta nel suo salotto!