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IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Luca Tom Billotta, Biografia Arancio Sangue.

Da Gnoma

Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins
Ricominciamo con le interviste in cucina, che tanto piacciono ai lettori. Stavolta non abbiamo un grande cuoco, ma probabilmente un bravo scrittore a cui piace mangiare. Peccato che assomigli a un grande chef! Indovinate chi? Sarà lui in incognito?
IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Luca Tom Billotta, Biografia Arancio Sangue.
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Luca Tom Bilotta  di “Biografia Arancio Sangue”, thriller vincitore del premio internazionale “I Nuovi Autori 2013” per averci aperto la porta della sua cucina. Il suo primo thriller, prossimo alla pubblicazione per dicembre 2013/gennaio 2014 con una nuova casa editrice il cui nome è ancora top secret per scaramanzia (ma già on-line in edizione limitata e non ancora editata, per la vittoria del concorso citato in precedenza link: http://lucatombilotta.me/compralo-subito/), si può definire “un libro nel libro”. Il racconto di un giovane giornalista italo-canadese incaricato di realizzare una biografia su commissione, che lo porterà a scoprire complotti farmaceutici ed intrighi internazionali legati alla guerra in Vietnam con il prodotto defogliante “Agente Arancio”. Ovviamente senza dimenticare i numerosi morti sparsi fra Milano e San Francisco, cinque omicidi che dovrà risolvere per salvarsi la vita. Una vera corsa contro il tempo, dal finale decisamente particolare.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare? “Assolutamente sì, del resto a chi non piace mangiare bene. Personalmente sono un cultore del cibo in generale, ma non amo particolarmente cucinare. Diciamo che ho altre doti, non quelle degli chef…”.
Lo fa per dovere o per piacere? “Cucino per piacere, o meglio cerco d’imparare a farlo per diventare un provetto cuoco in compagnia. Per adesso, però, sono davvero scarso!”
Invita amici o è più spesso invitato? “Ovviamente più invitato, ma in futuro saprò sdebitarmi. Lo dico sempre ai miei amici, credo che oramai abbiano perso la speranza”.
Ha mai conquistato amici o una donna cucinando? “Sinceramente no, ma conto di poterlo fare a breve. Per adesso mi sono limitato ad invitare a cena in un buon ristorante, per conquistare la simpatia di amici o l’interesse di una donna”.
Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli? “Se c’è amore c’è speranza, pure in cucina”.
Quando ha scoperto questa sua passione? “Per il mangiare bene fin da piccolo, con gli omogeneizzati e i biscotti Plasmon. Crescendo mi sono evoluto anche nel palato, ovviamente, mentre per la cucina - nel senso di cucinare - da pochissimo: diciamo da qualche mese a questa parte, grazie ad un amico che mi ha fatto capire quanto sia bello cucinare per le persone in compagnia”.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? “I pranzi domenicali dalla nonna materna, una goduria. Da lì ho capito le mie reali intenzioni a tavola: essere onnivoro!”
Ha un piatto che ama e uno che detesta? “Spaghetti allo scoglio, mentre odio le barbabietole lesse”.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? “Ovviamente il porpora delle barbabietole”.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere? “Il caffè pomeridiano, di solito verso le 16.30. Spezza la creatività, ma permette di riflettere sui passaggi scritti precedentemente”.
Scrive mai in cucina? “A volte sì, sviluppa la creatività per alcune fasi della narrazione. Ma solo poche volte devo essere sincero”.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale? “Solitamente nel mio studio, in casa. Considerando che scrivo per professione, cerco di condurre una vita regolare. Quindi gli orari sono simili a quelli d’ufficio, ovvero mattina e pomeriggio. Ovviamente se non ho altri impegni come interviste, eventi o altro. In quel caso scrivo anche di notte. L’importante è scrivere sempre, almeno qualche pagina al giorno per non perdere il ritmo”.
 Quindi, come tutti i veri scrittori, si impone una certa disciplina. Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? “Assolutamente no. Anche perché cucinare un piatto di pasta è molto più veloce che infornare nel microonde un surgelato”.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? “Sempre salato. Direi un pezzo di focaccia ligure, ma anche un piatto di spaghetti come dicevo prima…”.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? “Sinceramente? Il mio primo incontro letterario - come ghostwriter - si è svolto a pranzo, in un ristorante di classe. Mi ricordo la frittura di pesce: esagerata dalla bontà, come nelle dimensioni dei calamari. Giganti, quasi mi strozzavo!”.
Lei è uno scrittore di gialli/thriller quando esce a cena con gli amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con la sua compagna? “Con gli amici o con la compagna la risposta è univoca: principalmente sushi. Anche se un po’ di pesce cucinato alla Mediterranea ogni tanto non guasta, un bel piatto di spaghetti allo scoglio ad esempio… Giusto per non essere ripetitivi!”
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale? “Beh, in questo caso la prima cosa da ordinare è una buona bottiglia di vino! Champagne o bianco, tipo una Falanghina o Aglianico del Vulture. Poi crudité di pesce sono imprescindibili… Adoro i gamberi rossi di Sicilia, li mangerei all’infinito”.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo? “Se c’è l’opportunità meglio offrire qualcosa di completo, non dico un pasto ma indubbiamente la mente e il palato devono viaggiare su binari paralleli, quindi…”
Ha mai usato il cibo in qualche storia? Ad esempio in  “Biografia Arancio Sangue” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Il cibo è mai protagonista? “In tre occasioni si parla di cibo. E in due casi è parte integrante della narrazione: l’incontro di lavoro fra Joe Brigati (il protagonista, giornalista e scrittore) e la committente della biografia su commissione (Jennifer Rodriguez, modella argentina) avviene in un ristorante di lusso davanti ad un piatto di pesce. Da lì partirà la trama… Stessa sorte in un’altra occasione. Infine, verso la fine del libro, quando Joe è a San Francisco,  non poteva mancare un bell’hamburger all’americana! Ma in quel caso, il protagonista è solo affamato: il cibo non è protagonista della situazione narrativa”.
“Biografia Arancio Sangue” a che ricetta lo legherebbe, e perché? “Ricetta? Direi ossibuchi con polenta, tipico piatto bergamasco. Perché seppur duro per l’osso (degli ossibuchi) e per la digestione di chi lo assaggia (in dosi elevate si rischia l’arresto cardiaco!), a chi piace il genere - come per i thriller - il risultato è garantito: morbido alla fine del piatto, o del romanzo. Un libro deve soddisfare e far riflettere, no?”.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio? “Qui andiamo sul difficile… Devo proprio? Allora, direi la pizza. Ma qui, come tutti immaginerete, è semplicissimo farla e la ricetta è soggettiva in base ai gusti e agli ingredienti da metterci sopra. Eppure nessuno sa che l’acqua ha la sua componente fondamentale: quando la preparo, preferisco utilizzare nell’impasto una bottiglia di naturale minerale. Non quella del rubinetto… Sembra una sciocchezza, ma vedrete che è tutto diverso…” Grazie per il suo consiglio. Quale complimento le piace di più come cuoco? “Temevo peggio! Diciamo che quando me lo dicono, mi conforta. Almeno non ho sulla coscienza una persona amica!”
E come scrittore? “Quando i miei lettori dicono: ho letto il tuo libro in pochissimi giorni, non riuscivo a staccarmi! Questo è un grande complimento!”.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? “In “Biografia Arancio Sangue” ci sono tanti aneddoti o modi di dire popolari. Ad uno in particolare, frutto della mia inventiva, sono legato: "La grandezza di un uomo non la si valuta per le mirabolanti azioni compiute in vita. Bensì dalla quantità di compromessi che ha alle spalle”. Del resto tutti hanno i propri scheletri nell’armadio, no? Ecco, chi riesce ad ottenere grandi successi con il minor numero di compromessi è un grande uomo o una grande donna”.
Grazie per la sua disponibilità   “Grazie a voi dell’opportunità e un saluto a tutti i vostri lettori!”.       


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