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IN CUCINA CON LO SCRITTORE Maria Lidia Petrulli, Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013

Da Gnoma

Interviste culinarie di Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Maria Lidia Petrulli,  Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013, per averci aperto la porta della sua cucina. IN CUCINA CON LO SCRITTORE Maria Lidia Petrulli, Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013  Il Volto Segreto di Gaia è il primo libro di una trilogia di fantascienza. È ambientato in un futuro in cui l’uomo ha rotto gli equilibri della natura con l’utilizzo sfrenato di una tecnologia portata agli estremi, ha modificato e reinventato se stesso agendo sul corredo genetico con tecniche estremamente avanzate, ha creato nuove specie. In questo scenario la Terra, Gaia, si oppone alla sopravvivenza dell’uomo stesso rendendo ostile l’ambiente. IN CUCINA CON LO SCRITTORE Maria Lidia Petrulli, Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013 Ma da qualche parte su Gaia, le sfere di luce portate dal corvo, (leggenda inuit), richiamano dallo spazio infinito gli ybridis provenienti da Artan: su quel lontano pianeta, l’ipocondria che affligge gli umani ha raggiunto livelli talmente patologici che l’uomo rischia di estinguersi, dopo che anche gli ybridis hanno sfiorato l’estinzione rifugiandosi nel Mondo Fuori dal Tempo per sfuggire alla morte. Su Gaia, intanto, un clone sfuggito ai “creatori” sogna di tornare a essere libero, mentre una creatura cresciuta nel “Mondo Azzurro”, contiene in sé tutto lo scibile accumulato nel corso delle ere. Mondi diversi di incontrano per dare inizio a qualcosa di nuovo.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare? Comincio con “se mi piace mangiare bene”, dipende da quel che s’intende; adoro mangiare cose semplici, magari con un pizzico di esotico, come quelle grandi insalate che sono un misto di verdure, pesce o carne, e frutta secca, trovo affascinante mescolare i sapori salati e dolci. Le pietanze elaborate, invece, con creme, besciamelle o sughi stracotti, diciamo che non sono il mio forte. E mi piace cucinare nello stesso senso, piccole cose che non mi stancano, e possibilmente senza passare davanti ai fornelli l’intera giornata: ho limiti di sopportazione molto bassi.
Lo fa per dovere o per piacere? Con così poco tempo a disposizione, finisco col cucinare per sopravvivenza, ma cerco sempre di attenermi alle mie regole, di coccolarmi un poco anche con ricettine rapide ma che mi diano soddisfazione, insomma, il classico panino prosciutto, pomodoro e mozzarella, lo lascio per quando sono in transito verso l’Italia e non ho voglia di andare in ristorante.
 Invita amici o è più spesso invitato? Mi piace invitare gli amici, stare insieme a parlare di tutto e di niente intorno a piccole sane leccornie, ma il fine è stare insieme, non il cibo in sé. Naturalmente mi piace anche essere invitata.
 Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando? A questo proposito ho da raccontare un episodio davvero divertente, io e mio marito ci ridiamo ancora. C’eravamo conosciuti da poco, c’era già quel non so ché che poi ci portò a continuare la nostra storia sino al matrimonio, e io lo invitai a cena un giorno a casa mia, per l’occasione sfoderai l’idea di fargli un dolce di castagne, con la farina di castagne. Lui poverino non disse niente ma era immangiabile, non so cosa avessi sbagliato, ma ne era venuta fuori una massa gelatinosa e disgustosa. In silenzio mandammo giù i bocconi, poi ci guardammo e scoppiammo a ridere, la storia è diventata una specie di aneddoto da raccontare agli amici quando si rispolverano i ricordi.
Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli? Non è di grande importanza il fatto che sia bravo o meno ai fornelli, mio marito è un eccezionale conoscitore di funghi e li prepara divinamente, tra l’altro se la cava piuttosto bene anche nell’invenzione di intrugli vari: gli piace sperimentare… talvolta l’esito è imprevedibile. Ma anche se non sapesse fare proprio niente, non lo cambierei per nulla al mondo.
Quando ha scoperto questa sua passione? La passione per la cucina è iniziata quand’ero adolescente, quando ho scoperto di adorare le torte fatte in casa e ho cominciato a farle: solo se i miei erano in vacanza sennò la cucina era un luogo proibito.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? Da piccolissima rifiutavo di mangiare il pane insieme alla pasta, alla carne o a qualsiasi altra cosa non fosse sughetti o pomodori, cosa che faccio a tutt’oggi, e mia nonna che dice: vuol dire che la picciridda non ne ha bisogno, lasciala fare come vuole.
Ha un piatto che ama e uno che detesta? Mangio pressoché tutto, ma non fatemi neanche odorare un cetriolo perché divento una furia, una pietanza che mi piace: una deliziosa torta alle noci fatta in casa.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? Adoro tutti i colori, tranne un eccesso di nero, ma nessuna idiosincrasia legata a colori e cibo: mi piace per esempio il riso nero della Camargue.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere? In genere quando scrivo dimentico tutto il resto, anche di bere, non ho riti propiziatori, il caffè non lo prendo mai, il tè deteinato, qualche volta.
Scrive mai in cucina? No, non mi capita mai tranne da quando sto in Francia visto che cucina e salottino sono un tutt’uno.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale? Preferisco scrivere nella mia stanzetta che pullula di elfi, fate, candele e streghe oppure in giardino; da quando sono in Francia, nei miei 40 metri quadri, scrivo davanti alla finestra, con le colline coperte dai boschi e gli uccelli che sfrecciano da tutte le parti. Scriverei volentieri nel giardinetto, ma bisogna aspettare che faccia caldo: il clima della Lozère è bipolare. Scrivo più volentieri la mattina ma riesco a farlo solo il fine settimana, per il resto mi arrangio col lavoro.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? Non compro quasi mai cibi pronti, a parte le pizze congelate di cui, strano ma vero, ho trovato una marca accettabile, anche se francese; preferisco cucinare, anzi, cucino di più perché se scrivo vuol dire che sto bene con me stessa, insomma, mi coccolo.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? Salato e dolce in parti eque.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? In effetti ho una storiella divertente concernente il cibo, oltre a quella del dolce di castagne, mi è stata raccontata perché è diventata oggetto di grasse risate nella mia famiglia. Dovevo avere all’incirca 4 anni e abitavo ancora a Roma, mio zio decide di portare la nipotina a fare una passeggiata a metà mattina, e la suddetta nipotina, io, si ferma davanti a una pasticceria e comincia a dire: «Voglio la pastarella, voglio la pastarella, mi compri la pastarella». Essendo quasi mezzogiorno, mio zio tenta di convincermi a desistere dalla richiesta perché ha paura che poi faccia storie a pranzo, e la sottoscritta nipotina frigna ancora più forte: «Voglio la pastarella, voglio la pastarella, brutto cattivo!» Faccio talmente tanto baccano che alcune signore si fermano e apostrofano mio zio: «Ma non si vergogna a non comprare una pastarella alla bambina?» E lo zio, all’epoca carabiniere a cavallo, ferito dalla vergogna per essere trattato da taccagno, entra e finalmente mi compra la pastarella. Usciamo. Io con la pastarella in mano. Lo guardo, tendo la manina e: «Prendila, io non la voglio più». Mio zio se ne tornò mogio mogio a casa con la pastarella infamante in mano. Penso che, se non fosse stato il pezzo d’uomo che è ancora nonostante i suoi 89 anni, me l’avrebbe spiaccicata sulla faccia, e avrebbe avuto ragione.
Lei è uno scrittore di che genere? Quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale? Non sono una scrittrice di genere. Ho iniziato la mia carriera con il fantasy e la fantascienza, ma in questi ultimi anni sono affascinata dal mistery, dalle possibilità interpretative della realtà offerte dalla teoria dei quanti, ma anche da situazioni reali, anche drammatiche, che poi tendo a rielaborare a modo mio. Con gli amici o mio marito preferisco i locali genere trattoria, con cucina casalinga, e in genere ordino spaghetti con le vongole, un’orata oppure una bella bisteccona alla fiorentina, e magari un dolce di mele o una sebadas. In genere si va a festeggiare tutti insieme dopo una presentazione, che sia mia o di altri non fa differenza, insieme a Robero Alba e Luisa Cardia, coi quali c’è un’amicizia che, dal virtuale, è passata al reale.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo? Normalmente era la libreria che offre un buffet, un aperitivo semplice a base di vino, carta da musica, salsiccia e formaggio; una volta organizzò anche una presentazione in un ristorante dove avevamo mangiato benissimo e trascorso una piacevole serata, poi, con la crisi, si è dovuto tagliare qui e là.
Ha mai usato il cibo in qualche storia? Non ho mai scritto nulla che ruoti intorno al cibo, a parte il rapporto col cibo di un personaggio bulimico dell’ultimo romanzo che ho scritto, ma che non è quello appena pubblicato. Né i titoli dei miei romanzi hanno attinenza con pietanze o profumi. Il volto di Gaia a che ricetta lo legherebbe, e perché? Non è facile accostare Il Volto Segreto di Gaia a una pietanza, fammici pensare, mi viene in mente quello che qui in Francia viene chiamato “chausson”, un saccottone di pasta sfoglia all’interno del quale c’è un’abbondante composta di mele o pere oppure fragola, insomma, ne acquisti un bel vassoio e poi tiri a indovinare su quel che c’è dentro. Ti assicuro che sono ottimi, ne prendo sempre qualcuno quando torno a Cagliari: non sia mai che mi venga l’astinenza.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio? Non essendo una cuoca eccezionale non è che abbia ricette particolari, ma se devo scegliere, opterei per la salsa di peperoni e broccoletti con cui condire la pasta. RICETTASalsa di peperoni e broccoletti per pasta
Quantità eguali di peperoni e broccoletti. Si fanno lessare per bene i broccoletti in acqua salata e, dopo averli scolati, li si passa in padella con un poco d’olio d’oliva dove sono stati fatti imbiondire degli spicchi d’aglio privati del cuore. Una volta che sono ben cotti, schiacciarli con una forchetta sino a formare una sorta di crema. I peperoni vanno tagliati a pezzetti dopo aver tolto i semini e i cordini interni che non ricordo come si chiamano, quindi si fanno bollire in tegame con delle cipolle e aromi vari. Una volta ultimata la cottura si mette da parte il liquido e si passano al mixer, in genere io uso il frullino a immersione, pratico, veloce e non sporca, ottenendo così una bella crema che andrà o meno allungata col liquido di cottura messo da parte a seconda della consistenza. Prima del mixer aggiungere un bel ciuffo di basilico e frullarlo insieme. Quindi mescoliamo crema di peperoni e di broccoletti e la salsa è pronta. Una bella spolverata di parmigiano quando la pasta è cotta, e via.
Quale complimento le piace di più come cuoco? Non avendo fama di gran cuoca, quando mi sento dire “ma lo sai che è proprio buono?”, sono già al massimo del compiacimento.
E come scrittrice? Come scrittrice, quando alle tre del mattino mi è arrivato un sms che diceva: “l’ho appena finito, non potevo smettere di leggere, sono commosso”, mi sono sentita felice come mai perché quella persona mi aveva ascoltata. C’è differenza fra essere letti ed essere ascoltati.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? Da “Il Volto Segreto di Gaia” sceglierei questo passo: Le case erano disposte in semicerchio al limitare di uno spiazzo, incollate le une alle altre come soldati che avessero stretto i ranghi per meglio proteggersi dal nemico. La fronte di Elias si aggrottò per un attimo, “Forse il nemico lo coviamo qui, dentro di noi”.
Grazie per la sua disponibilità      Grazie a lei per un’intervista tanto originale e che permette alla persona di manifestarsi per quello che è, al di là dei soliti stereotipi.


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