Accolto in patria gelidamente dal pubblico e con durezza dalla critica, nelle sale cinematografiche italiane non arrivò mai, sebbene tra gli sceneggiatori figuri Roberto Rossellini e il soggetto sia tratto da I soldati conquistatori, testo teatrale originale scritto nel 1945 dall’antifascista Beniamino Joppolo, già responsabile, per l’autore di Roma città aperta, dello script di Vanina Vanini.
E, effettivamente, richiama nella messa in scena proprio il Neorealismo Les carabiniers,
che, datato 1963 e realizzato da Jean-Luc Godard, quindi, nello stesso anno de Il disprezzo, rientra tra i titoli meno noti appartenenti alla filmografia del maestro della Nouvelle Vague.Con l’esile idea di partenza riguardante i giovani Ulysse e Michel-Ange – ovvero Marino Masé e Patrice Moullet – che, dapprima riluttanti, decidono di arruolarsi per il Re lasciandosi convincere dalla promessa di ricchezza che l’esperienza militare sul campo gli consentirebbe, in quanto potranno tenere il bottino per se e compiere impunemente ogni tipo di brutalità, più che un film bellico una trasposizione in immagini della nozione di guerra.
Un lavoro decisamente atipico per il cineasta parigino, diverso dai suoi precedenti e successivi, in quanto tendente ad abbandonare il suo consueto linguaggio complesso per fare della semplicità la linea guida, in modo da seguire il pensiero del drammaturgo tedesco Bertold Brecht, secondo cui il realismo non consiste in come sono le cose vere, ma in come esse sono veramente.
Per questo, man mano che assistiamo alle scorrerie di guerriglia e ai saccheggi messi in atto dai due protagonisti, che inviano periodicamente cartoline a casa, la realtà non viene mostrata, ma evocata tramite le figure in un continuo alternarsi di scarne sequenze di finzione e filmati di repertorio riguardanti bombardamenti, stabili in fiamme e morti in decomposizione.
Scarne sequenze che, proprio a causa della rozza messa in scena, rivelano l’immancabile anticonformismo godardiano mirato a suggerire allo spettatore la linea che divide il mondo vero da quello artificiale che scorre sullo schermo.
Quello schermo in cui, durante la proiezione de Le bain de la femme du monde, l’ingenuo Michel-Ange tenta di entrare – con inevitabili, tragicomiche conseguenze – per poter osservare le nude forme della interprete non inquadrate dalla cinepresa.
Nel corso di un momento tanto divertente quanto geniale che, complici anche la fruizione di Un arrivo del treno del tutto simile allo storico cortometraggio dei fratelli Lumière e determinate scelte narrative quali il ricorso ai cartelli con didascalie rimandanti in maniera evidente ai tempi del muto, testimonia l’intenzione di conferire il look di vero e proprio omaggio alla Settima arte a quella che, in fin dei conti, potrebbe essere erroneamente intesa solo come riflessione in pellicola sulla violenza della civiltà occidentale.
È RaroVideo a riscoprirlo su supporto dvd – in versione originale sottotitolata in italiano – con un booklet incluso nella confezione ed interessante introduzione di Bruno Di Marino quale contenuto extra.
Francesco Lomuscio