[Traduzione di Alfredo Musto da: In Europe, the Strategic Importance of Algerian Natural Gas | Stratfor ]
Sommario
Sviluppare l’Algeria come uno dei principali esportatori di gas naturale è un imperativo economico e strategico per i paesi europei, poiché la produzione del Mar del Nord della commodity entrerà in definitivo declino nel prossimo decennio. L’Algeria è già un importante fornitore di energia per il continente, ma l’Europa avrà bisogno di espandere l’accesso al gas naturale per compensare il calo delle riserve interne. Con grandi riserve convenzionali e non convenzionali di gas naturale e le adatte infrastrutture di esportazione, l’Algeria appare pronta a succedere alla Norvegia come principale fornitore regionale di gas naturale dell’Europa.
Fino a poco tempo fa, però, Algeri è stata riluttante ad agevolare i grandi flussi di capitale tecnico e finanziario dell’Occidente necessari per aumentare la produzione di gas naturale ai livelli corrispondenti ai bisogni dell’Europa. E mentre il governo è diventato più ricettivo rispetto alla partecipazione estera in questi ultimi anni, i problemi di sicurezza evidenziati dalla crisi degli ostaggi di Ain Aminas raffredderanno almeno temporaneamente l’entusiasmo occidentale per gli investimenti in Algeria. Ma una stretta energetica europea si profila e altre opzioni sono carenti. Sono quindi prevedibili continui investimenti nel settore energetico algerino dall’Europa – così come i tentativi da parte dei paesi europei, in particolare la Francia, di stabilizzare la regione.
Analisi
Il Regno Unito e i Paesi Bassi, due dei tre tradizionali produttori di gas naturale del Mar del Nord, si suppone fermino le esportazioni della commodity quasi completamente prima della fine del decennio – il Regno Unito è già diventato un importatore netto. Le riserve della Norvegia sono più significative, il paese è il terzo più grande esportatore di gas naturale del mondo dopo Russia e Qatar, fornendo circa il 19 per cento del consumo annuo dell’Europa. Ma allo stesso modo le riserve norvegesi dovrebbero cominciare un rapido declino intorno al 2015.
La necessità di compensare il sopraggiungente declino della produzione norvegese è una grande preoccupazione per molti paesi europei, che non vogliono sconvolgere l’equilibrio nella diversificazione delle forniture di gas naturale. La crisi energetica tra Russia e Ucraina tra il 2006 e il 2009 ha reso i clienti UE diffidenti dall’affidarsi troppo pesantemente alla Russia per il gas naturale, sollecitando una serie di sforzi di diversificazione e di integrazione in Europa. Il mantenimento di un ruolo predominante nei mercati europei dell’energia è un imperativo politico ed economico per la Russia, e Mosca ha preso misure chiare ed efficaci per garantire l’affidabilità delle future forniture all’Europa – in particolare con la costruzione dei gasdotti Nord Stream e South Stream. Ma è improbabile che molte nazioni dell’Europa occidentale consentano alla Russia di fornire la maggior parte delle loro importazioni di gas naturale.
L’opzione migliore dell’Europa
Il problema per i paesi UE è la mancanza di prossime fonti sicure di gas naturale al di fuori della Russia. Il progetto del Corridoio Sud sostenuto dall’Ue, che trasporterebbe gas naturale in Europa dall’Azerbaijan (con eventuali ma improbabili piani di trasporto di gas da Turkmenistan, Iran e Iraq settentrionale), è stato ostacolato dai sempre più alti costi e dalla concorrenza del progetto South Stream. Il gas naturale liquefatto da produttori lontani in Medio Oriente o nel Pacifico meridionale è un’opzione, ma gli importatori avrebbero bisogno di superare ostacoli quali le alte spese di spedizione e la concorrenza dei consumatori asiatici.
Attualmente, l’Algeria si classifica come il terzo più grande fornitore di gas naturale per l’Unione europea, esportando un 10 per cento del suo consumo, soprattutto in Spagna, Italia, Francia e Regno Unito. Le infrastrutture del paese per l’esportazione sono altamente sviluppate e dispongono di due gasdotti sub-mediterranei e di tre treni per il gas naturale liquefatto, ciascuno con capacità di riserva. Inoltre, l’Algeria è stata disponibile a contratti di fornitura a lungo termine, che sono preferiti dagli stabili paesi europei che in genere preferiscono un blocco vantaggioso delle tariffe per lunghi periodi di tempo. Agli inizi del 2013, per esempio, la Spagna e l’Algeria hanno firmato un contratto supplementare di 18 anni per piccoli volumi di gas naturale.
L’Algeria è particolarmente importante come futuro fornitore per i paesi europei che si basano molto sulle riserve di gas del Mar del Nord. Ad esempio, la Francia riceve circa il 45 per cento della sua domanda da Norvegia e Paesi Bassi. Al contrario, le nazioni del Mediterraneo che già si basano molto sull’Algeria hanno meno interesse a sviluppare la produzione di gas del paese, dal momento che sono isolati dall’impatto del calo del Mare del Nord.
Gli ostacoli agli investimenti in Algeria
L’energia è la linfa vitale dell’economia algerina, pari al 36 per cento del PIL e circa il 60 per cento delle entrate del paese. Questo produce principalmente un tipo di greggio di alta qualità che è particolarmente ricercato per mischiarlo con altri. Le sue esportazioni di petrolio sono relativamente ben diversificate, così è improbabile che le fluttuazioni di produzione abbiano conseguenze di rilievo sui mercati regionali e globali. Con 4.500 miliardi di metri cubi stimati di gas naturale convenzionale, le riserve dell’Algeria sono le seconde più grandi in Africa dopo quelle della Nigeria e più del doppio in dimensione delle riserve norvegesi.
Il governo algerino stima che il paese ha anche riserve pari a circa 17000 miliardi di metri cubi di gas di scisto. Tuttavia, un lavoro esplorativo sulle riserve non convenzionali dell’Algeria è ancora preliminare e le sfide tecniche rimangono, in particolare la mancanza di acqua dolce necessaria per le tecniche avanzate di recupero e di fratturazione idraulica. Più problematico è il cattivo clima d’investimento in Algeria, che affligge in particolare i settori del petrolio e del gas naturale. La partecipazione straniera in Algeria ha subito un calo in gran parte a causa di politiche protezionistiche applicate dal governo militare fortemente nazionalista. Gli investimenti esteri sono rallentati durante la decennale guerra civile che è stata innescata dalla decisione dei militari di invalidare una vittoria parlamentare del 1992 da parte degli islamici. Lo stato di emergenza dell’Algeria non è stato revocato fino al 2009 e la guerra non è stata dichiarata finita se non nel 2011.
Negli ultimi anni, ci sono stati alcuni segnali di miglioramento in Algeria. Con la violenza interna sedata e le forze armate chiamate di meno a stabilizzare il paese, il governo del presidente algerino Abdel Aziz Bouteflika ha cominciato ad allentare lentamente le politiche protezionistiche ed a ridurre il peso della sua burocrazia opprimente. La nomina di Abdelmalek Sellal, un tecnocrate, a primo ministro nel settembre 2012, ha evidenziato una rinnovata attenzione relativamente all’economia sottosviluppata dell’Algeria.
Tali iniziative hanno già contribuito a promuovere investimenti non energetici in Algeria, firmando Algeri un numero senza precedenti di accordi di investimento e di partenariato a fine 2012. La crisi economica nell’Unione europea ha incoraggiato movimenti di capitale e di competenza fra le industrie che competono sui mercati al di fuori del continente, e la vicinanza geografica e i legami storici con l’Algeria rendono il paese una naturale destinazione – in particolare per gli Stati europei del Mediterraneo. A metà dicembre, la casa automobilistica francese Renault ha firmato un accordo per la costruzione di un impianto nella città occidentale algerina di Orano. Società spagnole e portoghesi poi hanno annunciato la creazione di una multi-miliardaria joint venture con società algerine per costruire 100.000 unità abitative in tutto il paese. L’Algeria è anche apparsa abbastanza pronta a sfruttare tutto il suo potenziale per una centrale elettrica a gas naturale alle porte dell’Europa. Nel 2011, il paese ha inaugurato il gasdotto Medgaz, che può trasportare 8 miliardi di metri cubi l’anno tra il porto algerino di Beni Saf e la città spagnola di Almeria. Altri sforzi cercano di espandere la capacità di export di gas naturale liquefatto dell’Algeria del 50 per cento.
Rischi per la sicurezza e futuri interventi
La ricaduta immediata della crisi degli ostaggi di Ain Aminas probabilmente smorzerà l’entusiasmo occidentale per gli investimenti in Algeria nel prossimo futuro. I governi e le compagnie occidentali stanno sollevando dubbi in merito all’intervento dell’esercito algerino, in cui il governo è sembrato dare priorità allo schiacciare i sequestratori rispetto al salvataggio sicuro degli ostaggi stessi. Mentre l’intervento francese in Mali continua a svilupparsi, il rischio di militanti legati ad al Qaeda che prendano di mira altri impianti nel Sahel rimane. Un motivo primario dietro l’intervento della Francia è di contenere il franchising regionale di al Qaeda, al Qaeda nel Maghreb Islamico, e altri gruppi militanti. Parigi teme, tra le altre cose, che questi gruppi possano utilizzare il Mali come base per la formazione, il reclutamento ed il lancio di attacchi destabilizzanti per l’Algeria e la sua infrastruttura energetica. La sostenibilità di tali operazioni sarà un problema in quanto il sostegno pubblico per costosi interventi stranieri probabilmente diminuirà in mezzo a crescenti crisi finanziarie e sociali in Europa. Già l’opposizione in Francia ha denunciato l’intervento in Mali come mancante di obiettivi concreti e sostegno internazionale.
Tuttavia, il fabbisogno energetico plasmerà le reazioni di Francia e di altri Stati membri dell’UE rispetto a situazioni come la crisi degli ostaggi in Ain Amenas. Anche se l’interesse per il coinvolgimento in Algeria cala temporaneamente, l’Europa sarà alla fine così dipendente dal paese per il gas naturale che gli Stati membri dell’UE non avranno altra scelta se non investire ulteriormente nel settore energetico algerino. Il coinvolgimento esistente di major energetiche dell’UE in paesi ad alto rischio come Nigeria, Libia, Yemen e Iraq, indica una buona tolleranza per instabilità e problemi di sicurezza. I paesi del Nord Africa al di fuori dell’Algeria sono diventati inoltre sempre più importanti per la Francia e per l’Europa (la Francia, ad esempio, si basa sul Niger per quasi il 70% dell’uranio necessario per alimentare il proprio settore nucleare). Pertanto, gli sforzi dei paesi europei, specie la Francia, per stabilizzare il Sahel probabilmente continueranno – in particolare da quando gli Stati Uniti si disimpegnano da interventi all’estero.
Più impegnativa sarà la reazione dell’Algeria agli eventi di Aminas Ain. L’attacco è avvenuto in un momento di transizione delicato per Algeri; dovesse peggiorare la situazione della sicurezza nel paese, l’Algeria potrebbe riportare la sua attenzione sulla sicurezza nazionale e mettere la liberalizzazione della sua economia e del settore energetico in secondo piano. Tuttavia, i primi indicatori tra cui l’approvazione il 21 gennaio della modifica alle leggi sugli investimenti esteri in materia di risorse di idrocarburi non convenzionali, mostrano che dopo decenni di intransigenza Algeri sta lentamente diventando più ricettiva agli investimenti stranieri nel suo settore energetico cruciale.