Guardando la mega canonizzazione di ieri con la Chiesa che santifica ipocritamente se stessa attraverso un’operazione da manuale Cencelli ( vedi qui ) si tocca con mano la lontananza dalla fede originaria e allo stesso tempo la distanza dal realismo che imporrebbe cambiamenti profondi di dottrina e struttura che vengono invece surrogati dall’immagine. E’ un male contemporaneo, tipico dell’epoca mediatica, che è anche il cancro del disfacimento della politica ed è per questo che a me più che le pale d’altare ha ricordato il decalogo della lista Tsipras affetto dalla stessa patologia, sia pure tradotta nelle modalità politiche: mancanza di utopia e di realismo al tempo stesso. Che in questo caso si traduce in fumo senza arrosto, ovvero in una resa con mugugno all’esistente.
Non voglio sparare sulla crocerossa e nemmeno sulla crocerossina della lista, quindi eviterò di prendere in considerazione da una parte le dichiarazioni di fede nell’euro che paiono scritte da Bini Smaghi e dall’altra la contraddittoria affermazione che “una moneta senza Stato è un controsenso politico, prima che economico”. E sorvolerò anche sul fatto che alcuni trattati come fiscal compact e mes sono al di fuori dell’ambito comunitario, che le istituzioni della Ue non hanno in sé la possibilità di riformarsi se non ricominciando dalla radice il cammino, che il “nazionalismo europeo” che viene proposto proposto sottotraccia direttamente dal Manifesto di Ventotene è un prodotto dell’opposizione liberale al fascismo, ma in sé non ha nulla di diverso dai nazionalismi delle piccole patrie se non le dimensioni: da Kant in poi è l’umanità nel suo insieme che dev’essere coinvolta. Lascio perdere il fatto che i piccoli stati se la siano cavata molto meglio nella globalizzazione dei grandi aggregati come ogni statistica dimostra. E trascurerò il fatto che nel decalogo si assicuri grottescamente che gli eventuali eletti nella lista Tsipras faranno parte a Strasburgo del gruppo Tsipras. Una ovvietà lapalissiana che tende a nascondere il fatto che uno degli azionisti, ovvero Sel voglia invece confluire nel Pse, ovvero in quella formazione che secondo gli autori di queste tavole della legge scritte sull’ovatta, si prepara alle larghe intese con i conservatori.
Non dubito nemmeno per un istante che nella lista ci siano molte persone di buona volontà, gente che si dà da fare, militanti preziosi, ma purtroppo essa è anche un ottimo esempio del tralignamento dell’ utopia ( nel senso della direzione generale verso obiettivi che si sa non potranno essere raggiunti nell’arco della propria vita, non in quello di impossibilità) di cui restano solo spezzoni disaggregati intellettualmente ed emotivamente, ma anche della mancanza totale del suo contrappeso, ovvero il realismo. Proporre un’altra Europa, sapendo che non esistono gli strumenti per farlo all’interno delle attuali istituzioni e rifiutando di mettere in questione gli strumenti monetari delle politiche liberiste, unica strada possibile per un cambiamento, significa solo essere oggettivamente subalterni.
Ma appunto è un esempio. Da quando la sinistra ha perso le sue visioni, ha finito per perdere anche la propria concretezza, facendosi imporre passo dopo passo, tutte le tesi e i provvedimenti altrui finendo per lavorare a favore dell’avversario, in nome di una futuribile alternativa, spostata sempre più in là nel tempo e nella lucidità. Ma spesso coniugata alla presunzione di indicare il cammino quando è del tutto evidente che ci si è smarriti. Perché una cosa è perdere le idee, ma guai a perdere i ruoli.