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In Fine Style

Creato il 19 giugno 2013 da Mrs Garrick

Mercoledí- MODA. Le lettere e i giorni (odio_via_col_vento)

Che una persona da sempre così poco interessata alla moda come lo sono io abbia potuto scegliere come scuola superiore un’istituto tecnico-professionale per diventare stilista di moda resta ancora ancora adesso un mistero per i più. Il fatto è che io odio la matematica . Anzi la detesto proprio. Io e i numeri non siamo fatti gli uni per l’altra: la nostra non avrebbe mai potuto essere una relazione felice.  Ragion per cui quando mi giunse notizia che la figlia diciottenne della vicina di casa frequentava una scuola SENZA matematica seppi di aver trovato la mia strada.  Il fatto poi che tale scuola offrisse il quattro ore settimanali di Storia dell’Arte (invece delle due regolamentari), due di Storia del Costume e sette di disegno non faceva altro che accrescere il mio entusiasmo.  Ok, c’era anche Taglio e Cucito, ma a quel punto qualsiasi cosa era meglio di matematica...

Alla prof di Italiano delle medie venne quasi un infarto. “ Dovete impedirle di fare una tale corbelleria! Un’Istituto Professionale? Con i suoi voti! Come farà ad andare all’Università??” tuonò un’irata Sig.ra Maria Rossi ai miei pacifici genitori prontamente convocati ad un colloquio scolastico. Domanda a cui il mio adorabile padre rispose che la vita era la mia e dovevo scegliere io, nel bene e nel male. E ha avuto ragione lui. Che alla fine all’Università ci sono andata ugualmente (che se avessi dovuto campare con le come stilista di moda sarei morta di fame, che come avevo immaginato nelle materie tecniche come taglio e cucito ero senza speranza, ma questa è un altra storia...).

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Andrea Odoni (1527). Lorenzo Lotto

La passione per la Storia del Costume mi è rimasta e, ancora adesso, una delle cose che mi entusiasma di più nei quadri sono gli abiti. Le candide gorgiere di Franz Hals e dei grandi della pittura olandese. La voluttuosa sensualità dei tessuti di Lorenzo Lotto. I dettagli cesellati nei costumi di Hans Holbein o di Bronzino. Costumi che sono capolavori veri e propri, tanto che la Royal Collection ci ha fatto una mostra chiamata (opportunamente) In Fine Style.  Dire che questa mostra è una vera e propri delizia non rende l’idea. È di più, molto di più. È storia sociale elevata all’ennesima potenza, perché il costume dice cose che le parole non dicono. Lo sa benissimo la quattordicenne  Elisabetta I, quando invia il suo ritratto come dono al sovrano (e fratello) Edward VI.

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Più che un rittratto, questo e' un capolavoro di diplomazia. Innanzitutto il formato: di tre quarti più modesto di quello a figura intera - lo status di Elisabetta I che seppure era migliorato con l’atto di successione del 1543, era ancora precario al tempo del ritratto nel 1546, quindi bisognava essere modesti, non strafare. Ma non facciamoci fregare dallo sguardo innocente e dal contegno modesto della giovane principessa: anche se ufficialmente questa è una dichiarazione della sua sottomissione alla volontà del re,  basta guardare il suo costume e suoi gioielli per rendersi conto che qui non stiamo parlando di una fanciulla qualsiasi, ma di una legittima erede al trono. L'artista William Scrots infatti la raffigura vestita di uno splendido abito cremisi, dalle cui abbondanti maniche (le maniche erano parti preziose dell'abito) fuoriesce un superbo tessuto di damasco filettato in oro. Considerando che sia il cremisi che il damasco filettato d'oro erano interdetti a coloro che non erano di sangue reale (e che quindi le sarebbe stato proibito se davvero illegittima), il messagio di Elisabetta ad Edward non ptrebbe essere piu' chiaro: caro fratello, ricordati che in famiglia ci sono anch'io...

Non molto è cambiato nel mondo della moda. Ieri come oggi l’abito è una muta presentazione del singolo e della societa offre di se'. Che a pensarci bene, a parte la faccia e le mani, le uniche cose che effettivamente vediamo quando incontriamo qualcuno sono gli abiti.  Dagli abiti spesso riusciamo a formulare una prima impressione dell’individuo che ci sta davanti, ad intuire la nazionalità, la classe sociale, la professione e di adattare il nostro comportamento alla situazione. Certo "indovina il visitatore" e' uno dei miei passatempi preferiti quando sono al Museo... Fortuna che ora c'è la fotografia perche dubito che molti pittori oggigiorno avrebbero la pazienza necessaria a tali trionfi di diligenza...


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