Magazine
Giuro che tenterò di non scrivere uno di quei post sull'incazzato/amareggiato/patetico. Ma pure ho bisogno di raccontarvi l'odissea del mio gionocchio. Che, poi, è anche l'odissea della sanità italiana. E, se vogliamo, come ogni buon epopea che si rispetti, rivela ogni tanto anche dei risvolti comici. Nello spirito di questo blog, cercherò di usare tutta l'ironia di cui sono capace e correlare questo argomento al tema portante del mio spazio web, scusandomi in anticipo per la premessa. Dazio necessario a comprendere quanto è accaduto Chi mi segue da un po' ricorderà che un paio di mesi fa mi lamentavo per quella che credevo un'infiammazione al ginocchio. Così non era. All'inizio mi hanno detto che era una distorsione. Poi una meniscopatia cronica. Ora, a quanto pare, una osteocondrite femoro-rotulea (unache?!?) che da due mesi mi costringe a un simpatico copione: ginocchio quasi normale, vita (lavoro, spesa ecc...), ginocchio gonfio, ghiaccio, riposo, ginocchio quasi normale ecc... Il mio vero dramma è che da due mesi non posso indossare le scarpe con il tacco alto, perché la gamba non è mai tornata veramente a posto. Il che si è ripercosso anche sul mio abbigliamento che, abbandonate gonne e tailleur, si sta pericolosamente spostando sul trasandato andante. Per continuare la reazione a catena, lo stato di abbrutimento mi sta portando a rifiutare qualsiasi contatto con la vita sociale. Un po' perché ormai ho un'autonomia sufficiente appena a recarmi solo al lavoro. un po' perché, senza i miei orpelli, i miei vestiti e la mia andatura, proprio non me la sento di incontrare qualcuno. Nemmeno il laureato che, poco tempo fa, aveva avanzato la solita proposta. "E in che modo pensi di fare sesso visto che ho una gamba praticamente di legno?" gli ho chiesto. "Beh, non ci manca certo la fantasia" mi ha risposto ammiccante. Sebbene l'idea mi stuzzichi, come anticipato, non mi sento particolarmente attraente. Anzi, a dirla tutta, mi sento davvero un cesso. E quando è così è meglio lasciar perdere. Il che mi porta a chiedermi quante chance abbia una ragazza zoppa di trovare qualcuno. Se già prima era difficile, figuriamoci ora. O no? Magari l'effetto claudicante potrebbe addirittura migliorare la mia immagine e conferirmi un po' di mistero, chissà! In ogni caso non è che sia stata una mia scelta quella di restare inerme per due mesi. Anzi. Io ho fatto tutto quello che dovevo fare nel momento esatto in cui mi è stato detto di farlo. E, quindi, è iniziata la giostra dell'andirivieni. Seguitemi bene, perchè è un po' articolata. Vado dal medico di base che mi dice "distorsione" e mi prescrive ghiaccio e riposo. Dieci giorni! Non passa. Ci ritorno. "Vai dall'ortopedico". Fisso l'appuntamento immediatamente. E' per la settimana successiva. Ma - per non farmi mancare nulla - l'ortopedico si ammala e rimanda di un'altra settimana, solo per prendersi 150 euro e dirmi di fare la risonanza magnetica. Sull'uscio del suo studio chiamo il centro diagnostico. Due settimane!! E va bene, resisterò. Il mio freezer, intanto, è pieno di ghiaccio. Torno dal medico di base per farmi prescrivere l'esame. Lo faccio. Pago (46 euro) e chiedo quando potrò ritirare il referto. Tra una settimana (eccheccazzo!!!). Chiamo l'ortopedico e fisso un nuovo appuntamento. "Ma noi riceviamo solo il martedì", mi dice la segretaria come se fosse la cosa più ovvia del mondo. E - questo sì che è ovvio - i referti saranno pronti solo il mercoledì. Un'altra settimana!!! Alla fine riesco ad andare a visita. Altri 100 euro. "Come mai?" chiedo un po' sorpresa alla segretaria. "Ma perché la seconda volta prendiamo di meno". "No - insisto nella mia mente - come mai devo pagare di nuovo? E se questo non ingarra mai la diagnosi e mi manda a fare altri esami, pagherò ogni volta fino a quando non indovina?". Vorrei proprio chiederglielo, ma la diagnosi mi lascia ammutolita. La cura, invece, completamente basita. Operazione! Così, giusto per tamponare. "Che lei ha la rotula in una posizione assurda e ha praticato troppo sport". Vorrei dirgli che stiamo parlando del secolo scorso, ma le parole non mi escono. "Mi raccomando - aggiunge - per un po' dovrà usare i bastoni canadesi". Lo guardo con la faccia di chi riprende una persona che ha sbagliato parola "dottò, le stampelle?". "Sì" mi dice sconfitto dalla mia ignoranza. "Parla in stampatello", penso mentre cerco di calcolare il costo dei "bastoni canadesi"... E degli altri esami che dovrò fare. E delle medicine che dovrò prendere per un anno. E del portatile che dovrò comprarmi per non impazzire in ospedale. E della chiavetta per navigare. E credo che in questo marzo, sarei stata più contenta se quei soldi li avessi spesi per altro. Come, guardando al totale, per un paio di completi di Luisa Spagnoli, per un week-end lungo in una capitale Europea, per la borsa dei miei sogni al prezzo dei miei incubi, per un abbonamento a un centro benessere ecc Ma tant'è. Continua...Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city.
Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.