TUFARA è un piccolo centro del Molise simile a tanti altri che abbiamo visitato attraverso l'obiettivo curioso e attento di Flaviano Testa, si stende sulla valle del Fortore a un'altezza di circa 400 metri sul livello del mare, conta meno di mille abitanti e soffre una emigrazione emorragica costante.
Territorio collinare e clima sufficientemente mite offrono la possibilità di coltivazioni di cereali e ulivi che si alternano a pendii boschivi fino al centro del paese che si trova arroccato su una rupe di tufo. Il toponimo deriva infatti dal tipo di roccia sulla quale è edificato il paese. Nei pressi si trova uno dei boschi più belli e conosciuti della zona: il bosco Pianella, noto soprattutto per la varietà delle specie arboree che vi dimorano. Un'area che in passato è stata dotata di un camping, e attrezzata alle esigenze turistiche con campi da tennis e piazzali attrezzati per pic-nic.
'abitato di Tufara è dominato dal castello medievale edificato dai Longobardi, che originariamente doveva servire alla sorveglianza militare del territorio ed era considerato di notevole importanza strategica, perché posto sulla via di collegamento fra la Puglia ed il Ducato di Benevento, in prossimità del tratturo Celano-Foggia. Oggi appare come un imponente edificio che domina la piazza antistante il centro storico, si trova infatti nel cuore dell' abitato. Le cortine murarie si alzano su tre lati e sul quarto, dove si apre l'attuale ingresso, vi sono due torri. L'accesso è ubicato sul lato più corto a nord ed è preceduto da una scalinata molto ripida ricavata nella roccia. All'interno presenta due splendide sale, una adibita a piccolo museo e l'altra a sala consiliare del Comune.
Stabilire con precisione quando sia sorta Tufara è molto difficile, comunque chiare testimonianze archeologiche, mostrano come il territorio sia stato abitato sin dal III-II sec. a.C. Si presuppone che le origini dell'attuale abitato non vadano oltre il X secolo. Chiara testimonianza sono alcuni ritrovamenti di vasi in ceramica e di una particolare ascia, chiamata "bipenne", risalenti al periodo alto medioevale.
A Tufara, come in altri centri del Molise, il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio Abate, vengono accesi i tradizionali "fuochi" , un'usanza di origini pagane che aveva la funzione di propiziare i raccolti. La manifestazione più caratteristica del paese però è anche una delle più antiche di tutto il Molise: rituale che ha luogo l'ultimo giorno di carnevale di ogni anno. Nel pomeriggio ha inizio il corteo con al centro il diavolo, una maschera nera, con le corna, la lingua penzolante e vestito con una casacca formata da sette pelli di capra. Cammina, in catene agitando un tridente, con movimenti invitanti, seducenti che suscitano timore e superstizione, scortato da tre uomini vestiti da frati. Lo precedono due figuranti con lunghe falci, con il viso dipinto di bianco, che gridano a ogni passo "Ah la morte!". Il corteo si dipana per tutte le vie del paese e a sera,all'interno del castello, viene allestito un tribunale che giudica tutte le gravi colpe di Carnevale , un fantoccio dalle sembianze umane. Durante il processo i giurati, aggirandosi tra la folla, chiedono al pubblico quali colpe addebitare al Carnevale, mentre un altro figurante, che rappresenta la madre, si dispera e giura che si sta compiendo un'ingiustizia. Giunge inevitabile la condanna a morte. Dopo l'esecuzione per fucilazione, il fantoccio viene gettato dal torrione del castello e afferrato dal diavolo che lo scaraventa poi nel vuoto da un'altra rupe. Muore il pupazzo ma non la speranza, poiché la madre con in mano il filo del destino, conocchia e fuso, ha già pronto un altro neonato che darà continuità al rito.
Il significato di questa importante tradizione si è in parte perduto, rappresentava un tempo la passione e morte di Dioniso, Dio della vegetazione, un dio che ogni anno moriva e rinasceva come i raccolti. In seguito, con l'avvento del Cristianesimo, venne banalizzata e declassata a semplice maschera carnevalesca. Una manifestazione che merita sicuramente di essere vist , molti emigranti ritornano in paese attirati da uno speciale richiamo al quale non sanno sottrarsi, poiché assistere al rito risulta davvero emozionante e suggestivo, riporta in un mondo arcaico, in armonia con la natura, chiara espressione di riti atavici, rozzi, misteriosi e magici.