Sant'Elena Sannita, dove oggi ci conduce Flaviano Testa con le sue fotografie, è un comune molisano della provincia di Isernia.
Salendo per il corso principale si arriva alla Piazza del Tiglio e, nella parte più antica dell'abitato, si erge il severo palazzo baronale, trasformazione di un castello eretto nel XV secolo.
La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, ricostruita dopo il terribile sisma del 1805, ha una bella e importante facciata, all'interno si trovano due sculture lignee: una del XVI secolo raffigurante la Madonna e una di San Michele risalente al Settecento e attribuita allo scultore napoletano Giacomo Colombo.
Sant'Elena è stato uno dei paesi molisani che più ha sofferto l'emorragia di giovani e forza lavoro, passando dai quasi duemila abitanti dell'inizio '900 ai poco più dei duecento attuali. Lo spopolamento del territorio costituisce una caratteristica peculiare del Molise che, come nessun'altra regione italiana, accusa un regresso demografico intenso e di antica data, risalente già al periodo immediatamente successivo all'unità d'Italia e dovuto alla scarsità delle risorse disponibili. Gravi quanto le cause sono gli effetti di questo processo sulla situazione interna dove, accanto al sempre minor numero di abitanti, si registrano preoccupanti indici di invecchiamento: nell'anno 2013 il saldo nati/morti è stato negativo per 1292 unità. Il fenomeno dunque viene da lontano e ancora non vi è stato posto rimedio.
Nello specifico, l'isolamento territoriale di Sant'Elena Sannita era aumentato dal fatto che la stazione ferroviaria più vicina si trova a Bojano, a circa 16 km di distanza, i principali uffici pubblici erano a decine di km e mancava la stazione dei carabinieri. Gli spostamenti senza mezzi di trasporto pubblico avvenivano quasi sempre a piedi o, per i più fortunati, con biciclette e carretti a trazione animale.
Un paese in cui, nonostante tutto, la grande quantità di case disabitate lascia capire l'importanza che ha avuto nel passato, essendo stato un centro di fiorenti attività artigianali della lana: si producevano coperte, tappeti e stuoie e, per la vicinanza con Frosolone, importante è stata la lavorazione dell' acciaio.
Molti partirono per fare gli arrotini girando paesi del Molise e di tutta Italia. Avevano una bicicletta con cui, attraverso un ingegnoso sistema che permetteva di agganciare alla ruota dentata una catena collegata alla smeriglia, riuscivano a eseguire il lavoro attraverso il pedale. Attesi e ricercati da tutti, affilavano ogni lama, dagli strumenti del chirurgo, ai coltelli dei macellai e dei salumieri, alle forbici e ai rasoi dei barbieri. In seguito, i primi arrotini ambulanti si trasformarono in commercianti di coltelli, forbici e articoli da barbiere e si sviluppò così una nuova attività: nelle vetrinette, tra le lame di diverse specie, cominciavano a far bella mostra vasetti di brillantina, scatolette di sapone da barba e lozioni per capelli. L'umile arrotino si trasformò lentamente, cresceva l'animo commerciale e il desiderio di realizzare migliori guadagni, fu proprio per esaudire le crescenti richieste dei barbieri che i santelenesi sono diventati anche piccoli commercianti di profumi. A Roma, infatti, sono conosciuti come creatori di un "impero dei profumi": oltre duecento profumerie capitoline appartengono ad originari di Sant'Elena Sannita.
In seguito dalla semplice vendita si passò alla produzione e oggi S. Elena vanta un numero incredibile di suoi figli che sono rinomati profumieri a Roma e nel mondo. Dal 17 agosto 2014 il paese ospita il Museo del Profumo, collezione di pezzi rari e unici della profumeria moderna e contemporanea.
Gli emigrati hanno saputo trasmettere di generazione in generazione l'amore per il paesello natio e ogni anno nel corso della Festa dell'Emigrante che si tiene il 27 settembre, Sant'Elena si rianima. Le finestre e i portoni delle case si aprono e le viuzze deserte del centro storico echeggiano di voci di bambini che corrono liberi senza il timore del traffico cittadino. Tutti tornano per respirare aria di casa e per gustare le specialità del paese "petacce e fasciuoli" (pasta di casa senza uovo e fagioli) e agnellini al forno. Il 29 di settembre, terminata la festa del Santo patrono le luci si spengono, le auto ripartono e i sempre meno numerosi abitanti si siedono davanti la porta di casa in attesa del prossimo ritorno.