16 aprile 2012 di Denis Michelotti Lascia un commento
Che il regime degli ayatollah stesse attuando un rigido controllo su internet lo si sa da tempo e nei giorni scorsi sono circolate notizie d’agenzia che riportavano che da maggio nascerà un’enorme intranet nazionale che permetterà agli utenti di rimanere in contatto solamente con gli abitanti iraniani. Si diceva inoltre che Google, Yahoo, Youtube e via dicendo saranno banditi. Il tutto per fare in modo che, sempre secondo le agenzie, venga evitato che “il Web promuova il crimine, la frammentazione nazionale, i contenuti immorali e l’ateismo”. A nulla sono valsi gli appelli alla libertà di informazione del presidente americano Obama. Sono arrivate poi le smentite del ministro Taghipour , che ha ammesso la volontà di creare una rete interna, ma senza limitare l’accesso ai siti esteri. Dove stia la verità non lo sappiamo, ma anche inserito in questa cornice surreale, l’oscuramento del sito delle Olimpiadi ci risulta una scelta di difficile comprensione. Provando a sforzarci però possiamo azzardare qualche ipotesi aiutandoci con un’altra notizia sconvolgente che ci giunge dall’Iran: allo sport femminile, reputato “spiacevole” se praticato da una donna, sono stati tagliati i finanziamenti. Questi due elementi ci inducono a pensare che il governo iraniano, che come ogni regime punta alla frammentazione sociale, abbia paura del potere aggregante dello sport.
Le Olimpiadi sono infatti un evento che riunisce culture e popoli di tutto il mondo e che fa della fratellanza e dell’unione il suo punto di forza, mentre la pratica sportiva femminile permette alle donne di incontrarsi e di uscire dal guscio domestico. I regimi fascisti del secolo scorso hanno deciso di sfruttare a proprio favore il potenziale della pratica sportiva in nome della sanità del popolo e della competizione con gli altri paesi, decidendo, come si suol dire, di “farsi amico il nemico”. L’Iran, a quanto pare, ha fatto una scelta diversa, che conferma però in maniera evidente quanto sia elevato e temuto dalla politica il potere dello sport.
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