In libia ed in siria colonialismo fa rima con razzismo

Creato il 22 settembre 2011 da Tnepd

Si dice che illustri astronomi e fisici britannici, fra cui Bernard Lovell, in privato fossero soliti negare che lo sbarco americano sulla Luna sia mai avvenuto. Questa ormai vecchia questione pare però che sia stata superata da uno sbarco immaginario più di attualità. A distanza di una settimana dallo sbarco a Tripoli del primo ministro britannico Cameron e del presidente francese Sarkozy, ci si comincia infatti a domandare se anche questo sbarco sia realmente avvenuto. Le immagini televisive che sono state diffuse a riguardo, legittimano infatti ogni genere di dubbi, poiché gli attori si muovono in spazi chiusi o ristretti che lasciano supporre che ai lati non vi sia nulla.[1]
Il resoconto del viaggio offerto dall’accompagnatore di Sarkozy, il suo bombardiere di fiducia Bernard Henry Levy, risulta a sua volta stranamente reticente sui dettagli relativi alla presenza a Tripoli del presidente francese, soffermandosi solo sull’accoglienza calorosa che gli avrebbero riservato alcune donne all’ospedale di Tripoli (Tripoli ha un solo ospedale?). Curiose invece due sue sottolineature. La prima riguarda le misure di sicurezza che avrebbero limitato i movimenti dei due capi di governo, come a dire che in effetti i due non si sarebbero mossi da aree prestabilite. La seconda sottolineatura riguarda invece i cunicoli in cui si nasconderebbe Gheddafi, come ad indicare che se Tripoli risulta apparentemente conquistata è solo perché l’attuale presenza degli elicotteri d’assalto della NATO impedisce alla resistenza libica di uscire allo scoperto.[2]
Gli stessi dubbi sono suscitati dalle immagini del viaggio libico di Erdogan, la cui espressione di imbarazzo risulta più che evidente, poiché forse non era preparato all’eventualità di dover agire in una messinscena.[3]
I media si sono soffermati sui duri moniti lanciati in Libia da Erdogan contro il regime siriano. Sarà un caso, ma al suo ritorno dalla Libia, lo stesso Erdogan pare aver attuato una brusca inversione di rotta sulla questione siriana, tanto da aver riconsegnato al vituperato regime di Assad uno dei suoi alti ufficiali disertori, che è stato poi fatto esibire in una confessione/ritrattazione alla televisione siriana. Che Erdogan sia stato colto dal timore di andare ad incastrarsi in qualche altra messinscena, magari in una Damasco ricostruita nel Qatar di Al Jazeera?[4]
I motivi per cui Cameron e Sarkozy hanno deciso di dichiarare enfaticamente una vittoria ancora non raggiunta sono abbastanza evidenti. Si sono tacitate le opposizioni interne alla guerra, poiché le si costringe adesso a misurarsi con l’apparenza di un dato di fatto acquisito. Il riconoscimento internazionale del nuovo governo consente poi di sbloccare i beni libici sequestrati e di incamerarli a titolo di risarcimento per il sedicente “aiuto” al popolo libico; inoltre in tal modo si riesce a spiazzare i Paesi concorrenti nella corsa agli affari per il petrolio, per il gas e per l’altrettanto sedicente “ricostruzione”.[5]
Ma c’è anche da considerare che riuscire a far passare la conquista della Libia come cosa fatta, rafforza la situazione di isolamento della resistenza libica a livello mondiale. Nelle conquiste coloniali, la guerra in sé non ha costituito quasi mai il fattore decisivo, poiché alla fine risulta determinante il mobbing internazionale, l’isolamento e la criminalizzazione di un regime, che favoriscono il suo sfaldamento ed il passaggio di interi pezzi di esso dalla parte dell’aggressore.
L’importanza che la NATO attribuisce alla eliminazione fisica di Gheddafi non concerne la sua statura di leader o di stratega, ma il suo ruolo di riferimento nella catena di comando, poichè, senza quel punto di riferimento stabile, la resistenza libica andrebbe allo sbando per l’impossibilità di sapere di chi fidarsi. La psicoguerra NATO etichetta la resistenza libica con gli epiteti di “lealisti” o fedeli di Gheddafi, ma in effetti coloro che in Libia si oppongono all’aggressione coloniale non sono in condizione di scegliere.
Nelle vicende della Libia e della Siria risulta ripetitivo non solo il paradigma del colonialismo, ma anche il circolo vizioso dell’antimperialismo generico, che condanna l’imperialismo in astratto, ma lo avalla caso per caso, soffermandosi ogni volta sull’impresentabilità ed indifendibilità dei vari regimi oggetto di mobbing internazionale, come se il fatto di soffrire sotto un regime tirannico rendesse degni di essere massacrati da un’aggressione coloniale.
Se nel mese scorso un ambasciatore straniero fosse andato a solidarizzare con i rivoltosi delle periferie londinesi, tutti avrebbero condannato l’inaccettabile ingerenza, ed anche sospettato che le sommosse venissero manipolate da infiltrazioni esterne. Ma se l’ambasciatore statunitense a Damasco, Robert Ford, diventa il referente delle rivolte in Siria, venendo accolto ed acclamato dagli “oppositori”, allora anche i più insospettabili antimperialisti interpretano la circostanza solo come una prova ulteriore del fossato creatosi tra le masse siriane ed il regime di Assad; come a dire che Assad è talmente cattivo che ai Siriani anche un ambasciatore USA potrebbe apparire come un amico.[6]
Lo schema narrativo alla base di discorsi di questo genere ricalca i vecchi canoni della letteratura e del cinema di propaganda coloniale, nei quali l’indigeno alla fine s’inchina alla superiorità morale del colonialista bianco venuto a “salvarlo”. Ma anche nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, venne diffuso il video di un “prigioniero iracheno” che si inginocchiava davanti ad un soldato statunitense che gli porgeva del cibo; oggi vediamo i “ribelli” libici che baciano la bandiera USA e distruggono i monumenti che Gheddafi avrebbe eretto a ricordo della resistenza contro i bombardamenti statunitensi del 1986. In queste fiction viene offerta la versione paternalistica del razzismo, una versione che risulta troppo spesso efficace nei confronti di settori dell’antimperialismo. Persino il fatto che l’arrivo di Robert Ford in Siria sia andato a coincidere con l’inizio delle rivolte siriane, è diventato un dettaglio insignificante, da non prendere neppure in considerazione, dato che il constatare la semplice evidenza oggi si chiama fare dietrologia.[7]
C’è da registrare che da alcune settimane decine di migliaia di ambientalisti si sono dati appuntamento per un pacifico sit-in davanti alla Casa Bianca. Gli attivisti, appartenenti a più di trecento organizzazioni, protestano contro l’ultimo clamoroso scempio ambientale dell’amministrazione Obama. Si tratta dell’avvio dei lavori di un mastodontico oleodotto che dovrebbe trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta, in Canada, fino alle raffinerie del Texas attraversando sei Stati per migliaia di chilometri. Questa tecnica di estrazione è fra le più inquinanti e devastanti per l’ambiente. Obama ha accolto subito nel migliore dei modi gli attivisti (che nella maggior parte lo avevano sostenuto alle elezioni) gratificandoli con maltrattamenti da parte della polizia e con più di mille arresti nelle prime giornate di protesta; persino Naomi Klein ha potuto apprezzare le accoglienti galere di Obama.[8]
I fatti sono accertati e verificabili, ma i media “occidentali” non hanno dato nessuna risonanza a questa repressione sistematica, che di fatto sta rendendo i movimenti di opposizione sempre meno incisivi, dato che negli USA dopo il terzo arresto si rischia l’ergastolo. I media griderebbero di orrore se circostanze del genere venissero denunciate a Cuba o nello Zimbabwe, e nessuno si preoccuperebbe nemmeno di verificare i fatti.
Gli stessi eventi possono cambiare di significato a seconda di dove avvengono. In una recente intervista televisiva, il sociologo di regime Giuseppe De Rita si è commosso sino alle lacrime rievocando con ammirazione le ordinate file per il pane che si facevano in Gran Bretagna ancora all’inizio degli anni ’50. Quelle stesse file per il pane, che in Gran Bretagna indicavano il segno distintivo di una civiltà superiore, quando avvenivano in Unione Sovietica costituivano invece un segnale di miseria e di fallimento dell’utopia socialista.
Oggi Cameron fa appello ai genitori dei rivoltosi delle periferie londinesi perché denuncino i propri figli. Un appello del genere susciterebbe sdegno e denunce di metodi totalitari se provenisse da un Paese del terzo mondo, ma in Gran Bretagna costituisce la prova di un alto senso civico e di maturità democratica.

[1] http://www.guardian.co.uk/world/video/2011/sep/15/libya-cameron-sarkozy-video?INTCMP=ILCNETTXT3486
[2]

http://archiviostorico.corriere.it/2011/settembre/17/Sarkozy_Tripoli_come_Mitterrand_Sarajevo_co_9_110917030.shtml

[3]
http://it.euronews.net/2011/09/16/erdogan-a-tripoli-lancia-un-monito-al-regime-siriano/
[4] http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/129398/in_siria_la_rivolta_diventa_antierdogan
[5]

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-18/aziende-francobritanniche-assalto-mercato-164515.shtml?uuid=AaGWtV5D

[6]

http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://thecable.foreignpolicy.com/posts/2011/09/13/robert_ford_attends_syrian_funeral_shortly_before_attack

[7]

http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12202821

[8]

http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://dailycaller.com/2011/08/22/police-continue-to-arrest-environmentalist-protesters-at-the-white-house/


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