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In memoria dei desaparecidos cileni

Creato il 23 settembre 2013 da Www.marsala.it @@il_volatore

Quindi incominciò ad insegnare loro dicendo: «È necessario che il figlio dell’uomo soffra molto e sia riprovato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, che sia ucciso e che, dopo tre giorni, risorga». Diceva queste parole apertamente: e, avendolo preso in disparte, Pietro cominciò a rimproverarlo. Egli, allora, voltandosi verso i discepoli, disse a Pietro: «Allontanati da me, avversario! Perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Poi, chiamata a sé la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Chiunque,infatti, vuole salvare la sua vita la perderà. Ma chi perderà la sua vita a causa mia e dell’evangelo, la salverà» (Marco 8:31-34)

Ruth: Oggi si sono presi il mio wentru, mio marito: non so dove l’abbiano portato. Fuori si sussurra che li mettano in carcere. Quante volte gli ho detto: «Non ti immischiare con questi dirigenti politici winka, con questi bianchi a cui appartieni e che al mio popolo hanno portato soltanto problemi». Come hai potuto fidarti di loro? Parlano di rivoluzione: ma che cosa significa? Parlano di un certo Gesù, che sarebbe venuto ad insegnarci il cammino della giustizia: ma di che giustizia parlano, se qui, ogni giorno, si commettono crimini ai nostri danni? Il mio popolo Mapuche non può più caricare la croce che i potenti gli hanno messo sulle spalle. Questa notte si sono portati via il mio wentru come si porta via un delinquente. Hanno buttato giù la porta della mia ruca, la mia capanna, e non gli hanno nemmeno lasciato il tempo di vestirsi: starà morendo di freddo.

In memoria dei desaparecidos cileni
Ale: La stanza è fredda, scura. Gli occhi, lentamente, si abituano alla penombra. Non saprei dire dove mi trovo, né in che modo sia arrivato qui: mi ci hanno condotto incappucciato, con le mani legate dietro la schiena. Mi hanno trascinato via da casa, senza alcun riguardo per la mia povera Lilly; mi hanno spinto dentro una vettura e, prima di imboccare una lunga strada diritta, hanno compiuto più e più giri per disorientarmi.

Ora attendo in questa cella maleodorante un destino che ignoro: è su questa paura cupa e sorda che fanno affidamento, sul terrore che riescono a imprimerti sottopelle. Nessuno, qui, ti dice niente. Ogni istante è attesa dell’ignoto.

Ruth: Quest’attesa si sta facendo infinita, angosciante. Ho sentito che una settimana fa hanno portato via anche il marito di Luisa: non si è più saputo niente di lui. Qui nella comunità mapuche camminiamo tutti a testa bassa, incurvati, e ci guardiamo l’un l’altra con sospetto: così ci ha ridotto l’oppressore bianco, così ci voleva vedere, umiliati e terrorizzati. Qui regna un silenzio di parole. Si ascoltano soltanto gli elicotteri durante il giorno e i colpi di arma da fuoco nelle notte. Io sono una contadina mapuche, abituata ad ascoltare la natura: adesso anche gli uccelli sono fuggiti. Quanta solitudine. Soltanto i cani, in lontananza, abbaiano.

Ale: Quando ancora mi trovavo fuori, giungeva appena un’eco vaga delle atrocità che si compiono in queste prigioni clandestine: si sussurrava di torture, stupri, violenze. Tutto ciò che so è che degli amici che ho visto scomparire all’improvviso non ho avuto più notizia. L’unico nostro crimine: credere nel socialismo, nella sua utopia quotidiana e concreta. Ora che non ho più nessuno con cui parlare, se non quelli che presto vorranno estorcermi denunce e delazioni a suon di percosse, ora, d’improvviso, mi ritrovo a parlare con te, attraversato dal sospetto, mai sopito, che in realtà non si tratta che di un monologo, di una strategia che la mente mette in atto per evitare che la invadano la follia e il terrore che nascono dalla solitudine forzata, esasperante.

Ruth: Come starai? Che cosa ti staranno facendo? Dicono che i prigionieri politici vengono selvaggiamente torturati. Ah, amore mio: come mordono questo dolore e questo silenzio… Si odono soltanto quei cani e i loro spari.

Ale: Ora, all’improvviso, affiora un ricordo d’infanzia, vago eppur vivido, di quel passo in cui dicevi, a quanti avevano creduto in te, quale destino, in verità, ti attendesse. Che messia assurdo sei stato: sconfitto tra gli sconfitti, uomo che ha conosciuto il patire ed il fracasso di quelle speranze che, ad ogni istante, ci franano tra le mani come nuvole. Anch’io, come Pietro, sarei stato afferrato dall’impeto di rimproverarti: come puoi parlare così? Eppure in questa amarezza, in questo sconforto, ti sento fratello, vicino: la cosa, certo, non basta a consolarmi; ma almeno al cuore suona credibile, sincera. Non ho mai scorto in te traccia del divino se non in questa umanità intrisa di debolezza, questa umanità fragile che, senza convincermi, mi avvince.

Ruth: La mia unica consolazione, amore mio, è il ricordo della tua vita coerente con ciò che credevi e dicevi. Se perla tua coerenza ti han portato via e ora ti maltrattano… Lo han fatto prima con questo tale Gesù. Che razza di mondo è questo? Il mio popolo conosce soltanto lotta e sottomissione. Mi hanno rubato l’amore, il mio wentru. Ci hanno rubato la vita, la parola. Si sono portati via i nostri figli, hanno sparato persino ai nostri animali. Continuano a rubarci la terra e han seminato i nostri campi di paura, menzogna e violenza. La ñuque mapu, la nostra madre terra, è ferita e calpestata. Fino a quando durerà il nostro dolore?

Ale: Ancor più amaro il seguito delle parole che hai rivolto a quanti si dichiaravano disposti a seguirti: come a me, così a voi, sconcertante, drammatico epilogo della ricerca di quel senso a cui aneliamo, senza mai riuscire a sfiorarlo. Ma il senso non è che la direzione che proviamo ad imprimere al nostro vagare incerto: per questo, forse, nella lingua di questa mia terra amate, sentido, «senso», è l’anagramma di destino. Chi condivide il senso che tu hai annunciato non può che condividere il destino a cui sei andato incontro. Io, lo sai, in te non credo, non ho mai creduto: non, almeno, in quel modo tradizionale, vuoto, illusorio, che fa di te una creatura potente, gloriosa, un vincente.

Dietro quest’immagine contraffatta di te ho sempre scorto l’inganno di chi mente sulla vita e sulla nostra umanità. Quando invece, come oggi, ti riscopro fragile, sento che in questo riconoscerti – come me – sconfitto sta tutta la mia speranza, tutto il mio dolore. Continueranno a dire che la mia non è fede: del resto, si sa, un socialista è un ateo impenitente. Lascerò che aggiungano anche questa alle mille menzogne di cui presto mi accuseranno: ma questa notte, in quest’attesa snervante che mi consuma, trovo pace nel parlare con te, che mi sei fratello nel fallimento e nella speranza che non muore e in cui risorgerà, come te, il mio popolo. In silenzio, prendo anch’io la croce che i potenti continuano a mettere sulle spalle di quanti si ostinano a percorrere sentieri di giustizia. E nel cuore di questo silenzio che abitiamo insieme, nell’oscurità di questa cella che condivido con te, questa notte sento che il tuo cuore accoglie me, un miscredente, come tuo discepolo.  

In memoria dei desaparecidos cileni - Domenica 22 Settembre 2013

Ruth Cayul, Mapuche e Alessandro Esposito- www.chiesavaldesetrapani.com

 


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