La scrittrice egiziana Radwa Ashour, poco nota in Italia, ma molto conosciuta e amata in Egitto e nel mondo arabo, si è spenta qualche giorno fa dopo una lunga malattia.
di Marcia L. Qualey su Arabic Literature (in English) – traduzione dall’inglese di Fernanda Fischione
Radwa Ashour ha lottato contro il cancro per diversi anni: una lotta che è stata splendidamente raccontata nei suoi scritti, in particolare nel recente أثقل من رضوى: مقاطع من سيرة ذاتية (Più pesante di Radwa. Stralci di un’autobiografia). Solo tre giorni fa, la scrittrice egiziana Ahdaf Soueif aveva twittato: «Radwa Ashour: rimettiti presto. Abbiamo bisogno di te».
Non appena si è sparsa voce della sua morte, molti hanno espresso gratitudine e cordoglio sui social media. La scrittrice Miral al-Tahawy ha scritto: «Radwa Ashour… ci hai insegnato ad amare la scrittura… Arrivederci!». La giornalista Amira Howeidy ha scritto invece che: «La scrittrice, docente di letteratura, intellettuale e critica Radwa Ashour, la più bella e gentile delle anime, è morta». Soueif ancora ha scritto: «Riposa in pace, cara amica mia. Radwa Ashour. E ora silenzio».
La nota scrittrice lascia il marito, il grande poeta palestinese Murid al-Barghouthi, e un figlio, il poeta e politologo Tamim al-Barghouthi.
“42 anni in compagnia di Radwa Ashour. Sì. La vita può davvero essere così generosa”
Solo pochi mesi fa –nel marzo di quest’anno – Ashour era stata omaggiata dall’Università di ‘Ayn Shams con una conferenza di due giornate sulla sua opera, dal titolo “Radwa Ashour: scrittrice e critica” a cui avevano partecipato ospiti e studiosi arrivati da tutto l’Egitto e da fuori.
Ma l’osannata autrice –la cui trilogia غرناطة (Granada) è stata votata come una delle 100 migliori opere letterarie del XX secolo dall’Unione degli Scrittori Arabi, e che ha fiduciosamente e autorevolmente insegnato a centinaia di studenti ad amare la letteratura – non ha sempre avuto un rapporto facile con la scrittura. Nel 1969, all’età di 23 anni, aveva partecipato ad una conferenza per narratori emergenti a Zagazig, e si era sentita sopraffatta dal talento degli altri scrittori abbandonando presto l’idea di scrivere. Nel suo saggio تجربتي قي الكتابة (La mia esperienza con la scrittura), Ashour afferma di essere stata tormentata dal dubbio se era o meno una scrittrice di talento. Negli anni ’70 aveva detto: «Ho rinunciato a scrivere. Ho stabilito di non essere brava, e la mia decisione ha colpito nel segno, improvvisa e definitiva come una ghigliottina».
Tra i 23 e i 34 anni, la scrittrice si era concentrata sull’insegnamento, sulla maternità e sull’attivismo. Il figlio Tamim era nato nel 1977, e nello stesso anno il marito – Murid al-Barghouthi – era stato deportato dal Cairo. Per un po’ al-Barghouti aveva vissuto in Ungheria, e lei e Tamim gli facevano visita quanto più spesso potevano. Ma gli anni ’70 passavano e – aveva scritto lei stessa: «Improvvisamente scoprii che la scrittura era riapparsa con una insistente, assillante presenza».
Radwa Ashour e il marito Mourid al-Barghouti
Nel 1980 Ashour era tornata a scrivere e lo stimolo, aveva detto, erano stati i problemi di salute che avrebbero continuato a perseguitarla per tutta la vita. L’autrice ha scritto il suo primo libro, الرحلة: أيام طالبة مصرية في أمريكا (Il viaggio. I giorni di una studentessa egiziana in America), dopo essere scampata alla morte. Sembra che questo libro, pubblicato quando aveva 37 anni, avesse riportato nella sua vita la «insistente, assillante presenza» della scrittura una volta per tutte. Il suo primo romanzo, حَجَر دافئ (Pietra calda), fu pubblicato due anni dopo.
Le malattie hanno costretto Ashour a letto molte altre volte. Ma forse –oltre a limitare le sue attività e a causarle grande dolore – hanno anche elevato e affinato la sua scrittura.
Nel suo discorso di apertura alla conferenza di marzo in onore di Radwa Ashour, la professoressa Ferial Ghazoul ha parlato della sua lunga relazione con la molteplice e singolare Radwa. Ha descritto come la passione di Ashour per la scrittura emergesse dalla paura di una morte sempre in agguato, in senso metaforico, la paura della «sepoltura della vita e [dell’]assassinio del potenziale».
La copertina di “Atyaf”
Pietra calda fu seguito da molti altri romanzi, tra cui سراج (Siraj, 1992), l’acclamata trilogia Granada (1994-1995) e il semi-autobiografico أطياف (ed. it.: Atyàf. Fantasmi dell’Egitto e della Palestina, trad. P. Zanelli, Ilisso 2009). Ashour aveva composto la sua semi-autobiografia più o meno nello stesso momento in cui il marito Murid al-Barghuthi scriveva la propria. Ma Atyàf non dipinge il quadro della vita di Ashour allo stesso modo in cui رأيت رام الله (Ho visto Ramallah, trad. M. Ruocco, Ilisso 2005) traccia quello della vita di al-Barghuthi. Al contrario, nasconde e svela allo stesso tempo, muovendosi tra le storie “vere” della propria vita e quelle fittizie di un personaggio di nome Shagar.
La scrittrice Rehab Bassam, un tempo allieva di Ashour, aveva detto tre anni fa in un’intervista: «Era praticamente l’unica professoressa che ci parlava “normalmente”… Non ci trattava con condiscendenza, non pensava che fossimo degli stupidi. Ci insegnava, ci ascoltava, e mi ha fatto innamorare di ogni singolo [autore] che citava… Mi ha fatto sentire che le cose che ci insegnava erano raggiungibili, tangibili, che potevano essere afferrate, capite, e discusse».
Mentre insegnava, Ashour ha continuato a scrivere, e negli ultimi anni sono apparsi: قطعة من أوروبا (Un pezzo d’Europa), pubblicato nel 2003, e la sua popolare epica plurigenerazionale del 2010, الطنطورية (La donna di Tantoura). La scrittrice ha anche vinto diversi premi letterari, tra cui il Premio Constantine Cavafy per la Letteratura nel 2007 e l’Owais Prize nel 2011.
I suoi problemi di salute l’avevano esclusa anche dall’attivismo politico diretto nel corso della maggior parte degli ultimi anninegli ultimi anni, ma la sua presenza – attraverso la scrittura- è sempre stata viva e palpabile.
L’influenza dell’opera di Ashour sulle generazioni successive di scrittori egiziani è ancora da vedersi. La famosa scrittrice Mansoura Ezz el-Din, che appartiene alla generazione letteraria degli anni ’90, aveva dichiarato molti anni fa in un’intervista di non aver attinto direttamente dall’opera di Ashour, dicendo tuttavia che: « Ammiro molto la sua personalità. È come una fiamma che ispira gli altri, sia come essere umano sia come insegnante».
Documentario su Radwa Ashour dalla conferenza di marzo: