La nostra avventura in Paraguay inizia il 15 febbraio 2012 alle 5 del mattino dopo solo tre ore di sonno: ci svegliamo dall’altra parte di Buenos Aires per prendere l’aereo delle 8:45 per Asuncion, capitale del Paraguay. Atterriamo intorno alle 10, lo sposo ci viene a prendere e due ore di macchina ci portano a Sant’Anì, una piccola cittadina a nord di Asuncion: lì vicino c’è la casa della famiglia della sposa dove stasera festeggeremo il matrimonio con chi non potrà venire alla cerimonia di sabato nella capitale. Attraversiamo campagne verdeggiati sotto un cielo pieno di nuvole tridimensionali: palmeti, risaie, mandrie del famoso manzo del Paraguay, villaggi, camion rombanti, dossi invisibili, strade drittissime e piene di polizia in agguato. Dopo 160 chilometri lasciamo la strada asfaltata inoltrandoci nella giungla su una stretta striscia di terra rossa che ci ricorda la Cambogia. Arriviamo al villaggio salutando i parenti italici dello sposo che sono già qui da un paio di giorni: vederli venirci incontro in questo contesto così ‘paraguayano’ è davvero surreale!
Passiamo il pomeriggio a far foto al folto gruppo di sorelle, cugini e nipoti della sposa di cui presto perdo il conto tanto è grande questa famiglia. Gli uomini scavano una buca per l’asado, la carne alla brace della mucca macellata ieri: nella buca si fa la brace e la carne è infilzata in bastoni appuntiti appoggiati al traliccio sospeso sul buco. Ci metterà cinque ore per cuocere, la carne bagnata ogni tanto con acqua e sale per non farla bruciare. Intanto le donne impastano farina di mais e manioca per la chipa (il pane guaranì), infornano la sopa (impasto di mais macinato e formaggio con la consistenza simile alla polenta, tipico del Paraguay), bollono la manioca (simile alla patata), e insaccano la morsilla (il nostro sanguinaccio), le mani piene di sangue ad un passo dal fuoco fumante. Tutti lavorano, bevono birra, giocano a pallavolo, i bambini giocano a nascondino, gli animali razzolano in giro, e noi facciamo foto a qualsiasi cosa si muova tra le risa delle donne che ci prendono in giro sorridendo bonariamente al nostro obiettivo che vuole cogliere questi preziosi momenti di vita campestre paraguayana: ci sentiamo onorati di essere partecipi di questo momento unico. Ad un tratto si mette a diluviare: la terra rossa si impasta e i bambini corrono qua e là bagnati fradici. Il caldo è davvero insopportabile, solo a stare fermi si suda, ma quasi non lo sentiamo presi come siamo dalla varietà umana e animale che ci circonda.
Verso sera comincia ad arrivare la gente: adulti e bambini si moltiplicano mentre Ivo dorme e io scrivo sotto gli sguardi incuriositi dei bambini che sbirciano le pagine ridendo e correndo via.
Quando l’asado è pronto comincia la festa e la birra corre a fiumi tra danze, risate e sorrisi stampati: tra una birra e l’altra riesco persino a parlare un po’ di spagnolo!
Andiamo a letto alle 11 e all’1:30 siamo già in piedi: ci aspettano altre due ore di macchina fino ad Asuncion per prendere il pullman delle 5:15 per Iguazù.
La seconda notte insonne passa in un disturbato dormiveglia gelato dall’aria condizionata altissima del bus: vediamo l’alba spuntare e illuminare di rosso le campagne paraguayane fino a Ciudad de l’Este, la porta paraguayana delle magnifiche cascate di Iguazù. Altri due pullman e tre ore di viaggio per fare 20 chilometri (!) ci accompagnano oltre il confine Brasiliano e poi all’ingresso del Parco Nazionale delle Cascate di Iguazù. Un altro pullman ci accompagna a passo d’uomo tra le meraviglie del parco fino ai punti panoramici sui salti d’acqua spumeggianti più grandi del mondo per estensione. Il rombo dell’acqua scrosciante si sente tra la vegetazione molto prima che la meraviglia delle cascate spunti davanti a noi, enorme e magnifica, sempre più vicina. L’umidità è soffocante e la doccia di acqua nebulizzata che ci investe ad un passo dalla Garganta del Diablo (il salto più alto del complesso) è un vero toccasana: mi lascio investire dal vapore affondando lo sguardo nell’acqua rombante e nell’arcobaleno che colora la visione di un che di celestiale.Lasciamo le meraviglie del fronte Brasiliano delle cascate e alle 21:30 siamo di nuovo sul pullman per Asuncion: la terza notte insonne passa ancora ‘on the road’, questa volta in un caldo soffocante e disturbato da un continuo sali-scendi di persone e bagagli.
E ora siamo qui, ad Asuncion, a casa di una delle tante sorelle della sposa, aspettando l’evento di domani che ci ha portati qui dall’altra parte del mondo: un grazie alla sposa e allo sposo che ci hanno permesso di vivere questa meraviglioso Viaggio in Sud America!
[ Racconto di viaggio di Federica L. ]