Tornare dal
Perù dopo una settimana di viaggio tra
Lima,
Paracas e
Ica e mettere in ordine le idee non è semplice. Sono stata catapultata in un mondo che non mi aspettavo, fatto di una natura immensa e magica, dove la costa, l’oceano e gli animali hanno reso ogni giorno della mia permanenza davvero unico, perché qui ho respirato la libertà.
Il clima, la vegetazione (nonostante siano zone desertiche), le onde che rendono il
Perù uno degli spot più ambiti dai surfisti
di tutto il mondo, la storia, la cultura, il cibo, sono solo alcuni degli aspetti che hanno catturato la mia anima ed è per questo che durante il mio viaggio ho coniato l’hastag
#Perùtuttalavita. È nato dall’emozione che ho vissuto entrando nel
Parco Nazionale di Paracas, dopo un primo tour in 4×4 (con i ragazzi di
Perù Responsabile) che ci ha portato sulle alture di
Arquillo Point e
La Mina Beach, dove il deserto cade a strapiombo nel mare, dove i colori della sabbia cambiano ad ogni angolazione, dove gli avvoltoi dalla testa rossa volano insieme ai gabbiani, mentre i leoni marini, indisturbati, nuotano e giocano sulla spiaggia.
Clicca per vedere lo slideshow.
Il paesaggio della costa e le sue ricchezze rendono quest’area del
Perù profondamente differente dalla zona Amazzonica e da quella delle Ande, conferendole quell’energia di luce e di colore che solo l’oceano può dare.
E anche il
cibo, ovviamente, fa la sua parte perché è profondamente radicato nella cultura e nella vita della popolazione locale. Da sempre.
Non a caso la
cucina peruviana è considerata la
migliore del sud America e nel 2006, a Madrid,
Lima è stata dichiarata la
capitale gastronomica dell’America Latina. Nel 2011 l’Organizzazione degli Stati Americani ha conferito alla cucina peruviana il titolo di eredità culturale delle americhe e a Lima si è riunito il G9 composto dai nove più importanti chef del pianeta. Da otto anni poi, sempre a
Lima, si svolge nel mese di settembre
Mistura, una fiera dedicata al cibo capace di riunire in 10 giorni oltre 500 mila persone: un evento cui partecipano chef da tutto il mondo e in cui si può comprendere la biodiversità che rende unico questo paese dove sapori, ingredienti, tradizione, culture diverse e creatività sono alla base di ogni piatto.
Clicca per vedere lo slideshow.
Ne è un esempio il
Cebiche, il
piatto locale simbolo per eccellenza a base di pesce marinato nel lime (o nel limone) e servito con verdure, cipolle, mais o patate. Il Cebiche è uno di quei piatti che testimoniano la commistione della tradizione gastronomica peruviana con quella delle tante popolazioni che nei secoli, qui, hanno trovato casa. Si può definire un piatto della
cucina nikkei intesa come fusione della cucina peruviana con quella giapponese e viceversa, una cucina talmente radicata nel territorio che in molti la considerano locale e basta.
Un altro simbolo della tradizione peruviana è quella del
Pisco, la
bevanda nazionale del
Perù. Si tratta di un’acquavite prodotta nell’area a sud di Lima, lungo la costa e le sue valli, tra i territori di Arequipa, Ica, Lima, Moquegua e Tacna. Prodotto con uve aromatiche (Italia, Muscat, Torontel, Albillo) e non aromatiche (Quebranta, Mollar Negra, Negra Corriente e Uvina), è suddiviso in
quattro tipologie: Pisco puro non aromatico (prodotto con un’unica varietà di uva non aromatica); Pisco puro aromatico (prodotto con un’unica varietà di uva aromatica); Acholado (un blend di due o più uve); Green must, ossia mosto verde (distillato da mosto parzialmente fermentato). In Perù, a differenza del Cile, il Pisco è talmente identitario da avere differenti significati: con questo nome infatti sono anche chiamati una valle, un porto, un fiume, una città e un uccello.
E se tutti gli anni, a fine luglio, la fontana di Plaza de Armas a
Lima fa sgorgare il Pisco, è sicuramente con i
cocktails che questa bevanda ha raggiunto una grande fama anche tra i più giovani. Basti pensare al
Pisco Sour (inventato nel 1920 nell’antico Hotel Maurey di calle de Villalta) a base di Pisco puro, zucchero di canna, lime, bianco d’uovo e Angostura (amaro ottenuto dall’infusione di chiodi di garofano, radice di genziana, cardamomo, essenza di arance amare e china), o alle altre varianti come il
Capitano (Pisco più Vermouth), il
Chilcano (Pisco più
Ginger Ale), il
Pisco Tonic (con Acqua Tonica) o l’
Algarrobina a base di Pisco, zucchero di canna, latte, cannella, rosso d’uovo e miele di carrube (senza contare le innumerevoli versioni con la frutta locale).
Ma il
Perù, grazie ad un estremo lavoro di bonifica del deserto che ha portato alla creazione di innumerevoli pozzi sotterranei da cui attingere l’acqua, è anche terrà di
vigneti (vino e non solo Pisco) e
uliveti, e grandi coltivazioni come quella degli
asparagi per cui detiene il primato di primo produttore al mondo. E se la sua storia vanta la produzione di
3 mila differenti tipologie di
patate (di cui se ne conoscono con certezza circa 400) non mancano altre ricchezze come quelle legate a pomodori, cipolle, fagioli, mais, paprika e una varietà di frutta incredibile: arance, mandarini, uva, mango, cocomero, pesche, fichi d’india e, tra le tipologie locali, pacae, lucuma, camu-camu, chirimoya.
E proprio
Ica, patria del Pisco e della vendemmia, è uno dei luoghi migliori dove assaporare ciò che la vitivinicoltura produce in Perù. L’Hotel Vinas Queirolo offre la possibilità di dormire all’interno di una tenuta di 400 ettari di vigne, mentre nella zona periferica dei Tres Esquinos, ricca di bodegas per le migliori degustazioni, esiste un’azienda che dal 1856 produce Pisco d’eccellenza. Si chiama
Tres Generationes ed è gestita dalla storica famiglia Gonzales Missa il cui faro è, da sempre,
donna Juanita, la
dama del Pisco: una signora di 82 anni innamorata della lucentezza di questa acquavite, che non ha mai bevuto, ma sempre osservato e annusato. E le brillano gli occhi quando ci parla della sua famiglia e della tradizione del
Pisco che lei utilizza, con grande vanto, come profumo.
Clicca per vedere lo slideshow.