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Basta che diate un'occhiata a qualsiasi telegiornale per rendervi conto che ci sono aspetti propri dell’essere umano del XXI secolo che non sono molto diversi da quelli che animavano i relativi progenitori preistorici. Secoli di civiltà (e progresso?) non sono stati capaci di spazzare via certe caratteristiche comportamentali semplicemente perché troppo radicate all’interno della biologia umana, grazie all’azione dei geni. Oltre a quanto detto nel post precedente, scopriamo così che geni e memi non hanno solo peculiarità simili, ma sono anche legati gli uni agli altri attraverso il potere degli istinti. In altre parole, il gene massimizza le possibilità di sopravvivere e replicarsi, suggerendo al suo organismo ospite la sensibilità agli istinti primari ovvero:
pericolocibosessoTutti i comportamenti primordiali sono riconducibili a questi tre istinti, ed è un luogo piuttosto comune (un’utopia?) pensare che cultura e civilizzazione siano in grado di tenerli a bada. Ma quando si parla di cultura e civilizzazione, stiamo parlando proprio di informazione e quindi, guardacaso, di memi. Così è facile rendersi conto che non sono tanto cultura e civilizzazione a tenere a bada gli istinti, ma piuttosto sono i memi a servirsi degli istinti per diffondersi e replicarsi. In effetti si può considerare che i memi abbiano iniziato a proliferare e a evolversi nel momento in cui l’essere umano ha raggiunto quel minimo grado di intelligenza tale da consentirgli di interagire con i suoi simili attraverso una qualsiasi forma di comunicazione.
.Le relazioni pericolose
Molto probabilmente ciò è avvenuto attraverso la trasmissione del concetto di “pericolo”. Il pericolo, di qualsiasi natura sia, un incendio, un predatore, una corrente troppo forte, la minaccia di un gruppo terrorista o un'imminente crisi economica, è così intimamente legato all’istinto di sopravvivenza, che la sua discriminazione anticipata diventa di importanza cruciale al fine della preservazione dell’individuo, e quindi dei geni che l’individuo porta con sé. Questo vale anche nel comportamento di moltissimi animali. Non c’è niente cui l’uomo sia più sensibile come al pericolo e alla paura che vi si associa come sentimento. Se si vuole fare una campagna di educazione stradale, per esempio, è più efficace mostrare immagini con le tragiche conseguenze di una condotta sbagliata, piuttosto che insistere sulle regole di un comportamento corretto. I memi associati al pericolo sono quindi “buoni memi”. La capacità da parte dell’individuo di tenere sotto controllo il pericolo e la paura, va a beneficio degli altri due istinti. Maggiore sicurezza infatti significa sia maggior possibilità di ricerca di cibo, sia maggior possibilità di accoppiamento. Questo non è vero solo nelle foreste di migliaia e migliaia di anni fa, ma anche nella società odierna, dove il termine “sicurezza” può essere inteso non solo in senso preistorico, ovvero come incolumità personale, ma anche come “sicurezza economica”. Così, dopo aver scampato il pericolo, l’altro grande istinto da placare è il bisogno di cibo. La fame è un istinto fortissimo, essendo, come il pericolo, strettamente connesso alla sopravvivenza dell’individuo. Basta fare caso ai memi legati al cibo o alla cucina che vengono diffusi da radio, TV, riviste, amici. Non solo il cibo è uno dei nostri bisogni primari, ma al cibo è spesso anche legata la ricerca della nostra accettazione nei confronti del prossimo, ovvero soprattutto la soddisfazione del nostro terzo istinto: accoppiarci. E qui veniamo all’argomento caldo.
La prossima volta però.
/continua
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