In principio fu un errore.

Da Gattolona1964

Sono nata nel lontano 1964, alle ore 1.15 del 6 Giugno non desiderata e non voluta da mia madre. Ella già mamma di una ragazza di 18 anni non aveva nelle sue priorità,quella di  ricominciare con pezze di cotone e CIRIPA’,(traduzione per i giovani d’oggi ”pannoloni”), allattamenti e depressioni postpartum,notti bianche e colichette addominali.Quando scopri’ d’essere pregna, oltre allo svenimento imminente, aveva provato il forte e deciso desiderio di abortire.Fu convinta a non eseguire il non legale omicidio, per l’epoca,dal mio papà e dall’allora medico condotto,senza figli causa sterilità della moglie,si diceva…ma desideroso di averne. La convinsero perciò a proseguire suo malgrado, la indesiderata gravidanza. Visse mi dice mia sorella G.,ancora vivente e con la memoria storica dei fatti successi allora,quelle trentotto settimane di gestazione,con angoscia e con molta vergogna.Non usciva nemmeno per andare a fare la spesa in paese, quando oramai era tale lo stato avanzato della pancia, che si sentiva ridicola e fuori luogo per quegli anni, avendo già una figlia signorina. Riconosco con una puntina di cinismo che trattasi di Epoca,quella nella quale sono nata. Mi chiedo ancora oggi come mai provasse ribrezzo e vergogna nel portare in grembo il frutto dell’aver fatto all’amore con mio padre: che colpa potevo averne io se non sono nata anni prima? Quando, forse mi avrebbe accolta con gioia.Forse.A patto però che io fossi maschio, ma dato che maschio non ero e non credo di esserlo diventata con gli anni, si è dovuta anche sorbire un’altra femmina in casa! Mi scervello ancora oggi nel cercare di capirla, ma non ci riesco, visto che anch’io sono diventata mamma per la seconda volta a 41 anni: 38 settimane di gestazione come lei, una nausea terribile uguale a lei, da non sopportare nemmeno l’odore dell’acqua, che odore non ha. Stavo per diventare madre di una bambina molto desiderata e cercata, ma mai nemmeno per un attimo, ho pensato di interrompere la gravidanza, anche se ero già mamma di un maschietto di 11 anni. Forse erano altri tempi? Forse la fatica di dover lavorare nei campi fino al giorno della mia nascita?O l’evidente e sconcertante (per lei) ammissione, che si era accoppiata con il marito? Badate bene: ho detto marito, nonchè mio padre, non un amante occasionale del quale molto probabilmente avrebbe avuto bisogno.Questo per la mia progenitrice madre, era disdicevole, avendo da sempre per sua stessa ammissione, un rapporto molto patologico con il sesso e tutto quello che da esso ne derivava.I miei genitori, per quei tempi, (trattasi del 1963) erano due persone “vecchie” di aspetto e di animo, dedite solamente al lavoro nei campi e ad accumulare denari su denari.Non mi ci raccapezzo!Di sicuro e di certo solo un dato di fatto:mi ha sempre chiamata l’errore.Fin da quando ho i ricordi che in questo caso si dimostrano ancora ben nitidi e chiari, ho in testa questa parola che mi martella, creandomi  nel cervello un bel tarlo: io sono un errore.Mio padre invece mi ha voluto bene da subito, felice che fosse nata un’altra femmina e non un maschio, non avrebbe voluto aver a che fare con 2 nuore in futuro! Ma soprattutto si disperava al sol pensiero che un figlio maschio, dovesse affrontare una eventuale guerra, così come lui aveva dovuto patire per sei lunghissimi anni.Per lei invece questo “ingombro” non ci voleva, non era previsto, nulla e nessuno potevano tranquillizzarla. Con il senno di oggi mi dico per creare a me stessa un alibi, che chi va al mulino, prima o poi s’infarina! L’ ha dovuto accettare, ma io per lei ero e rimarrò per sempre, fino alla fine dei suoi giorni l’errore compiuto in tarda età. Ricordo che mi presentava alle persone del mio paese,con evidente imbarazzo.Teneva sempre molto stretta la mia manina alla sua, che sentivo nodosa e deforme per il lavoro svolto nei campi.Mi stringeva talmente forte che le chiedevo di allentare la presa quasi stritolandomi le piccole e tenere dita.Alla solita e ricorrente domanda “Come si chiama la sua nipotina?” a fatica, come in un ritornello stonato rispondeva “E’ mia figlia, non è mia nipote, comunque è un’errore, io ho già una figlia grande”. Che questo fosse sempre e con chiunque ben chiaro e scolpito!Va da sè, che pian piano e con il passare degli anni,si forma in testa un tarlo che ti corrode, non ti lascia tregua, portandoti spesso e volentieri a sbagliare le scelte, quelle più importanti, quelle di vita, quelle della scuola, degli amori, quelle che dovrebbero essere per sempre.Ma va là mamma! Sei tu che hai sbagliato a tenermi dentro di te, sei tu che hai concepito questa brutta copia dell’altra tua figlia, sei tu che hai fatto un errore.Io poverina, agirò di conseguenza e se da cosa nasce cosa, da errore nasce errore.Fu cosi’, che io Fabiana, bambina di kg. 3,1OO nata forse all’ottavo mese, come recita la cartella clinica del tempo,inizio a comportarmi da errore fin da subito,compiendone a mia volta a migliaia.Errori di immaturità, paure inculcate da lei per colpe che non commettevo, complessi per il mio aspetto fisico non perfetto ai suoi occhi, isolamento dagli amici e dalle gite scolastiche, con conseguenze psicologiche tremende, che mi hanno fatta soffrire moltissimo e mi hanno lasciato dei segni cosi’ marcati e indelebili da farmi ricorda re sempre e ovunque io sia, che a questo mondo, forse per me il posto non c’era veramente.Con il senno e la maturità di oggi capisco che quello che mi sono conquistata non lo devo a lei, ma solo a me stessa.Me lo sono strappata dalla pelle con le unghie e con i denti, per non continuare a ripetere errori su errori, anche se ammetto con vergogna che ne ho compiuti a sufficienza.Ho cercato di limitare i danni e di parare gli argini, ma ne ho fatti tanti, alcuni fanno ancora molto male e sanguinano,ma questa mio blog non è la sede adatta per parlarvene. Ci sarà sicuramente, più avanti altra occasione.Esonerata sempre e comunque da tutto, a partire dall’ attività fisica a scuola,su sua richiesta esplicita al medico di famiglia, come fossi una ammalata grave. Esonerata dalle gite scolastiche alle quali non ho mai potuto partecipare, per la sua immotivata paura che mi violentassero nel tragitto.Sempre rinchiusa nel cortile di casa, con il maestoso cancello in ferro battuto liberty, chiuso bene bene con i lucchetti e le catene per i vitelli.Un cancello mastodontico con le colonnine laterali ed il cancelletto pedonale per entrare.Proveniva da una villa milanese e mio padre era andato a prenderlo una notte con il trattore nel parmense.Alle 20.30 nelle sere d’estate afose e umide esso veniva chiuso e sprangato,come il cancello di una caserma militare, della quale lei e solo lei era il Generale al comando.Io piangendo triste e disperata, sentivo in lontananza le voci allegre delle mie amiche che ridevano e scherzavano: loro erano libere e felici di giocare e correre all’aperto o di andare  in gelateria.Noncomprendo ancora stamattina ventuno novembre 2013, non voglio sapere e indagare oltre. La mia storia è andata cosi’forse è uguale a mille altre,lo devo accettare, me ne devo fare una ragione, indietro non si torna. A questo punto della mia e della sua vita, dove lei ammalata e ultra novantenne attende la fine, proverò a non farle domande e a non farmi più del male.Ora posseggo l’amore sconfinato e sincero di mio marito, seria e adorabile persona, equilibrata e razionale, che mi inonda di amore e bene totali, senza riserve.Ho l’amore ingenuo e meraviglioso di mia figlia piccolina, che per ora, mi adora senza malizia alcuna.Ho l’affetto di mio figlio già uomo,che a volte si allontana da me, ma so con certezza che mi vuole bene e sono il suo punto di riferimento principale.Ho l’amore ed il rispetto per me stessa, per quella che sono, quello che ho fatto, quello che non rifarei, quello che sono riuscita a diventare. E questo credo sia il premio migliore che potessi ricevere dopo tanta umiliazione di fronte al mondo e a me stessa. Non dimentico e non voglio di certo dimenticare le crudeli e vergognose “visite ginecologiche” alle quali ella mi sottoponeva con le sue manone grezze e curiose, per cercare di capire se ero ancora vergine o se avevo già avuto rapporti sessuali. Consenziente o forzata da qualcuno, poco importava:l’importante era controllare ed avere il controllo totale su me e sul mio corpicino.Peccato che tali violenze iniziò a farmele subire verso i dieci/dodici anni, facendomi ivisitare da medici viscidi e perversi, che con finto stupore e forse una punta d’erezione, mettevano volentieri le mani nella mia piccola e intatta verginità. Però, forse e dico forse,un angolino segreto dentro di me esiste ancora ed è per lei, la mia mamma,dove c’è rinchiusa bene a chiave una montagna di bene e d’amore che vorrebbe scoppiare per avvolgerla.Ma quando ella mi guarda, con occhi oramai acquosi e vuoti, chiedendomi con voce e bocca tremolanti dei baci, le mie labbra non riescono ad accostarsi alla sua guancia.Ma è un errore che faccio,mi pento subito,in quel momento torno bambina di 6 anni e mi rivedo abbracciata a lei in ospedale. Sei lunghi mesi attaccata a lei, un paratifo preso chissà da quale acqua o alimento inquinato mi avevano ridotto in fin di vita. Ma lei, non volle mai abbandonarmi, non voleva e io non volevo nessun’altro, nemmeno  mia sorella Giuliana. Andava a casa solamente pochi minuti per lavarsi e cambiarsi, poi ancora all’ospedale vicino alla sua bambina. Dormiva di notte, si fa per dire! su una sdraio cigolante, attenta e precisa sulle medicine che mi somministravano dei medici alquanto distratti e poco attenti ai miei sintomi. Aveva quaransette anni ed una forza da leoni, ha retto giorni e notti dentro ad uno stanzone d’ospedale, senza mai lamentarsi, senza curarsi dell’aspetto fisico, trascurando il resto della famiglia per rimanermi attaccata. Mi faceva i disegni delle fiabe, era bravissima a disegnare con la matita Cenerentola, Il Gatto con gli Stivali, Alice nel paese delle meraviglie… era il suo modo per fare qualcosa per me e dimostrare tutto l’amore, sbagliato o no, patologico o no, che una madre ha per la propria figlia. Alcuni disegni li conservo ancora, intatti come se quarantatre anni non fossero passati. Hanno la dedica dietro per me,a matita. Altri disegni, numerosi mi ha sempre detto lei, glieli ho strappati quando le febbri erano così alte che mi devastavano, non capivo più nulla e andavo sempre ad un passo dal chiudere gli occhi.Oggi riguardando  quei disegni, toccandoli, annusando l’odore di carta vecchia e pastelli fini, risento le sue mani che mi abbracciano e vorrei averla qua con me, che mi stringe forte e mi dice “Dai Fabiana,tu no ndevi morire, la Madonnina non ti vuole ancora con lei! Coraggio, non mollare ci sono io a volerti bene e a proteggerti!”. Ma è un altro errore, lei non c’è ed il tempo trascorso non ci darà una seconda possibilità.

Ho voluto ripostare questo tema oggi, 21 novembre 2013, già scritto nell’ottobre 2012. Non so spiegarvi il perchè, lascio sedimentare in voi pensieri e opinioni, che non avete assolutamente il dovere di darmi. potete anche semplicemente rileggerlo, pensarci un pà su e poi cambiare link!

Buona mattina a voi tutti. Fabiana Schianchi Ugoletti.



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