In Provincia di Lecce necessaria la CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA

Da Antoniobruno5

Ho letto le domande sorte dopo la lettura della mia proposta per un economia dell’olivo e dell’olio fatta dai giovani per il territorio senza avere la proprietà degli oliveti. In questa nota tento di esprimere l’idea che mi sono fatto io. E’ lunga ma spero che la vostra pazienza che io metto sempre a dura prova, mi conceda un pochino del vostro prezioso tempo. Grazie Il territorio del Salento leccese è rurale, ma in campagna abita e lavorano pochissimi dei suoi abitanti e di questi quelli giovani sono una rarità. Si tratta come si vede di un enorme squilibrio nell’uso del territorio cui occorre cominciare a porre rimedio. Non era così nell’epoca pre-industriale quando il predominare dell’attività agricola favoriva di per sé un insediamento equilibratamente diffuso su tutto il territorio. Non è più sostenibile nell’epoca post-industriale in cui viviamo con la sua crescente necessità di temperare i consumi non necessari e di fare un uso equilibrato sia dell’energia che del territorio e delle sue risorse. E ciò vale quanto mai nel periodo di crisi prolungata che stiamo attraversando, il quale impone l’impegno a riscoprire e rivalorizzare tutte le risorse: la campagna del Salento leccese è una di esse, e una delle più consistenti. Come ripopolare la campagna? Ciò non può avvenire per decreto, né essere l’esito di una forma di neocolonialismo interno. “Non sono state né saranno le varie PAC e PSR che potranno fare la differenza, ma è la società civile del Salento leccese che deve trovare l’energia e la determinazione per affermare la volontà di vivere in campagna.
Ci sono spazi per una rivalorizzazione della campagna del Salento leccese in maniera non assistita bensì all’insegna dell’autogoverno ma per questo sono necessarie comunità vitali come quelle di Spazi popolari. La campagna è una risorsa e non una “palla al piede” non solo perché è ricca di quelle risorse strategiche che con la crisi diventeranno sempre più preziose, come l’acqua e fonti energetiche rinnovabili, ma anche perché ha risorse sociali e culturali. Marginalizzata dalla crisi delle attività tradizionali (agricoltura, allevamento, selvicoltura, artigianato), la campagna – tranne alcune aree forti assimilabili a quelle urbane – ha sofferto per la crisi demografica, l’invecchiamento della popolazione, il pendolarismo, le seconde case. Crisi che in molti casi il turismo ha accentuato e non risolto. Oggi la crisi dello Stato politico e di quello “sociale” possono aprire spazi di rinegoziazione, di autogoverno, di ricomposizione di comunità più vitali anche a cavallo di vecchie demarcazioni politico-amministrative. Ci devono però essere comunità in grado di reclamare questo autogoverno, di rispolverare adattandoli al presente i vecchi istituti che si collocano tra pubblico e privato, i vecchi corpi intermedi che lo Stato e l’ideologia moderna hanno qualificato come residui medioevali. Ci devono però essere comunità in grado di gestire l’autogoverno.
Noi salentini siamo il frutto di anni di storia del Salento leccese, di tradizioni, di lavoro, di impegno, di vita e soprattutto di persone. Anni vissuti per la nostra terra, a cui ci doniamo completamente senza riserve. Una terra che amiamo e che ameremo sempre, nonostante le avversità e le difficoltà che spesso ci colpiscono. Se oggi, dopo tanto tempo, abbiamo ancora una coscienza così forte di ciò che è stato, la sfida che ci proponiamo è quella di fornire gli strumenti a coloro che verranno dopo di noi per non dimenticare, e trasmettere ai posteri ciò che è stato nel passato per un futuro sempre migliore, senza perdere quella forte identità che ci contraddistingue.
Si tratta di pubblicizzare attraverso una CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA il piacere di raccogliere frutta e verdura mentre si passeggia attraverso le campagne del nostro Salento, invece di doverli acquistare dopo ore di coda al supermercato senza conoscerne la provenienza.
Dobbiamo come “novelli apostoli” far conoscere un orto per così dire “comunitario”. Dobbiamo dire e ottenere che gli abitanti del Salento leccese non si riforniscono più dai tradizionali mercati ma dai giovani di Spazi popolari da questa comunità che autoproduce quanto basta per il sostentamento degli abitanti, che, in un circolo virtuoso, sono coinvolti in prima linea nelle attività di cura ed implementazione dello spazio comune. Una vera delizia per occhi e spirito! Noi vogliamo creare il paradiso dei vegetariani, dove patate e ortaggi di ogni genere e varietà, ma anche frutta, olio, vino e erbe aromatiche che devono farla da padroni. Insomma si tratta di sposare l’idea che nasce nel contesto di un progetto ideato da Ivano Gioffreda e compagni (che siamo noi) per rendere il Salento leccese autosufficiente in tema di produzione di olio, vino, grano frutta e verdura. Ivano e compagni (che siamo noi) hanno innescato un vero processo di valorizzazione del potenziale di risorse localmente disponibili e non utilizzate. E’ la vera alternativa di tutto quanto sino ad oggi è accaduto nel Salento leccese dove è sotto gli occhi di tutti che si è dato vita a forme di “partecipazione senza condivisione”, che hanno portato ben presto ad uno scadimento nella retorica della partecipazione, incapaci di generare il valore aggiunto atteso. Ho fatto l’esperienza della Progettazione Integrata e sono stato costretto a prendere atto di questi limiti, non per considerarli un dato insuperabile ma per realizzarne il superamento. Lo sviluppo del Salento leccese, infatti, è possibile sono con il miglioramento della governante territoriale e attraverso l’approccio partecipativo. Tutti abbiamo potuto osservare che le politiche di sviluppo sin qui messe in atto con le Misure della PAC e del PSR non si basano su effettivi partenariati e cooperazioni locali e quindi, come a tutti tristemente noto, hanno dato prova di scarsa efficacia. Si tratta di fare un patto con i cittadini per dare lavoro ai figli del Salento che, invece di lavorare a 600 euro al mese nei CALL CENTER o a 1.000 euro come COMMESSI DELLA GDO  (GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA), producono per vendere tutto ai loro genitori e parenti e a tutti i cittadini del Salento nel Mercato Contadino del proprio Comune per  sperimentare finalmente un’economia ecologica e solidale. Nel MERCATO  DI  SPAZI POPOLARI  DI IVANO GIOFFREDA E COMPAGNI  tutti i cittadini che vogliono partecipare possono portare: • oggetti da barattare, anche oggetti riparati ma funzionanti; • propri lavori di artigianato; • i prodotti del proprio orto, le officinali, i semi; • le loro capacità e conoscenze; per barattarli o venderli . E’ il sostegno alla sovranità alimentare del Salento che rappresenta l’atto di fiducia che gli abitanti del nostro territorio si attribuiscono reciprocamente; rappresentando una diminuzione della spesa, aumentano di fatto il potere di acquisto delle famiglie che partecipano al Mercato, ma soprattutto che agganciano gli euro al territorio arginando l’emorragia di ricchezza e innescando circuiti economicamente e socialmente virtuosi. Possiamo definire i MERCATI  DI  SPAZI POPOLARI  DI IVANO GIOFFREDA E COMPAGNI  come una “contabilità” della reciproca fiducia: metro di misura di una solidarietà fattiva, ecologica ed economicamente circolare e quindi per tutti conveniente.
Chi vorrà partecipare potrà portare un proprio tavolino o un lenzuolo per esporre gli oggetti, poi dovrà decidere quanto vale il bene che offre e iniziare lo scambio con gli altri cittadini in modo tale da ottenere l’Economia Positiva. A questo Mercato potranno partecipare anche i bambini e le bambine, accompagnati dai genitori.
I MERCATI  DI  SPAZI POPOLARI  DI IVANO GIOFFREDA E COMPAGNI  promuovono l’economia a kmZero, l’agricoltura locale e la solidarietà.
Nel Salento leccese l’80% della ricchezza prodotta è trasferita altrove attraverso le bollette dell’energia elettrica e termica, attraverso prodotti che arrivano da lontano, attraverso gli sprechi e la corruzione. Questa situazione impoverisce le economie locali, distrugge l’ambiente e degrada l’umanità che lavora. Se Se siamo d’accordo Spazi popolari creerà invece attività lavorative che utilizzano le energie rinnovabili, sostenendo l’agricoltura e la produzione locale, creando un sistema onesto per riportare la ricchezza nei territori, creare comunità più resilienti, ecologiche e solidali. Ivano questa è la risposta che sono riuscito a mettere insieme per rispondere alle mille domande che sono nate dopo la mia proposta di fare l’olio senza possedere l’oliveto. Spero che il dibattito continui. Cari saluti
antonio

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