In realtà vince sempre Golia

Creato il 25 maggio 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

“I tifosi dell’Atlético Madrid cantano, ma non è finita.” Tra un numero e una sciabolata disperata il cronometro è arrivato a segnare quasi il novantesimo, quando il telecronista Mediaset pronuncia questa fatidica frase. Gufata? Premonizione? O semplice considerazione che quanto accaduto al Nou Camp nella finale del 1999 potrebbe sempre ripetersi?

Fatto sta che al terzo minuto di recupero, su corner di Modrić, Sérgio Ramos svetta e di testa segna il gol che manda tutti ai supplementari. Dopo la doppietta in casa del Bayern in semifinale, un gol ancora più pesante per il centrale che Mourinho aveva messo da parte.
I tifosi dei colchoneros si azzittiscono di botto e quelli del Real Madrid partono col controcanto. Il buon telecronista ci riprova, quando il match è ancora in pareggio, a dire che anche i tifosi dei blancos dovrebbero aspettare a cantar vittoria. Ma questi ultimi lo sanno che il più è fatto, che avere una panchina lunga e tanti giocatori dall’ingaggio milionario sbilancerà, prima o poi, la partita definitivamente a loro favore e farà vincere loro la décima. Finalmente, visto che dalla nona del 2002 sono stati spesi 1 miliardo e 200 milioni di euro.

E, infatti, dopo un primo tempo supplementare di decompressione post-euforia, il Real Madrid spinge sull’acceleratore nell’ultima frazione. Quelli dell’Atlético sono ormai divorati dai crampi, da una stanchezza che si è fatta sentire tutta insieme, Juanfran sulla destra addirittura non si muove più e giocoforza è da lì che arrivano le azioni che chiudono il match. Al 110′ Ángel Di Maria spacca per l’ennesima volta in due la difesa biancorossa e con l’esterno sinistro batte a rete, Courtois è miracoloso nella risposta, ma Gareth Bale sulla respinta mette dentro di testa: una vera beffa che a segnare la rete del definitivo sorpasso sia il gallese, che sulla coscienza ha tre grosse occasioni fallite (forse per volontà di poter raccontare ai nipotini “una volta in finale ho fatto gol di punta!”), e non l’argentino, che degli attaccanti madrilisti è l’unico ad aver veramente inciso nella partita e ad aver lasciato segni e ammonizioni (ben tre!) nella retroguardia avversaria. Otto minuti dopo è l’ancora fresco Marcelo, subentrato a metà ripresa a un nervosissimo Coentrão, a chiudere i conti con un sinistro da distanza che buca Courtois; allo scadere è l’arbitro Kuipers a dare a Cristiano Ronaldo la possibilità di iscrivere immeritatamente il proprio nome nel tabellino. Un rigore buono per le statistiche perché sancisce il gol numero 17 di CR7 in questa campagna Champions (record assoluto) e fa sì che il risultato ufficiale della finale sia 4-1 d.t.s., un punteggio davvero insolito, ma che già si era visto.[1] La tensione di questi ultimi minuti si fa sentire in campo e il fischio finale coglie Simeone imbestialito con Varane, reo di aver tirato una pallonata contro la panchina. Poi tutto si acquieta e si procede alla premiazione.

Quanto visto nel recupero e nei supplementari non deve, però, far dimenticare cosa è accaduto in precedenza. Dire che il Cholo Simeone e il suo Atlético Madrid siano i vincitori morali non ha senso, perché la coppa l’hanno persa sul campo. E poi i colchoneros in questa stagione hanno vinto la Liga, che quanto a blasone è inferiore alla coppa dalle grandi orecchie, ma quanto a difficoltà ha poco da invidiarle: le superpotenze Barcellona e Real Madrid hanno ottenuto 87 punti, eppure l’Atlético è andato oltre (90 punti frutto di 28 vittorie, 6 pareggi, 4 sconfitte), è riuscito a non farsi logorare dall’essere stato in vetta quasi ininterrottamente e ha saputo guadagnarsi lo scudetto al Nou Camp, in rimonta, senza il suo attaccante più forte e senza il suo giocatore di maggior talento.[2] Nella stessa situazione, la squadra si è presentata all’appuntamento della finale di Lisbona. Arda Turan neanche in panchina, Diego Costa fuori dopo 9 minuti, assenze molto più pesanti nell’economia generale di un match di quella per squalifica di Xabi Alonso. Eppure i biancorossi hanno imbrigliato la squadra di Ancelotti raddoppiando e triplicando sul portatore di palla, hanno concesso nel primo tempo solo un tiro (e su errore in impostazione di Tiago) e, alla prima occasione, sono passati col solito Godín su azione da corner. Anche se i meriti del difensore uruguagio sono pari ai demeriti di Ilker Casillas, ieri stranamente in vena di uscite scomposte.
Il vero capolavoro, però, la squadra del Cholo l’ha fatto nella prima metà della ripresa, quando ha tenuto gli avversari lontano dalla propria area e ha creato anche i presupposti per il raddoppio grazie alle continue sovrapposizioni sulle fasce di Felipe Luis e Juanfran e all’incredibile lavoro di cucitura di Gabi (33 anni e non sentirli) e Villa. Certo con un puntero o un giocatore che salta l’uomo meglio di Adrián Lopez sarebbe stata un’altra storia e la monumentale partita in difesa di Miranda avrebbe avuto un riconoscimento maggiore. Poi Ancelotti, fino a quel momento stranamente abulico in panca, ha deciso di immettere forze fresche e di togliere un Khedira decisamente fuori partita e l’inerzia del match piano piano è cambiata.
Il gol di Ramos a tempo scaduto ha definitivamente fatto virare la sorte dalla parte del buon Carletto, che si è così portato a casa la terza coppa da allenatore (impresa riuscita solo a Bob Paisley del Liverpool). E, anche se nella partita a scacchi contro Simeone l’ex milanista ha decisamente perso, questa vittoria il primo anno di panchina dei blancos ci sta tutta. Sperare che una squadra che ha un budget ridotto possa vincere la Champions è forse utopia. E allora tra le grandi squadre viste quest’anno, intendo quelle costruite pensando ai nomi e non ai ruoli, agli sponsor e non al gioco, il Real Madrid di Ancelotti è stata la migliore e lo 0-4 nella semifinale di Monaco lo dimostra.

federico

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[1] Gol segnati in una singola edizione: il record precedente era di 14 gol, detenuto da Messi (Barcellona, stagione 2011/12) e Altafini (Milan, stagione 1962/63). L’altra finale terminata col punteggio di 4-1 d.t.s. è invece quella del 1968. A vincere fu il Manchester United di Best sul Benfica di Eusebio
[2] 17/5/2014, 38° giornata della Liga. Barcellona-Atlético Madrid 1-1, gol di Alexis Sánchez (B) al 34′ e Godín (AM) al 49′. Diego Costa e Arda Turan sostituiti per infortunio, rispettivamente, al 16′ e al 23′. In caso di vittoria blaugrana le due squadre avrebbero terminato appaiate a 89 punti, ma il titolo sarebbe andato al Barcellona per miglior differenza reti


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