19 Marzo 1994, ore 7.30, nel giorno del suo onomastico Don Giuseppe Diana viene ucciso da un sicario inviato dalla camorra nella sagrestia della sua chiesa a Casal di Principe. Chi era Don Diana? In realtà poteva essere chiunque di noi! Leggendo la storia della sua vita è impossibile non notare il suo carattere umano, per nulla eroico, ma ugualmente coerente e coraggioso;
Don Diana sapeva cosa fosse la bellezza e sapeva non piegare la testa, amava la vita.“Con Peppe mi sentivo unito dalla musica, in particolare quella popolare napoletana. Ricordo che lui mi seguiva cantando coi bonghetti mentre io intonavo con chitarra e voce canzoni della tradizione napoletana. Stare insieme a lui era sempre una festa“. Avvertiva un fortissimo desiderio di libertà che spesso si tramutava in canto.
” A Peppe piaceva cantare e farlo con tutta l’anima come un bisogno di libertà. Era possibile leggergli dentro l’esigenza di un mondo nuovo. Un giorno disse: “Dobbiamo cantare ancora, senza fermarci mai. Dobbiamo cantare e cantare, per tutta la vita, far arrivare a tutti la nostra voce”.
Ad una simile richiesta qualcuno obiettò: “Non capisco” e lui rispose “Nessuno capirà subito ma col tempo si renderanno conto” e senza alcun timore riprese il canto.
La vita lo portò a Casal di Principe, Casale non era una città come le altre, lo Stato non esisteva ed era ormai sostituito dalla Camorra. A contendersi Casal di Principe in quegli anni vi erano la famiglia Schiavone e la famiglia De Falco, in provincia di Caserta in 5 anni vi furono 294 morti per mano della camorra.
In questo clima Don Peppe iniziava il suo lavoro di educazione al bene e alla giustizia, si circondava di giovani e da fine conoscitore della Bibbia sentiva l’esigenza di opporsi al male, e il male a Casale era la camorra!
Il 23 Gennaio 1988 diede vita alla prima marcia anti camorra a cui partecipò anche il coraggioso vescovo di Acerra Don Rimboldi; il paese però non era pronto e il risultato fu una scarsa partecipazione e tante, troppe tapparelle abbassate.
Aveva nel cuore la gioia ed essa l’avvertiva circondandosi di giovani, si avvicinò da adulto alla comunità scout e anche in quel caso riuscì a farne suoi i valori; era affascinato dal simbolo della promessa e del servizio, come Baden Powell ammirava la storia dei cavalieri, uno su tutti San Giorgio, colui che è raffigurato nell’atto di combattere il drago. Dopo qualche anno anche Don Peppe fu costretto a combattere col suo drago.
Intanto le tensioni aumentavano, tante furono le intimidazioni come spari alle finestre, ma Don Peppe era testardo e non si lasciava piegare: “Qua bisogna fare qualcosa…non se ne può più…questi la devono finire… e anche noi chiesa dobbiamo farci sentire, gridare che la camorra è contro Dio e contro gli uomini“.
Per rafforzare la sua lotta, nel ’91 nacque “Per Amore del mio popolo”, rivoluzionario e coraggioso documento in cui la chiesa in cui lui credeva, quella del servizio e dell’amore per la la giustizia, della lotta verso il male e verso la sopraffazione del più debole, condannava per la prima volta in quelle terre il cancro della camorra.
Ecco il testo originale:
Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che é la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
La Camorra
La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.
Precise responsabilità politiche
E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibile.
Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti. – Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18); – Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43); – Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23); – Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5) Coscienti che “il nostro aiuto é nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che é la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe” Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;
Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”. Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo – Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata – San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta – Villa Literno; M.S.S. Assunta – Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO ).
Ormai Don Peppe aveva superato il limite, continuava a sfidare quell’organizzazione criminale seminatrice di odio e vendetta. Fu così che la camorra ne decretò la morte. Il processo durato 10 anni, concluso in cassazione nel 2004, smonta tutte le accuse che cercarono di infangare il nome di Don Diana (il Corriere di Caserta titolò un numero: “Don Peppe Diana era un camorrista“).
Concludiamo il ricordo del martire di Casale con le parole della sentenza in cui si legge :” La scelta di uccidere Don Diana ebbe soprattutto una forte carica simbolica, come segnale che avrebbe dovuto essere dirompente e risolutorio nella contrapposizione tra il gruppo De Falco-Quadrano e i casalesi.” , e con una sua frase simbolo del suo operato “Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di non aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare”.
Bibliografia: testimonianza tratte dal libro “Petali di vita”