Nel messaggio divulgato ieri sera dall’attuale presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, per annunciarne la morte; si legge commozione e gratitudine verso un politico che ha fatto la storia del Paese e dei diritti civili nel mondo, ma anche il senso di amicizia che Mandela sapeva ispirare con la sua immagine di uomo semplice, votato alla pace e al perdono. 27 anni di prigionia a Robben Island. Tanto gli è costata la sua lotta contro le disuguaglianze e il razzismo, la protesta contro la ghettizzazione della popolazione nera in quei quartieri coloured che celavano emarginazione, annientamento e, spesso, anche sentimenti di vendetta. Eppure; da quegli interminabili anni di detenzione Mandela non ha mai tratto l’insegnamento che l’unica soluzione, una volta uscito di prigione, fosse la vendetta. È stato fino all’ultimo un uomo di pace, come ha dimostrato intavolando da subito un dialogo con Frederick Willem de Klerk, l’ultimo presidente sudafricano durante il periodo dell’apartheid. Con lui ha condiviso la soddisfazione di vedersi attribuito il Premio Nobel per la Pace, ma De Klerk non nega che l’onore maggiore debba essere riconosciuto al Madiba nazionale. “Era una persona molto umana” ha commentato alla notizia della scomparsa del grande attivista.
Dall’altra parte del mondo, invece, Barack Obama ha preferito ricordare lo statista sudafricano con le sue stesse parole: “Ho combattuto contro il dominio dei bianchi e ho combattuto contro il dominio dei neri. Ho amato l’ideale di una società democratica e libera, in cui tutti possano vivere in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di vivere e che spero di raggiungere. E se è necessario è un ideale per cui sono pronto a morire”. Obama non ha aggiunto molte riflessioni a corollario dei fiumi d’inchiostro versati per descrivere le qualità umane di Mandela. Significativamente; ha però aggiunto che “Mandela ha vissuto per questo ideale e lo ha reso reale”.
L’ultimo addio a Mandela sarà celebrato nel suo villaggio natale il prossimo 15 dicembre. Di lui resta l’impegno e l’esempio per un mondo più equo e più sano, privo di inutili discriminazioni e aperto alle necessità degli ultimi, dei più emarginati. Un pensiero che è stato ben riassunto, all’indomani della sua scomparsa, da un’altra famosa attivista, Aung San Suu Kyi: “Noi possiamo cambiare il mondo cambiando i nostri atteggiamenti, le nostre percezioni. Per questa ragione, vorrei rendere omaggio a lui come ad un grande essere umano che ha elevato gli standard di umanità”.
Silvia Dal Maso
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