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In ricordo di Pasolini

Creato il 02 novembre 2011 da Manuela Raganati Bhoblog
Pasolini, 36 anni fa, stava trascorrendo la sua ultima sera a Roma, la sua ultima sera di vita, in tutti i sensi. Qualche chiacchiera sommessa all'Osteria Biondo Tevere e poi, ancora, qualche ultimo sguardo agli angoli oscuri della città. E poi, arrivò la notte, la notte più profonda e lunga della vita di Pasolini: la morte.
36 anni sono tanti, anche se ogni anno che passa il ricordo di questo autore porta riflessioni e nuovi libri, ma niente di tutto questo riesce a colmare il vuoto che la scomparsa di Pasolini lasciò là, sul lido di Ostia, quella notte tra 01 e 02 novembre del 1975.
Mi piace ricordare questo grandissimo autore in questa notte del 2011, perchè penso che il tributo sia doveroso. Io sono una grande appassionata di Pasolini. Ho studiato molto le sue opere all'università e mi sono innamorata del suo modo di guardare la realtà. Il suo sguardo poetico è riuscito a cogliere molti aspetti oscuri della nostra società, ma anche a cantare i versi più sofferti della modernità.
(Manuela Raganati)
A Pasolini, al buon Pier Paolo, stasera va il mio ricordo, con questi versi bellissimi di una delle sue più famose poesie, Il Pianto della scavatrice:
I
  
   Solo l'amare, solo il conoscere
   conta, non l'aver amato,
   non l'aver conosciuto. Dà angoscia
  
   il vivere di un consumato
   amore. L'anima non cresce più.
   Ecco nel calore incantato
  
   della notte che piena quaggiù
   tra le curve del fiume e le sopite
   visioni della città sparsa di luci,
  
   scheggia ancora di mille vite,
   disamore, mistero, e miseria
   dei sensi, mi rendono nemiche
   le forme del mondo, che fino a ieri
   erano la mia ragione d'esistere.
   Annoiato, stanco, rincaso, per neri
  
   piazzali di mercati, tristi
   strade intorno al porto fluviale,
   tra le baracche e i magazzini misti
  
   agli ultimi prati. Lì mortale
   è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
   alla stazione di Trastevere, appare
  
   ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
   alle loro borgate, tornano su motori
   leggeri - in tuta o coi calzoni
  
   di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
   i giovani, coi compagni sui sellini,
   ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori
  
   chiacchierano in piedi con voci
   alte nella notte, qua e là, ai tavolini
   dei locali ancora lucenti e semivuoti.
  
   Stupenda e misera città,
   che m'hai insegnato ciò che allegri e
   feroci
   gli uomini imparano bambini,
  
   le piccole cose in cui la grandezza
   della vita in pace si scopre, come
   andare duri e pronti nella ressa
  
   delle strade, rivolgersi a un altro uomo
   senza tremare, non vergognarsi
   di guardare il denaro contato
  
   con pigre dita dal fattorino
   che suda contro le facciate in corsa
   in un colore eterno d'estate;
  
   a difendermi, a offendere, ad avere
   il mondo davanti agli occhi e non
   soltanto in cuore, a capire
  
   che pochi conoscono le passioni
   in cui io sono vissuto:
   che non mi sono fraterni, eppure sono
  
   fratelli proprio nell'avere
   passioni di uomini
   che allegri, inconsci, interi
  
   vivono di esperienze
   ignote a me. Stupenda e misera
   città che mi hai fatto fare
  
   esperienza di quella vita
   ignota: fino a farmi scoprire
   ciò che, in ognun, era il mondo.
  
   Una luna morente nel silenzio,
   che di lei vive, sbianca tra violenti
   ardori, che miseramente sulla terra
  
   muta di vita, coi bei viali, le vecchie
   viuzze, senza dar luce abbagliano
   e, in tutto il mondo, le riflette
  
   lassù, un po' di calda nuvolaglia.
   È la notte più bella dell'estate.
   Trastevere, in un odore di paglia
  
   di vecchie stalle, di svuotate
   osterie, non dorme ancora.
   Gli angoli bui, le pareti placide
  
   risuonano d'incantati rumori.
   Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
   - sotto festoni di luci ormai sole -
  
   verso i loro vicoli, che intasano
   buio e immondizia, con quel passo blando
   da cui più l'anima era invasa
  
   quando veramente amavo, quando
   veramente volevo capire.
   E, come allora, scompaiono cantando.
(Pier Paolo Pasolini)

In ricordo di Pasolini

Autoritratto di Pier Paolo Pasolini


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