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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
In Rock. Più che un titolo, un imperativo categorico. Un comandamento. Uno stile di vita. Con questo incredibile quarto album i Deep Purple sprigionano, per la prima volta, il loro inimitabile sound, ruvido come carta vetrata, solido come una roccia e grande come una montagna. Già dalla copertina (a giudizio dello scrivente una delle più belle mai realizzate) Gillian e soci mettono subito le cose in chiaro, facendosi ritrarre scolpiti sul fianco del Monte Rushmore, al posto degli storici presidenti degli Stati Uniti. Non si tratta di megalomania ma di grandezza e potenza. Dopo aver sostituito Rod Evans e Rick Simper con Ian Gillian e Roger Glover, i Deep Purple trovano la quadratura del cerchio e si apprestano a diventare i “presidenti” della scena musicale anni ‘70. Non per nulla sono considerati, insieme a Led Zeppelin e Black Sabbath, i padri fondatori dell’hard rock e successive derivazioni. Ma mentre gli Zeppelin sono più immediati e sanguigni ed i Sabbath più tormentati e rabbiosi, i Deep Purple sono più tecnici e raffinati, contaminando il loro stile con la psichedelia, il progressive e persino le suggestioni classiche.
“La gente mi chiede ‘oh qual è il tuo album preferito?’ Per me è sempre In Rock perché quello è il nucleo da dove veniamo” (Roger Glover)
In Rock- Harvest Records-1970
Sulla solida base ritmica fornita dal duo Paice/Glover, si innestano i sofisticati fraseggi di organo ad opera di John Lord ed i funambolici riff chitarristici di Ritchie Blackmore. La voce di Ian Gillian fa il resto. Vola in alto, urla, riscende su toni più morbidi marchiando a fuoco capolavori come Child In Time, Into The Fire, Speed King, Bloodsucker e Living Wreck. La tecnica complessiva del gruppo è, a dir poco, strabiliante. Accelerazioni improvvise, cambi di tempo, velocità d’esecuzione supersonica, assolo vertiginosi, volume impressionante e distorsioni estreme fanno di In Rock un caposaldo per chi vuole immergersi nel mondo del rock estremo sia come musicista che come semplice ascoltatore. Gruppi come Rainbow, Whitesnake, Iron Maiden fino ad i recentissimi Dream Theather, Slayer e Black Label Society hanno letteralmente consumato i microsolchi di questo disco cercando di carpirne i segreti e ricrearne la splendida alchimia. Tuttavia non è un album di facile ascolto. Il mare di note prodotte, il suono decisamente insolito (siamo nel ’70 ma la cosa vale ancora oggi), la complessità tecnica e strutturale dei brani in esso contenuti richiedono una certa predisposizione musicale ed una indubbia passione per il genere.
Non ne sono stati tratti singoli da hit parade (a parte forse Child In Time) eppure le vendite sono state ottime in quasi tutto il mondo. Il tour promozionale In Rock World Tour, durò più di un anno registrando ovunque il tutto esaurito segno che i Deep Purple si erano definitivamente trasformati da oscura band di pop psichedelico in Dei dell’Olimpo. Tendenza confermata dai successivi capolavori, Fireball e Machine Head, che spinsero il gruppo ancora più lontano, alle soglie dell’immortalità. Tuttavia In Rock resta un album fondamentale, uno dei più significativi della storia della musica in cui prende vita uno stile ed un suono completamente inedito ed innovativo, unitamente ad un modo di concepire il rock non solo come musica semplice ed immediata ma anche un come mezzo per dar sfogo a tutte le proprie competenze tecnico/compositive. Da li a poco sarebbe nato il progressive che, com’è noto, prevede lunghe suite strumentali ed una grande abilità con gli strumenti. Anche in questo caso il debito nei confronti di quest’album è incalcolabile. Il suo spirito e la sua magia sono riscontrabili in molta della musica prodotta nei decenni successivi a dimostrazione che il nome dei Deep Purple dopo In Rock è rimasto scolpito nell’immaginario collettivo proprio come i volti dei suoi autori nella celeberrima copertina.