Il referendum costituzionale per apportare delle modifiche alla Carta del Paese è qualcosa di voluto di recente dal presidente del Senegal, Macky Sall.
Egli si espresse, quando lo propose alla nazione, manifestando l'intento di favorire la democrazia nel Paese, dopo l'era Wade, e di dare anche buone opportunità d'inserimento nella vita politica attiva alle giovani generazioni.
Quando la cosa fu annunciata, in febbraio, il presidente parlò subito però di una riduzione del mandato presidenziale da 7 a 5 anni. E la proposta fu molto ben accolta dalla popolazione.
Successivamente, tuttavia, Macky Sall precisò che per il suo mandato presidenziale nulla sarebbe cambiato.
E cioè lui avrebbe lasciato la guida del Senegal nel 2019,essendo stato eletto contro Wade nel 2012. E ne attribuì la decisione, quella della sua permanenza, alla Corte Costituzionale, adducendo inghippi burocratici.
Questo ritorno indietro ha prodotto purtroppo un Paese spaccato in due fronti, rispettivamente cioè pro e contro il referendum.
C'è il fronte del "sì", il cui presidente è ovviamente Macky Sall e quello del "no", cui aderiscono molte organizzazioni, movimenti e partiti di opposizione.
Il referendum in sé è una cosa buona in quanto, al di là della durata del mandato presidenziale, che comunque non è poca cosa, promuove in senso democratico diritti e doveri dei cittadini con apposite revisioni di vecchie leggi.
Sono attribuiti, inoltre, maggiori poteri di controllo all'Assemblea nazionale e si prevede pure la creazione di un Alto Consiglio dei collettivi territoriali proprio allo scopo di favorire una maggiore partecipazione attiva dei cittadini alla vita dei loro rispettivi territori.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)